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Aicha Dabale: una vita in difesa delle donne africane

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

IL VIDEO(traduzione di Maria Elena Buslacchi)

Aicha Dabale, vicepresidente dell'associazione Karera - Femmes de la Corne d’Afrique, ha detto di essere «contenta di essere a Genova per presentare il film Fatuma e Assya. Due ragazze Afar in Etiopia, che parla degli Afar, una popolazione africana spesso dimenticata, e soprattutto per raccontare la condizione delle donne Afar, che sono ancora più sconosciute rispetto alla popolazione stessa. Il film narra la storia di due ragazzine, protagoniste del video».Continua Aicha: «Sono molte le regole a cui le donne sono sottoposte e che impongono loro di vivere, ad esempio, attraverso delle giornate di corvée, invece di andare a scuola e condurre una vita serena. Questo film è un modo per denunciare e allo stesso tempo far conoscere quel mondo, e le sue contraddizioni. L'attività dell'associazione Karera– Donne del Corno d’Africa si occupa proprio di questo: riportare un po' di consapevolezza su ciò che accade alle donne Afar».

Mercoledì 4 febbraio a Genova, nella Sala del Minor consiglio di Palazzo Ducale, Aicha Dabale, militante per i diritti delle donne e vicepresidente dell'associazione Karera - Femmes de la Corne d’Afrique ha presentato il film-documentario Fatuma e Assya.Due ragazze Afar in Etiopia, di Francesco Sincich.

Originaria di Gibuti, Aïcha è rifugiata in Francia dal 1997. La sua militanza risale al 1974 quando, a 17 anni, crea un comitato di ragazze contro le mutilazioni sessuali nel suo liceo, un vero tabù a Gibuti, un paese dove all’epoca oltre il 90% delle ragazzine era infibulato.

Due anni più tardi viene costretta a sposare un senatore francese sessantenne, ma nel 1981 sfrutta un viaggio in Francia per non tornare più a Gibuti. Vi torna per il funerale del fratello, le viene confiscato il passaporto, ma alla fine riesce a divorziare. Nel 1985 (sono gli anni della grande fame in Etiopia) si trasferisce lì e collabora con un’organizzazione di aiuti franco-monegasca. Nel frattempo ha creato un Comitato delle Donne Gibutine Contro la Violenza e l’Impunità per denunciare centinaia di stupri commessi dall’esercito di Gibuti su ragazze Afar e riesce a portare la denuncia alla Federazione Internazionale delle Donne.

E così nel 1997, su richiesta del governo di Gibuti e in violazione del diritto internazionale, viene arrestata dalla polizia etiopica e estradata a Gibuti. La accusano di essere complice dell’attività dell’opposizione Afar nel suo paese e viene messa in carcere insieme al suo nuovo marito e altre persone. Aïcha è incinta. Una forte pressione internazionale, cui aderisce Amnesty International, costringe il governo a liberarla dopo sei mesi di detenzione. A Parigi, dove ottiene lo status di rifugiata, lotta per la liberazione degli altri detenuti, che usciranno due anni dopo.

Riprende intanto la sua attività di denuncia degli stupri. Dopo quattro anni di tentativi riesce a far arrivare in Francia una delle vittime e con lei porta la denuncia alle Nazioni Unite, alla 20esima sessione del Consiglio per i Diritti dell’Uomo di Ginevra. Continua anche la sua lotta contro l’infibulazione e quella contro i matrimoni precoci attraverso l’associazione Karera – Donne del Corno d’Africa da lei creata e il sostegno di Femmes Solidaires, la nota associazione femminista francese.

Il film, girato in Regione Afar d’Etiopia nel marzo 2014 e realizzato grazie a un finanziamento collettivo su internet e al sostegno di Karera e della popolazione Afar, mostra la vita di due giovanissime ragazze che affrontano con determinazione grandi problemi.

Il documentario nasce dal desiderio di mostrare gli Afar nella loro vita di tutti i giorni, fatta di fatica e sacrifici, ma anche nei momenti felici, le confidenze tra ragazzi, danze e canti notturni. Le protagoniste sono due ragazzine che abitano in accampamenti lontani tra loro. Il film racconta la loro quotidianità, il matrimonio obbligato per Fatuma e la guerra sconosciuta con i vicini somali Issa, che stanno invadendo le terre Afar, costringendo a un allontanamento forzato la popolazione e il loro bestiame dai pascoli migliori.

Il film è stato prodotto da Francesco Sincich, antropologo, operatore umanitario dell'associazione culturale Ghazala e Medici Senza Frontiere e voluto dall'associazione Karera - Donne del Corno d'Africa, con l'appoggio locale di Apda - Afar Pastoralist Development Association e degli anziani Afar, che hanno reso possibili le riprese. Sincich, produttore e autore delle riprese, è stato accompagnato nella realizzazione in Etiopia solo dalla traduttrice.

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