La passione di Lilli Gruber per i diritti delle donne
Camilla Morandi - Corbis via Getty Images
Devo essere sincera: non mi sono mai piaciuti i libri di saggistica. E questo potrebbe risultare in contraddizione con il mio impegno politico, ormai archiviato nel passato. In realtà ho spesso trovato chiavi di lettura politica e sociale molto interessanti e più approfondite in molti classici della letteratura. Ma ultimamente ho sfidato la mia reticenza verso i saggi, acquistando l’ultimo libro di Lilli Gruber, attratta in parte dall’argomento, a me caro, sulla battaglia femminile contro il potere maschile, in parte dall’autrice che ho sempre apprezzato per la forza, per l’irriverenza nei confronti del potere in generale ma che è e resta ancora maschile, e perché no, anche per simpatia. Le stesse doti che riconosco alla direttrice di Huffington che gentilmente ospita il mio blog.
Quasi con stupore, ho avuto il piacere della lettura che scorre le pagine, una dietro l’altra, senza noia, anzi incalzata dalla curiosità. E forse anche perché mi sono riconosciuta in molte sue espressioni. Un libro che vuole riaccendere le luci sui diritti delle donne che ancora sono schiacciati dal potere maschile. Diritti la cui rivendicazione viene vissuta ancora in molti casi con senso di colpa, con la soggezione di chi ha paura di “rompere le scatole”.
Condivido a pieno il tono con cui la Gruber si appella alle donne: con senso di responsabilità, preparandosi, mostrando competenza e rifiutando sempre vie traverse per soddisfare le proprie ambizioni. Anche perché i ruoli ottenuti sottostando ai desideri maschili, così come arrivano, con uguale nonchalance vengono sottratti. Si, perché la battaglia per i nostri diritti la vinceremo solo se saremo noi per prime a imporre un cambiamento, a cominciare da noi stesse.
Una battaglia che va ripresa, senza farci condizionare da chi, a cominciare dai più importanti organi di informazione, la ritiene quasi superata, la ritiene un argomento noioso da vendere sostenendo “- Eh, ma ormai siete dappertutto- come se fossimo una specie di epidemia”. Dobbiamo dimostrare che questa non è la “solita lagna sui diritti”. Questa è una battaglia da riprendere e non mollare finché non la si vince. Riprenderla con forza, con irriverenza.
“Le streghe son tornate” il vecchio slogan femminista citato dalla Gruber e che piace anche a me, è attuale più che mai. Ho sempre avuto la certezza che se fossi nata un po’ di secoli fa, la Santa Inquisizione non mi avrebbe risparmiata. E oggi, all’età di quasi 53 anni, mi sento ancor più “strega” di prima. Lo dico quasi con un pizzico di orgoglio.
Quel che però ho percepito nel libro della Gruber, è la sua grande, vera passione per l’impegno civile che l’ha vista per un breve periodo anche in prima linea quando fu Parlamentare europea. Una passione per i diritti civili in generale, per una giustizia sociale a 360 gradi. Una passione che le fa onore. E si percepisce il suo istinto di volerla mettere a frutto accanto alla sua esperienza. E io penso che l’impegno di donne di valore sia fondamentale per dare coraggio alle altre donne che si trovano in condizioni più fragili, per dire Basta! e ricostruire la loro, la nostra identità sociale.