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Niloofar Rahmani, il prezzo di essere donne in Afghanistan e di lottare per i propri diritti

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Afghanistan’s first female pilot Niloofar Rahmani, 23, sits in a fixed-wing Afghan Air Force aviator aircraft in Kabul. AFP PHOTO / SHAH Marai (Photo credit should read SHAH MARAI/AFP via Getty Images)

Seduta fuori da un caffè sul lungomare di Tampa c’è un’icona femminista. Molti non sanno chi sia, turisti e giovanissimi non hanno idea di cosa rappresenti, ma Niloofar Rahmani è una delle donne afgane più conosciute al mondo.

Prima pilota militare in Afghanistan

Questo perché Rahmani, 28 anni, nel 2013 è diventata la prima pilota militare donna dell’aeronautica afghana. Le sue foto con gli occhiali da aviatore scuri e con una sciarpa che copre leggermente i suoi capelli neri, sono diventate virali in tutto il mondo, diventando il simbolo della forza e del coraggio delle donne afghane.

Nessun trionfo, nessun felicità

Per Rahmani, sarebbe dovuto essere un momento di trionfo. Pur essendo cresciuta in una società più che conservatrice, infatti, nei suoi sogni aveva sempre sperato di pilotare aereo. E adesso c’era riuscita. Ma, purtroppo nessun trionfo davanti al muro dei mille divieti imposti alle donne. 

Accuse  e minacce

Se, infatti, da un lato la fama le ha portato il plauso dei media occidentali, dall’altro ha fatto sì che, nel suo Paese, crescesse l’odio nei suoi confronti da parte delle frange più conservatrici e maschiliste.

Quando divenne pilota e quindi famosa, fu accusata di tutto e di più: dalla diserzione all’agire in modo improprio per una donna afgana. Lei e la sua famiglia ricevettero centinaia di minacce di morte.

Tanto da trasformare quel sogno in un incubo e tramutare la sua vita in Afghanistan in qualcosa di insopportabile.

La fuga dal Paese

La famiglia di Rahmani fu costretta a trasferirsi, lasciando la casa nella capitale, Kabul, in cui viveva da generazioni. Suo padre perse il lavoro, Rahmani si dovette coprire il viso con un niqab per uscire di casa.  E dopo anni vissuti a nascondersi, Rahmani fece quella cosa che mai avrebbe pensato di saper fare: fuggì.

Il prezzo di essere donna

La storia di Rahmani è la testimonianza del costo che ogni giorno devono pagare le donne in Afghanistan, solo per essere donne.  Rahmani voleva solo diventare una pilota. Ma come conseguenza se ne è dovuta andare dal suo Paese. Quando gli Stati Uniti invasero l’Afghanistan, espellendo i talebani dal 2001, dettero il via a un periodo di grandi speranze per le donne, capaci di riprendersi alcune delle loro libertà più elementari, come andare a scuola o unirsi al servizio civile. Ma quei passi avanti hanno avuto un prezzo pesante. E le (poche) donne leader nel paese, subiscono minacce di morte continue.

Ora è al sicuro, ma…

Rahmani, da quando gli Stati Uniti le hanno concesso asilo nel 2018, vive a Tampa, mentre sua sorella Afsoon è ancora in cerca di asilo. Rahmani ora è al sicuro, ma quella sensazione non la rallegra. Fa la traduttrice e non vola più, ma continua a sognare di farlo, questa volta magari per la US Air Force. Ma per farlo, dovrebbe prima diventare una cittadina americana e i tempi non sarebbero così rapidi. 

Anche i suoi genitori e la maggior parte dei suoi fratelli sono al sicuro, in Asia meridionale. Il loro sostengo nei confronti di Rahmani non ha mai vacillato, ma a causa della costante raffica di minacce e violenza, hanno ancora paura per le loro vite: «Non va mai via, ti rimane appiccicata addosso» ha raccontato Rahmani.

Una vita “schiacciata”

«Il mio percorso, da quando sono nata, è stato difficile – ha detto. I bambini qui hanno così tanto. E non solo materialmente. Hanno diritti e libertà, cose che io non ho mai avuto». Rahmani parla senza nascondere la rabbia di una donna che ha passato tutta la vita a essere schiacciata: «Quella forza contro di te, è così forte che talvolta dubiti di essere davvero tu il colpevole, di aver davvero fatto qualcosa di sbagliato».

La fuga di Rahmani ha fatto notizia e il suo successo è stato salutato negli Stati Uniti come prova dei progressi per le donne del paese e le sue foto sono volate in tutto il mondo. Ma ci fu anche chi la accusò di aver tradito il suo Paese e di aver abbandonato le donne afghane a lottare da sole.

Il cambiamento sarà lungo

La storia di Niloofar insegna qualcosa di importante. Il processo di cambiamento avviene con il tempo e passa attraverso una lotta continua e persistente alle discriminazioni: Gli eroi e i simboli possono essere utili per dare speranza, ma ciò che resta fondamentale è la battaglia quotidiana quella che le donne afghane combattono ogni giorno nelle loro famiglie e per le vie delle loro città.

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