Donne e politica, ai vertici solo in teoria. Mancinelli: «Andiamo a prenderci il ruolo che ci spetta» - CentroPagina
ANCONA – «Marta Cartabia prima donna eletta nella Consulta». È solo uno dei numerosi titoli che campeggiano da ieri sulla stampa nazionale e che denotano l’eccezionalità dell’evento, ovvero della nomina di una donna ai vertici di cariche istituzionali tradizionalmente ad appannaggio prettamente maschile.
Prima di lei aveva fatto scalpore nei giorni scorsi la nomina di Sanna Marin a premier finlandese, questa volta però a suscitare sorpresa non è stato solo il fatto che si tratti di una donna, ma la sua giovane età, 34 anni, che la rendono la leader più giovane al mondo.
Mentre in altre nazioni le donne al vertice sono una normalità, in Italia ancora ci stupiamo. Guardando oltre il nostro naso e alla stessa Finlandia, la Marin è alla guida di una coalizione di centrosinistra capitanata da 5 donne.
Ma qual’è la geografia mondiale della parità? E da che parte pende la bilancia? Secondo uno studio della Banca Mondiale pubblicato a febbraio, soltanto in sei paesi al mondo uomini e donne hanno gli stessi diritti, e sono Belgio, Danimarca, Francia, Lettonia, Lussemburgo e Svezia. Dallo studio emerge anche che a livello mondiale le donne possono contare solo sui tre quarti dei diritti degli uomini.Un quadro emblematico, nel quale il nostro paese sconta un gap rispetto ad altri stati europei, più paritari, mentre l’Italia resta ancora troppo ancorata al “maschile”. Non basta volgere i nomi al femminile e dire sindaca o avvocata per restituire parità, al nostro paese manca lo scatto giusto per fare la differenza e sdoganarsi finalmente verso l’emancipazione del ruolo femminile.Valeria Mancinelli, ospite della trasmissione “Porta a Porta”La politica è uno degli esempi di questo imbarazzante ritardo tutto italiano. A sottolinearlo è stata anche Valeria Mancinelli, sindaco di Ancona che in una intervista rilasciata a Repubblica ha dato la sveglia al Pd e a Zingaretti per coinvolgere le donne ai vertici. «Un ruolo che ci spetta e che dobbiamo andare a prenderci», ha dichiarato. Ma la Mancinelli senza peli sulla lingua e forte del riconoscimento di miglior sindaca del mondo ha spiegato su Repubblica che se non avesse promosso e vinto le primarie «il partito non mi avrebbe mai scelta».Le Marche, in tal senso, non fanno altro che rispecchiare il quadro italiano, più o meno comune anche negli altri paesi. «Degli spazi ci sono e si possono conquistare – dichiara Elena Leonardi, consigliera regionale di Fratelli d’Italia – anche se nella politica così come in altri ambiti c’è una predominanza degli uomini negli incarichi apicali, le donne vanno aiutate e riconosciute nelle loro capacità, pari se non a volte addirittura superiori a quelle dei colleghi maschi». Secondo la Leonardi è ora scossa di rimuovere tutti quegli ostacoli che si frappongono ad una reale parità e che spesso mettono la donna difronte alla scelta fra famiglia e carriera politica, o fra famiglia e carriera lavorativa, per la difficoltà di conciliare l’essere madre con l’essere una donna realizzata. Insomma una scelta quasi obbligata che alla soglia del 2020 è paradossale.«È una operazione di civiltà e allo stesso tempo culturale – spiega – nonostante io possa portare ad esempio l’esperienza positiva del mio partito alla cui guida c’è una donna, Giorgia Meloni, e il mio percorso politico che mi vede in consiglio regionale, non possiamo negare che la politica, come anche altri settori, risenta di un retaggio culturale che non sempre ci mette alla pari con gli uomini. Più che alle quote rosa bisogna lavorare per creare servizi che consentano alle donne di potersi realizzare sia in famiglia, che sul lavoro e in politica. Interventi che poi vanno a vantaggio di tutta la società. Ma in ogni caso, la donna ce la può fare».Romina Pergolesi, consigliera regionale Cinque StelleLeonessa nell’Aula consiliare anche la consigliera Romina Pergolesi, in alcuni casi più per necessità che per scelta.«Il Movimento 5 Stelle è stato precursore anche della doppia preferenza di genere, prima che divenisse legge. A Jesi – ricorda – avevamo già una equa distribuzione degli incarichi in Comune, a metà fra donne e uomini. A livello istituzionale si fatica molto – spiega -, in Aula in alcuni contesti bisogna alzare un po’ la voce per far si che alcuni uomini prendano in considerazione le nostre istanze. Ma siamo coraggiose e forti per natura». La Pergolesi però ci tiene a precisare che la parità va garantita ad entrambi i sessi, quindi bene «da una parte coraggio e forza, ma dall’altra non bisogna esagerare nell’aggressività, perché non è né costruttivo e né responsabile».Marzia MalaigiaSulle quote rosa ha le idee ben chiare la consigliera regionale della Lega, Marzia Malaigia: «Non c’è quota rosa che tenga, se una donna vale prima o poi arriva». «Mi sono trovata eletta con mia sorpresa senza aver fatto una campagna elettorale a tappeto, la gente mi ha scelta non in quanto donna, ma perché evidentemente ha visto in me chi poteva rispondere alle loro richieste». Ma una lancia in favore delle donne la spezza anche lei: «A mio avviso le donne sanno lavorare tenendo ben fisso davanti agli occhi il loro obiettivo e sono in grado di mediare, lo fanno abitualmente in famiglia e nella professione. Le donne che oggi sono arrivate ai vertici si sono guadagnate il loro spazio per meriti». Il 28 dicembre la Malaigia riceverà il “Premio Adriatico-Un mare che unisce” quale politico marchigiano «vicino alla gente» come si legge nella motivazione.Ma una domanda sorge spontanea: Non è che la competizione fra donne può sfavorire le stesse, facendo “il gioco” degli uomini? «La donna difficilmente tende a fare gruppo – spiega la psicoterapeuta familiare Alessia Tombesi – è più predisposta all’ambizione e fa fatica a cedere i passo. Per la mia esperienza professionale posso dire di aver visto in più circostanze che negli ambienti di lavoro dove ci sono solo donne c’è spesso una forte rivalità. Anche un fenomeno come il bullismo che prima era quasi riservato ai maschi ora sta diventando sempre più al femminile, con ragazzine che si coalizzano verso la più debole».Insomma a volte le donne sono poco solidali fra loro e “si fanno le scarpe le une con le altre”. Ma perché? «Perché essendo più acute e portate al ragionamento, sono capaci di fare mentalizzazioni che le portano in alcuni casi a vedere un secondo fine nelle situazioni, anche dove non c’è. L’uomo in questo senso è più semplice», conclude la psicoterapeuta. © RIPRODUZIONE RISERVATA