Dassù: Diritti donne, chiave nutrizione del pianeta
(di Francesca Morandi) ROMA – “Se le donne non avranno maggiore accesso ai diritti di proprietà della terra, all’educazione e al credito, non ci sarà alcuna possibilità di migliorare la situazione della nutrizione nel Pianeta”. Lo afferma Marta Dassù, 55 anni, presidente esecutivo di ‘WE-Women for Expo’, direttrice della rivista Aspenia ed ex vice ministro degli Esteri. “Sul piano globale le donne rappresentano il 43% della forza lavoro agricola, percentuali che crescono al 70% in alcune economie africane in via di sviluppo e che sono attorno al 50% in Asia. Il loro ruolo è fondamentale”, spiega Dassù, che, con altri esperti del Tavolo 17 a Expo, contribuirà all’elaborazione della ‘Carta di Milano’, un documento di intenti sulla sostenibilità alimentare condiviso dagli Stati presenti all’Esposizione Universale 2015, che sarà consegnato al segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon il prossimo 16 ottobre.
-Marta Dassù, quali sono gli obiettivi di “WE-Women for Expo”?
“Le donne non hanno solo un ruolo chiave nella nutrizione ma costituiscono ormai circa la metà della forza lavoro agricola nel mondo. Nei paesi africani le donne sono la larga maggioranza dei piccoli produttori agricoli, ma non hanno l’accesso di cui avrebbero bisogno ai finanziamenti, alla formazione, ai servizi e agli strumenti per coltivare la terra. E soprattutto non hanno gli stessi diritti di proprietà di cui godono gli uomini. In molti stati le donne sono escluse dal diritto di proprietà della terra e di successione, quindi in caso di morte del marito perdono anche la terra sulla quale avevano lavorato per anni e che costituisce la principale fonte di sostentamento della famiglia. Sapere, con certezza, che si manterrà la proprietà della terra che si sta lavorando, è un fattore fondamentale per incentivare gli investimenti e aumentare la produttività. Lo stesso vale per la safety, per la sicurezza degli alimenti di cui ci si nutre (raccolta, preparazione e conservazione): le donne hanno un ruolo primario su questo all’interno della famiglia. Non solo, l’esperienza di programmi come “Bolsa Familia” in Brasile dimostrano che i crediti dati alle donne vengono poi effettivamente utilizzati per la nutrizione dei figli – più di quanto non avvenga per gli uomini. Investire sulle donne, quindi, consente maggiori progressi. Insomma: le donne sono un formidabile motore di crescita in campo agricolo e una leva essenziale per combattere la malnutrizione; ma vanno rimossi gli ostacoli – sociali, economici e culturali – che ancora impediscono di cogliere queste potenzialità”.
– Secondo dati della FAO la fame è in diminuzione a livello globale ma in Africa il problema resta particolarmente presente con 1 persona su 5 denutrita. In una situazione così disperata, come è possibile far diventare le donne imprenditrici agricole in questo continente?
“Il caso del Ruanda, su cui svolgeremo un evento durante le settimane di “WE-Women for Expo” a Milano, è particolarmente significativo del ruolo-chiave ormai svolto dalle donne. Tutti i dati indicano che per avere ulteriori risultati nella lotta contro la denutrizione o la fame, dovremmo dare più strumenti decisionali alle donne, aumentarne diritti e capacità. Questa è infatti la premessa del documento che abbiamo preparato per Milano: l’alleanza delle donne contro le spreco e le perdite alimentari. Esistono degli strumenti – come il “Women’s Empowerment in Agriculture Index – che servono a misurare meglio i progressi e a monitorarli. A Milano “WE-Women for Expo” propone che venga assunto – dai cittadini, dai governi, dalle associazioni della società civile – una sorta di impegno collettivo congiunto: a favore dei diritti delle donne e del loro ruolo nella lotta contro gli sprechi alimentari. E’ un tema essenziale, come è noto, circa un terzo del cibo prodotto viene perso o sprecato per varie ragioni”.
– Quali altri strumenti possono essere efficaci?
“Oltre ai diritti sulla proprietà della terra, sono necessarie misure economiche a favore dell’imprenditorialità femminile. In tale contesto le cooperative, ad esempio, sono particolarmente importanti. Infine, non va dimenticato il ruolo delle conoscenze e della formazione: quanto più le donne avranno accesso all’istruzione, tanto più l’effetto sarà evidente e rilevante su una serie di dimensioni dello sviluppo umano. Proprio sul punto dell’educazione stiamo organizzando una serie di eventi a Milano (“Starting from girls”), incluso un evento congiunto fra i padiglioni di Afghanistan, Gran Bretagna e Italia”.
– Dall’origine del mondo le donne sono state “nutrici”, la capacità delle donne di nutrire i figli è sempre stata un’attività vitale per il mondo. Le donne, inoltre, hanno spesso avuto la funzione di razionalizzare, riutilizzare, non sprecare le risorse all’interno delle famiglie. Il consumismo ha cambiato queste capacità femminili in Occidente?
“Credo che molte cose stiano cambiando – come conseguenza della più grave crisi economica che il sistema internazionale abbia vissuto dagli anni ‘30 del secolo scorso in poi. Che esistano ‘limiti’ alle possibilità di un progresso ininterrotto è diventato abbastanza evidente. Si aggiunge il peso del ‘climate change’; e si sommano le proiezioni demografiche (9 miliardi di persone nel 2050). Risorse come il cibo o l’acqua sono entrate in una fase di relativa scarsità, cui contribuiscono anche le nuove abitudini alimentari di paesi come la Cina o l’India. Se siamo effettivamente in una fase di relativa scarsità, non solo le risorse agricole e idriche diventano parte della competizione geopolitica (basti guardare ai fenomeni di ‘land grabbing’ in Africa) ma la questione dello spreco torna ad acquistare tutta la sua rilevanza. Non a caso l’alleanza delle donne proposta a Milano ha questo tema al centro. Non dimenticherei, inoltre, l’importanza delle innovazioni tecnologiche; così come sta avvenendo per l’energia, la tecnologia avrà un peso essenziale nel futuro della sicurezza alimentare”.
– E’ ormai riconosciuto che la promozione dei diritti e del lavoro femminile sia un fattore di sviluppo delle società. Come favorire questi principi e diritti in culture, in Medio Oriente e in Africa, che non li attuano?
“E’ difficile proporre idee che valgano per tutti, considerando le diversità. Tuttavia è possibile individuare una caratteristica che sembra funzionare in tutti i contesti in cui si cerchi di avviare un processo di sviluppo: le donne devono essere prime protagoniste delle scelte che si prendono a livello di comunità, devono diventare esse stesse agenti del cambiamento e non beneficiarie passive di misure che spesso disconoscono le loro reali necessità. E’ questa traiettoria che bisognerà compiere ed è in questa direzione, del resto, che si sta muovendo il dibattito sui ‘Sustainable development goals’ delle Nazioni Unite. Come ha detto l’attivista e premio Nobel liberiana Leymah Gbowee, riferendosi appunto alle donne, ‘non è possibile lasciare delle impronte che durino nel tempo, se si è abituate a dover camminare in punta di piedi’. Ecco, è giunto il momento per le donne di fare sentire il loro passo”.
(FM, 27 aprile 2015)