Diritti umani, sull'Italia una "nuvola d'odio" ma qualcosa sta cambiando
Dal punto di vista dei diritti umani in Italia, quello che sta per concludersi è stato anno di luci e ombre. Da una parte i discorsi d'odio sempre più frequenti – alimentati dai social ma propagandati anche da pezzi delle istituzioni – le discriminazioni, le violazioni quotidiane, e dall'altra una reazione a quegli stessi discorsi d'odio, che passa proprio attraverso le istituzioni stesse ma anche l'impegno civile soprattutto delle nuove generazioni, sentenze importanti, che segna un cambio di passo rispetto al passato.
"Quest'anno ancora più di prima è stata organizzata dalle istituzioni una narrazione ufficiale molto divisiva, con tratti di xenofobia e amplificata anche dall'uso dei social da parte degli stessi esponenti politici, ma c'è stato anche da parte delle stesse istituzioni una sorta di risveglio, una presa di posizione contro il linguaggio d'odio", dice a Today il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury, mentre in tutto il mondo si celebra la Giornata internazionale per i diritti umani e a Milano i sindaci si danno appuntamento in piazza proprio oggi per una manifestazione contro l'odio e in solidarietà a Liliana Segre.
Sull'Italia una "nuvola d'odio"
"L'odio online è una formula che riassume tutto, ma evidente che ciò che accade sul web ha riverberi nella vita reale e anche nel linguaggio parlato c'è ormai una voglia di andare oltre i limiti, di esercitare questo in maniera anche palese", dice Noury, che sottolinea come la "novità" di questo 2019 sia soprattutto "l'odio misogino". "Il nemico da stigmatizzare non è più solo il migrante. Ci sono italiani che considerano altri italiani loro nemici, per ragioni di appartenenza politica, identità di genere o orientamento sessuale".
L'associazione ha lanciato recentemente un nuovo monitoraggio proprio sui discorsi d'odio contro le donne: secondo i dati emersi dal secondo'Barometro dell'odio'di Amnesty presentato lo scorso luglio, il tema dei diritti delle donne scatena discorsi d'odio nel 4,2% dei casi, immediatamente dopo i temi relativi a immigrazione e minoranze religiose. "Di donne si parla poco ma quando se ne parla lo si fa con punte di odio profonde. È come se fosse tornata di moda il vecchio luogo comune per cui le donne devono stare al loro posto – spiega Noury - Se la cantante Emma non si limita a cantare ma tra un brano e l'altro dice quello che pensa, questo non va bene. Se un'allenatrice di calcio femminile, oltre ad allenare le sue giocatrici, fa una riflessione su quanto sia difficile accettare la presenza di calciatori o calciatrici omosessuali o lesbiche, esce fuori dal suo ruolo. Se c'è una giornalista che sale su una nave per fare un'inchiesta sull'operazione di ricerca e soccorso delle ong, è una pagata da Soros. Questo è lo stato dell'arte".
Il risveglio passa anche per l'attivismo giovanile e l'attenzione delle istituzioni
Intorno a questa "nuvola d'odio", come la chiama Noury, "c'è molto sole". Infatti "si reagisce, ci si ribella, ci si indigna, si protesta, si contrasta" e si registrano "belle reazioni" anche sul piano dell'attivismo giovanile e l'attenzione delle istituzioni per Amnesty è un segnale importante. "Per noi la commissione Segre sull'odio è un atto giusto. Anche perché ci aiuta a far capire o a tornare a far capire che la libertà di espressione, che è una sorta di mantra sotto il quale si cerca di giustificare ogni forma di odio, ha dei limiti ben precisi. Quando è odio è odio. Punto. Non è più libertà di espressione, quindi è bene affrontarlo per quello che è", ribadisce Noury, che ricorda poi "l'importanza del lavoro sui diritti umani da parte delle amministrazioni locali, sul piano della cultura, dei diritti, degli spazi messi a disposizione, della progettualità". Ecco allora la manifestazione a Milano ma anche altre iniziative. Solo ieri infatti Torino è diventata la prima città rifugio per difensori dei diritti umani che sono a rischio all'estero, ricorda il portavoce di Amnesty, e altri progetti simili in altre città da Nord a Sud potrebbero presto partire.
Tra le violazioni dei diritti umani più profonde c'è anche la povertà. "Se ne parla solo quando escono dati con delle percentuali e dei numeri che sono spaventosi e indegni di un paese come l'Italia. È la conferma che i diritti o sono per tutti o non sono, perché quando si discute ad esempio di accesso all'alloggio oppure di come cercare i mezzi per sopravvivere, questa condizione equipara tutti: italiani e non italiani", dice Noury. "Occorrono quindi politiche economiche di forte sviluppo e di protezione sociale, che recuperino all'interno le persone che la povertà porta fuori dalla società e questo significa ovviamente destinare somme al contrasto della povertà, investire in progetti e programmi che la riducano sensibilmente. Tutte le misure che possono servire ad allontanare la povertà, distraendo soldi da altre cose come le grosse spese militare, ad esempio, sono le benvenute per noi".
Il caso Cucchi: "Stefano è stato tolto dal banco degli imputati"
Per quanto riguarda le sentenze circa le violazioni dei diritti umani in Italia, quella sull'omicidio di Stefano Cucchi è "fondamentale" e ci dice due cose, chiarisce Noury. "La prima è che si tratta dell'ennesima vicenda in cui senza il coraggio e il mettersi in gioco dei parenti, anzi soprattutto delle parenti, e dei loro avvocati, forse verità e giustizia non sarebbero state provate. Ci dice anche a un certo punto l'aria è cambiata perché a volte il tempo non rafforza l'impunità, ma fa tentennare persone che hanno taciuto. È come se improvvisamente pezzi dello Stato, in maniera sempre più ampia, si fossero ricordati che il loro ruolo fosse di quello contribuire all'accertamento della verità e della giustizia. Stefano è stato tolto dal banco degli imputati, dove era rimasto per tanti anni, e lì al posto suo ci sono salite persone che ora sono state condannate. Resta da capire come mai per otto anni il muro dell'impunità abbia retto così bene e questo è un interrogativo che il processo successivo mi auguro possa chiarire".
Verità e giustizia anche per Giulio Regeni
La forza di Ilaria Cucchi e della sua famiglia, dunque, ma anche i genitori di Giulio Regeni, che non hanno mai smesso di cercare giustizia e verità per il figlio. Pochi giorni fa è stata istituita una commissione parlamentare d'inchiesta per far luce sulla morte del giovane ricercatore italiano torturato e ucciso in Egitto quasi tre anni fa. Anche in questo caso ci sono luci e ombre. "L'istituzione della commissione su Regeni non è necessariamente la prova che l'Italia vuole cercare la verità. È la conferma che all'interno delle istituzioni ci sono stati diversi parlamentari che, sia in questa sia nella passata legislatura, hanno cercato di sensibilizzare il Parlamento e i governi per arrivare a incalzare quello egiziano", dice Noury, che però sottolinea: "Passi avanti, dal punto di vista dell'individuazione dei responsabili, non ne vedo e ho dei dubbi che questa commissione possa arrivare a conclusioni più approfondite di quelle a cui è arrivata la Procura di Roma. Non di meno, è un segnale di attenzione che abbiamo colto".
Immigrazione, toni più morbidi ma nessuna discontinuità
Non si può parlare di "discontinuità" per quanto riguarda le politiche sull'immigrazione, secondo Amnesty. "I decreti sicurezza, per il momento, ci sono ancora. Il memorandum Italia-Libia è stato rinnovato, anche se una commissione sta studiando possibili modifiche", dichiara Noury. "Questa prassi di decidere nave per nave, quando c'è un'imbarcazione delle ong in alto mare con a bordo persone salvate, va ancora avanti. I toni sono meno bellicosi ma di fatto le attese in mare si prolungano e questo vuol dire che non c'è ancora un sistema funzionante, che scatti in automatico e garantisca un approdo rapido per le ong italiane che fanno ricerca e soccorso in mare. Dovendo valutare i singoli atti e le prassi, discontinuità non ne vedo. Poi si possono fare le stesse cose con toni più morbidi. Ma c'è chi dà importanza ai toni e chi ai fatti".