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Di.Re e il Centro Lilith, una battaglia silenziosa al fianco delle donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

 

L’associazione nazionale Di.Re, Donne in Rete contro la violenza, ha ottenuto lo status consultivo nel Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) e sarà iscritta all’anagrafe delle organizzazioni non governative dell’Onu. Il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite ha tra i suoi vari scopi quello di aiutare gli Stati a raggiungere accordi per promuove il rispetto e l’osservanza dei diritti umani universali e la difesa dei diritti delle donne. Di.Re è una  onlus nata con lo scopo di diffondere maggiore consapevolezza, all’interno della società, delle preoccupanti dimensioni e della gravità del problema della violenza contro le donne, ponendosi anche come interlocutrice delle istituzioni nazionali ed internazionali. Ad oggi Di.Re raccoglie dentro un unico progetto politico 67 centri antiviolenza e case rifugio operanti sul territorio nazionale e si adopera per favorire l’apertura di una capillare rete di centri nuovi. Socia fondatrice dell’associazione, dal 2008, è il Centro Donna Lilith, centro anti violenza di Latina che opera sul territorio comunale e provinciale dal 1986. Obiettivo di Donna Lilith è quello di offrire un punto di riferimento a tutte le vittime che decidono di uscire da situazioni di violenza, intra ed extra domestica.A tal fine, il centro ha attivo dal 2008 un servizio di reperibilità h24 collegato al numero verde nazionale 1522 che permette alla donne di mettersi in contatto con lo stesso in qualsiasi momento, affinchè le operatrici possano intervenire in maniera tempestiva laddove è in serio pericolo l’incolumità della donna e dei suoi figli. Nei casi più gravi l’associazione ospita le donne che vi si rivolgono insieme ai loro bambini, all’interno di una struttura  protetta e ad indirizzo segreto.

I DUE ALLOGGI SUL TERRITORIO Da luglio 2013 il centro gestisce anche due nuovi alloggi, messi a disposizione grazie a un finanziamento del Ministero delle Pari Opportunità. Grazie a queste “case di prosecuzione”, che incrementano la disponibilità di posti all’interno della casa rifugio,  le donne che hanno già superato la condizione di emergenza nella struttura Emily, potranno affrontare un percorso di reinserimento nella società e prepararsi al ritorno a una vita normale, grazie anche al supporto psicologico delle operatrici specializzate, che guidano le vittime verso una presa di coscienza dell’accaduto e la riconquista della propria autostima. Anche i bambini trovano supporto nel superamento della violenza assistita presso il centro. Da marzo 2008 Donna Lilith collabora infatti con la Fondazione Pangea onlus , che ha finanziato il progetto “Piccoli ospiti” rivolto appunto ai figli e alle madri per il sostegno alla genitorialità. A quasi un mese dall’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul,  che l’Italia ha ratificato da oltre un anno, il centro donna Lilith insieme al Di.re fanno appello alle amministrazioni locali, chiedendo che essa venga pienamente applicata, e che le attività e le strutture dei centri vengano supportate da adeguati finanziamenti. Sono molti i centri a rischio chiusura in Italia per la mancanza di fondi, soprattutto al sud. Lo stesso centro Lilith manda avanti la sua casa rifugio “Emily” con difficoltà e ancora molto deve essere fatto affinchè si possa garantire un valido aiuto a tutte le vittime che vi si rivolgono.

LA LEGGE SUL FEMMINICIDIO Tra circa un mese diventerà effettivo lo stanziamento di 17 milioni di euro previsto dalla legge 119/2013 (la cosiddetta "legge contro il femminicidio") per il biennio 2013-2014. Ma il 67% di questi fondi, destinati alla prevenzione e alla lotto contro la violenza sulle donne,  sarà gestito dalle Regioni e solo il 33% andrà ai centri antiviolenza e case rifugio che riceveranno circa seimila euro ciascuno per il biennio. “Una cifra irrisoria e del tutto insufficiente a coprire le necessità effettive dei centri, a incrementarne la possibilità di intervento o incentivarne la progettualità. L'esiguità degli stanziamenti non è l'unico problema. Desta indignazione l’assenza di un criterio coerente e ponderato di ripartizione dei fondi e il mancato riconoscimento del lavoro dei centri antiviolenza. La maggior parte dei fondi andrebbe, infatti, alle Regioni, che avrebbero il compito di finanziare generici progetti "contro la violenza". Il rischio è quello di disperdere risorse e distribuire i fondi a soggetti poco competenti, anziché destinarli a quelle associazioni che lavorano da tempo e efficacemente sui territori. Il lavoro di contrasto e prevenzione della violenza maschile contro le donne non si improvvisa: si basa su competenze specifiche, strategie e metodologie di intervento condivise e frutto di anni di esperienza, ricerca e confronto. Un approccio focalizzato sulla donna e sul suo diritto alla autodeterminazione. Aspettiamo dunque una risposta concreta da parte delle amministrazioni e contiamo sulla capacità di verifica e controllo dei media locali in questa epocale battaglia culturale. Abbiamo la granitica convinzione che le vere vittorie possono considerarsi tali solo se e quando s’iscrivono nel DNA culturale della società”. Una risposta urgente e necessaria, affinchè passo dopo passo, si possa davvero arrivare a considerare la violenza contro le donne un vergognoso crimine appartenente solamente al passato.

 

 

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