Tunisia, le donne in marcia per ricordare EyaLa ragazzina bruciata viva dal padre

Il 19 giugno per le strade di Tunisi donne e uomini sfileranno in silenzio per ricordare Eya, la ragazzina cui il padre ha dato fuoco in un raptus il 28 maggio scorso quando l’ha vista camminare con un suo compagno di classe al ritorno da scuola. Eya era una tredicenne come tutte le altre: amava la musica, internet e studiava con passione. Ha lottato tra la vita e la morte ma le ustioni erano così forti da non darle alcuna chance. Il padre sostiene di averlo fatto per difendere il suo onore. E questo fa ancora più impressione in un Paese come la Tunisia in cui la Costituzione garantisce la parità di genere.

La marcia di giovedì 19 giugno, che partirà significativamente da piazza dei Diritti umani per concludersi davanti al ministero della Donna, vuole proprio ribadire che non è concepibile compiere atti barbari e disumani contro una persona per motivi religiosi o d’onore. Il silenzio sarà un grido d’accusa contro quella che, secondo i manifestanti, è una mancanza di azione da parte della politica. “Basta violenz” lo slogan della manifestazione. Basta violenza contro le donne, le bambine. Stop agli abusi sessuali, alle disparità economiche, sociali e legali.

L’evento è stato lanciato su Facebook in una pagina dal titolo “Eya, Voice of the Victim”, “Eya la voce della vittima”.

Ad accrescere la rabbia per l’accaduto c’è anche il fatto che il sacrificio di Eya non ha avuto come teatro una sperduta località degradata e povera del Paese, ma Cite’ Ibn Khaldoun, di fatto dentro la Grande Tunisi, zona dove però alcune interpretazioni restrittive del Corano, soprattutto in materia di diritti e libertà delle donne, trovano ampia considerazione.