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Roma, i sogni e le speranze delle detenute calciatrici del carcere di Rebibbia

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Sopra il campo di cemento c’è un cielo azzurro pieno di nuvole. Tutto intorno una recinzione con il filo spinato, alle spalle uno degli edifici del carcere. Dalle piccole finestre con le grate arrivano cori di incitamento e applausi. Sono questi i tifosi e gli spalti della neonata squadra di calcio composta dalle detenute del carcere romano di Rebibbia. La squadra di calcio a 5 femminile è scesa in campo nel primo campionato di calcio femminile che varca i muri di un istituto penitenziario. Un progetto iniziato un anno fa, reso possibile da Atletico Diritti e accolto con grande entusiasmo dalla direzione del carcere. Atletico Diritti una polisportiva nata nel 2014 su iniziativa di Antigone e Progetto Diritti, con il patrocinio dell'Università Roma Tre. Attualmente è composta da una squadra di calcio a 11 maschile, una squadra di basket, una squadra di cricket e dall'anno scorso si è aggiunta la squadra di calcio a 5 nel carcere femminile di Rebibbia

La squadra che gioca sempre in casa

Nell'anno trascorso le atlete detenute si erano allenate ogni settimana, disputando una serie di amichevoli, contro la nazionale parlamentari, quella delle mamme, e in un triangolare insieme ad una rappresentativa delle studentesse dell'Università Roma Tre e degli operatori civili del carcere. A settembre 2019 sono ricominciati gli allenamenti, ma quest’anno la sfida si è fatta più grande. Le ragazze di Atletico Diritti si allenano ora due volte a settimana e ogni sabato giocheranno nel torneo cittadino di calcio a 5 Open Femminile organizzato dal Centro Sportivo Italiano. Una grande sfida che le vedrà incontrare – sempre in casa – tante ragazze e donne che militano nelle altre 17 squadre iscritte al torneo. Una sfida che non fa paura a questa nuova squadra perché, come dice una delle giocatrici Ginevra, alla fine "se la cavamo".

L'importanza dello sport

L'allenatrice Carolina Antonucci varca le porte del carcere due volte a settimana, il martedì e il mercoledì, per allenare la sua squadra. "Le ragazze hanno risposto subito con grande entusiasmo al progetto – ci racconta – nonostante in molti fossero scettici sul successo all'interno di un istituto femminile". Chicca, Bruna, Ginevra, Barbara, Marica, Valeria e tutte le altre calciatrici mettono anima e corpo in questa squadra perché per loro non si tratta solo di sport e svago, ma anche una possibilità di riscatto e un modo per migliorare non solo nel rettangolo di gioco ma anche nella vita. Tra le veterane della squadra c'è Barbara, portiere che prima di tutte ha creduto in questo progetto e oggi tra le più entusiaste: "Noi qua ci sentiamo libere, senza etichette senza giudizi senza pregiudizi. Conoscendoci una per una riuscite a capire che non siamo detenute o delinquenti. Siamo persone, donne che hanno capito i loro errori e hanno voglia di rinascere".

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