negli Stati Uniti il controllo dell'imene è legale
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Perdere la verginità è già di per sé un'espressione connotata negativamente. Non possedere più una cosa "preziosa" che di fatto causa una perdita di valore e interesse tout court. Tutta la terminologia dedicata alla sessualità, soprattutto quella femminile, è impregnata di diktat socioculturali difficili da sdoganare, ma per cui è cosa buona e giusta iniziare ad alzare la voce e a provare a cambiare le carte in tavola. Tra le pratiche ancora molto diffuse ma che vanno a minare tutte le battaglie per la parità di genere e l'empowering rosa, i test di verginità a cui vengono sottoposte le giovani ragazze, spesso a loro insaputa, durante una visita ginecologica al fine di controllare se abbiano o meno già avuto rapporti sessuali. Un controllo dell'imene che negli Stati Uniti è considerato legale nonostante l'anno scorso l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani e l’Organizzazione mondiale della sanità, abbia sentenziato che i virginity test non solo non abbiano alcuna base scientifica, ma siano anche una violazione dei diritti umani che rinvigorisce "le norme socioculturali che perpetuano la disuguaglianza delle donne, comprese le visioni stereotipate della moralità e della sessualità femminile, e serve a esercitare il controllo su donne e ragazze".
Il primo a parlarne pubblicamente è stato il rapper TI, 39 anni, che durante un’intervista al podcast Ladies Like Us ha confessato la sua abitudine di portare ogni anno la figlia Deyjah Harris, 18, dal ginecologo per verificare "lo stato del suo imene" e accertarsi che sia ancora vergine, scatenando il caos. Le sue dichiarazioni hanno alzato un polverone mediatico e portato a una serie di proteste in tutto il Paese e oltre. Perché come TI sono tantissimi i genitori e i compagni che richiedono i test di verginità per le proprie figlie o partner, imponendo di fatto il controllo sul corpo e la sessualità di un altro individuo e ignorando i principi di body autonomy e diritto alla scelta. Come si legge su The Guardian gli hymen checks "richiesti in modo confidenziale da un genitore a un medico", negli Stati Uniti sono all'ordine del giorno, e proprio per la loro natura privata difficili da quantificare. Secondo uno studio riportato dal quotidiano inglese, nel 2017 in USA su 288 ostetrici e ginecologi intervistati, 45 (16%) hanno ammesso di aver ricevuto almeno una volta la richiesta di eseguire un test di verginità, e 13 di loro hanno confessato di aver acconsentito all'esame.
Una pratica quella dei virginity test che, oltre ad essere misogina e discriminatoria è fortemente inesatta perché ormai è stato sdoganato decenni fa che l'imene può rimanere intatto anche dopo i rapporti sessuali oppure può lacerarsi anche per altri motivi non legati al sesso. Come hanno raccontato le autrici de Il libro della vagina Nina Brochmann e Ellen Støkken Dahl nella Ted Talk The Virginity Fraud, un’osservazione dell’imene condotta su 36 donne in gravidanza in Norvegia ha rilevato un imene intatto in ben 34 di future mamme. Eppure l'attaccamento all'imene come prova di purezza (e valore?) è ancora fortissimo, tanto che sono tante (troppe) le donne che decidono di ricorrere a un intervento chirurgico per "ripristinare" la membrana o che ordinano dei kit di "falsi imene" ogni anno (migliaia dei quali solo negli Stati Uniti), piccoli anelli da inserire nella vagina prima del rapporto sessuale che dopo la prenotazione si "rompono" perdendo del finto sangue.
Al momento, negli Stati Uniti non è considerata una negligenza medica eseguire un esame dell'imene, anzi è completamente legale. Ma Michaelle Solages, membro dell'Assemblea dello Stato di New York spera di cambiare la legge, vietando il test e annoverandolo come "attacco sessuale". "Questo è un atto legislativo importante perché come società moderna, non possiamo sopportare questo abuso. Ed è quello che è, un abuso ", afferma Solages in un'intervista telefonica con la giornalista del Telegraph. Perché i test di verginità per gli uomini non esistono nemmeno, il mito della "purezza" persiste ma solo per la donna, e tutto questo è inaccettabile. La colpevolizzazione per una vita sessuale attiva o in età precoce per una donna va messa al bando, proprio come l'umiliazione di essere giudicata per una scelta esclusivamente personale. La libertà di avere il controllo sul proprio corpo non può e non deve mai essere in discussione.