Pistorius non è un assassino: il giudice esclude la premeditazione
Nel processo per l'omicidio di Reeva Steenkamp, l'ex atleta sudafricano è colpevole di "negligenza" e di un "uso eccessivo della forza". Per lui si profila la condanna per omicidio colposo. Venerdì il verdetto
Colpevole di "negligenza"Secondo le motivazioni lette in aula, Pistorius è comunque colpevole di "negligenza" e di un "uso eccessivo della forza" e per lui si profila come probabile un verdetto che riassume in sé l'omicidio colposo e l'eccesso di difesa. Una decisione, quella dei giudici che ha sollevato molte proteste da parte dei movimenti per i diritti delle donne. Il verdetto definitivo verrà però reso noto solo alle nove e mezza di venerdì.
Le accuse di omicidioSi profila così uno smacco per l'accusa, che per tutto il dibattimento ha aggressivamente tentato di demolire la linea difensiva di Pistorius, riuscendo a far cadere in contraddizione più volte l'imputato, che in aula in sei mesi di udienze si è lasciato andare a ogni manifestazione d'emotività, dal pianto a dirotto fino al vomito (tanto che oggi accanto all'imputato è stato piazzato un secchio verde). Contraddizioni che hanno messo a nudo la fragilità della versione difensiva, basata sul "tragico errore" di chi ha sparato in modo irrazionale ma in buona fede per difendere se stesso e la sua donna da un intruso senza volto nel cuore della notte.
Il giudice: "Pistorius colpevole di negligenza"Malgrado la debolezza della deposizione di Pistorius, ha osservato la giudice, "la procura non ha dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che l'accusato sia colpevole di omicidio con premeditazione". Sono state scartate come inattendibili le deposizioni dei teste dell'accusa, come i vicini che sentirono le urla e poi gli spari. Il giudice non ha poi preso in considerazione lo stato della relazione fra Reeva e Oscar per trarne possibili moventi, ma si è limitata a valutare gli elementi che hanno giocato negli istanti del dramma. La giudice ha quindi ammesso che Pistorius poteva avere ragione nel sentirsi minacciato, pensando che nel bagno ci fosse un rapinatore e non Reeva. Avrebbe potuto chiamare la sicurezza, o urlare dal balcone, ma non l'ha fatto. Ha inoltre sparato verso un bagno molto piccolo, quindi doveva essere consapevole che quei proiettili avrebbero potuto uccidere. Ecco perché avrebbe, secondo il giudice, "agito frettolosamente e usato una forza eccessiva", una "condotta negligente".