La Francia puritana che processa Strauss-Kahn
Non occorre scomodare la storia per ricordare che la Francia sia la patria delle rivoluzioni. Ma quella che si prospetta ora, senza ghigliottine e senza assalti alla Bastiglia, più che un moto popolare sembra una deriva puritana. Stiamo parlando del processo appena cominciato contro Dominique Strauss-Kahn, l'ex numero uno del Fondo monetario internazionale finito alla sbarra con l'accusa di sfruttamento della prostituzione. Strauss-Kahn, come molti ricorderanno, era già salito alla ribalta quando, nel maggio 2011, fu arrestato a New York dopo la denuncia per violenza sessuale di una cameriera del Sofitel. La vicenda lo costrinse a dare le dimissioni dal Fmi e a rinunciare pure alla corsa all'Eliseo, proprio nel momento in cui era considerato uno dei candidati più prestigiosi del Partito socialista francese. Meno di quattro mesi dopo, la procura americana archiviò le accuse: gli investigatori avevano riscontrato, infatti, pesanti incongruenze nel racconto della sua accusatrice, la quale aveva mentito deliberatamente davanti al Gran Giurì. Strauss-Kahn ne uscì pulito, ma non la sua immagine perché divenne noto al mondo per i suoi appetiti sessuali. Appetiti che non è mai riuscito a saziare e che lo hanno riportato nuovamente in un'aula di giustizia. Oggi rischia fino a 10 anni di carcere per essere il presunto organizzatore e beneficiario di serate libertine o, più volgarmente, di orge a pagamento. Le sue avventure sessuali e le sue disavventure politiche però ci interessano poco. Quello che salta agli occhi, in questo processo, è una sorta di rinnovata volontà nel punire chi consuma sesso mercenario. Ognuno avrà la propria opinione sul mestiere più antico del mondo, ma resta il fatto che nei rapporti sessuali tra adulti consenzienti lo Stato non dovrebbe mettere bocca. Certo, se vi sono reati, come abusi o il coinvolgimento di minorenni, questi vanno perseguiti, ma che la Francia, patria di Guy de Maupassant e di Gustave Flaubert, pensi di processare la morale ci sembra perlomeno bizzarro.Eppure, questa deriva «puritana» non è una novità. Solo pochi mesi fa, era stata bocciata in extremis dall'Assemblea nazionale una proposta di legge per punire i clienti delle prostitute con multe salatissime (fino a 1.500 euro). Promotrice della nuova legge era stata la ministra per i Diritti delle donne (oggi ministra dell'Educazione) Najat Vallaud-Belkacem, che nella sua crociata per abolire una «schiavitù arcaica» si era scordata che in Francia la prostituzione è legale, quindi era un controsenso punire il «consumo» di ciò che illegale non è. «Credo che la definizione di sfruttamento della prostituzione si stia allargando a dismisura, fino a punire i semplici clienti - ha dichiarato a Repubblica Elisabeth Levy, direttrice di Causeur e protagonista lo scorso anno nell'opposizione alla legge sopracitata -. L'idea stessa di vita privata è minacciata da un'inquisizione femminista permanente». Come darle torto. La Francia ha oggi problemi più urgenti da affrontare invece di andare a curiosare sotto le lenzuola dei cittadini. La sua lunga tradizione laica dovrebbe impedirle questi atteggiamenti da «polizia della morale», più consoni a quelli di un regime islamico. Anche perché non sono certo i clienti delle prostitute a creare allarme per la sicurezza: se mai ci fosse oggi qualche norma da inasprire, dovrebbe riguardare il terrorismo jihadista, che continua a mietere vittime sul suolo europeo, trovandoci ogni volta impreparati. Com'è accaduto proprio a Parigi.