Guterres al Parlamento italiano: «Nuovi e pericolosi rischi globali richiedono soluzioni multilaterali»
Per clima, migrazioni, conflitti e proliferazione nucleare sono necessarie risposte internazionali più coordinate, incentrate sulle soluzioni
[19 Dicembre 2019]
Intervenendo ieri al Senato italiano, di fronte alle Camere riunite. il segretario generale dell’Onu António Guterres ha tracciato un preoccupante sfondo globale fatto di conflitti asimmetrici tra Stati e gruppi non statali e una rinnovata minaccia di proliferazione nucleare, sottolineando che «la prevenzione è essenziale più che mai» e che l’unica strada per la stabilità risiede nel più multilateralismo.
Guterres ha affrontato subito un tema scottante per la politica italiana: quello dei rifugiati e migranti che continuano a morire mentre attraversano mari e deserti, e ha chiesto risposte collettive, compresi programmi per il lavoro che darebbero ai giovani dei Paesi poveri un motivo per restare in patria. Il capo dell’Onu, di fronte a un Parlamento che per una buona metà dice di voler affondare i barconi e tifa per i lager libici, ha affermato che i percorsi della migrazione e del reinsediamento devono essere resi più sicuri ha anche sottolineato una preoccupante avversione per i diritti umani a livello globale, compresa la crescente misoginia, la xenofobia e i discorsi di odio, che devono essere combattuti con leadership e coraggio politico, basati sulla ragione e sui fatti. «La diversità non è una minaccia ma una risorsa», ha detto Guterres, applaudito ipocritamente anche da chi ogni giorno e in ogni dichiarazione fa il contrario.
Poi Guterres le persone sono sempre più disconnesse dal pianeta e ha ricordato che le catastrofi naturali legate al clima stanno diventando più frequenti, mortali e distruttive, con costi umani e finanziari crescenti, minacce agli ecosistemi, pericolo per la sicurezza alimentare, innescando conflitti e costringendo le persone ad abbandonare le loro case. Anche per quanto riguarda cambiamenti climatici e ambiente, per il segretario generale dell’Onu sarebbe necessaria una maggiore volontà politica, cominciando a smettere di sovvenzionare i combustibili fossili e costruire centrali a carbone (chissà cosa ne avrà pensato chi si è battuto strenuamente contro le minimali proposte avanzate dal governo in questo senso?). Guterres ha sottolineato che invece andrebbero sfruttate le soluzioni basate sulla natura, finanziando l’adattamento all’interno dei Paesi in via di sviluppo e dando una migliore risposta alle catastrofi e il recupero.
Nel Paese del sovranismo rampante Guterres ha messo il dito nella piaga evidenziando che i disordini avvenuti in tutto il mondo negli ultimi mesi hanno dimostrato l’urgenza di andare verso l’uguaglianza, con sistemi sociali ed economici che funzionino per tutti e dando più voce in capitolo ai popoli nelle decisioni che riguardano la loro vita. Ma la ricetta proposta è quella progressista, non il populismo delle neo-destra, è quella di società pacifiche e stabili che richiedono pari opportunità e rispetto per i diritti e le libertà di tutti, partendo da un contratto sociale più equo e inclusivo.
Quanto alle nuove tecnologie che stanno cambiando rapidamente la faccia dell’economia globale, Guterres ha evidenziato che, mentre offrono strumenti per la pace e lo sviluppo sostenibile, se utilizzate in modo improprio presentano anche rischi, aumentando le divisioni e aumentando l’esclusione e la disuguaglianza. Per ovviare a questo, devono essere messe in atto strategie di educazione tecnologica a lungo termine insieme a protezioni sociali e quadri di regolamentazione flessibili per affrontare le sfide digitali, come il divieto per le armi autonome letali che uccidono senza intervento umano.
La conclusione del ragionamento di Guterres ha riguardato le fratture geostrategiche, con la sottolineatura della necessità di preservare un sistema globale con un’economia universale che rispetti il diritto internazionale: «un mondo multipolare con solide istituzioni multilaterali», che è il contrario di quel che vuole e pensa la plaudente parte destra dell’emiciclo parlamentare italiano. Per Guterres il multilateralismo mette insieme azioni locali e urgenti priorità globali e combattere l’emergenza climatica significa promuovere la pace e la coesione sociale. Prevenire le crisi significa investire nello sviluppo inclusivo e sostenibile e ampliare l’accesso alla tecnologia significa agire per l’uguaglianza di genere.
Ecco il resoconto stenografico del discorso integrale pronunciato al Senato dal segretario generale dell’Onu:
Signora Presidente del Senato, signor Presidente della Camera dei deputati, signore senatrici e signori senatori, signore e signori deputati, signore e signori, amici,
è un grande onore per me essere qui a Palazzo Madama, per rivolgermi a voi e, tramite voi, a tutto il popolo italiano per la mia ultima visita di quest’anno. L’Italia è un partner fondamentale delle Nazioni Unite. Il vostro Paese dà un importante contributo alle operazioni di pace dell’ONU e ospita alcune delle sue istituzioni. Vi siamo molto grati per il vostro sostegno. Adesso mi scuso, ma continuo in inglese, perché il mio italiano non arriva molto più in là di questo.
Onorevoli parlamentari, cari amici, preparandoci a lasciare il 2019, dobbiamo guardare con attenzione e con chiarezza alla situazione mondiale e alle nuove sfide. Il mondo, il nostro mondo, sta attraversando dei cambiamenti; non è più neanche bipolare, né unipolare, ma non è ancora multipolare. Stanno cambiando gli equilibri di potere, creando rischi nuovi e pericolosi in tutto il mondo e soltanto a poche centinaia di chilometri da qui stanno aumentando le tensioni regionali e nazionali: il Sahel, la Libia, la Siria, lo Yemen, l’Afghanistan. Questi conflitti causano terribile sofferenza e sradicano milioni di persone dai loro territori. Piuttosto che guerre fra Stati sovrani, oggi vediamo dei conflitti asimmetrici fra Stati e gruppi non statuali. Con la crescente interferenza delle terze parti, questi conflitti stanno rapidamente assumendo dimensioni regionali e si collegano a nuove forme di instabilità mondiale e di terrorismo.
L’impatto del conflitto libico sul Sahel e sulla regione del lago Ciad mostra come i conflitti nazionali possono tracimare negli Stati contermini e andare anche a toccare potenze mondiali, creando insicurezza regionale con implicazioni in tutti i continenti. In questi conflitti io vedo una grande frustrazione, perché in essi è stato chiesto un cessate il fuoco molte volte e nessuna parte lo ha rispettato sul terreno. Molti Stati membri dell’ONU danno armi, ogni settimana, a entrambe le parti in conflitto. È per questo che il cessate il fuoco a guida ONU non può funzionare.
Poi, sullo sfondo di questi conflitti, c’è una rinnovata minaccia di proliferazione nucleare, che sta tornando in modo preoccupante. Se vogliamo rendere il nostro mondo più pacifico e più sicuro, dobbiamo cominciare affrontando le cause che sono alla base delle tensioni e dei conflitti. La prevenzione è più essenziale che mai e, sulla scala in cui ne abbiamo bisogno, è possibile soltanto attraverso il multilateralismo. È per questo che tutto il lavoro delle Nazioni Unite si basa sulla prevenzione delle crisi, sulla mediazione, sulla lotta all’estremismo violento, cercando di rafforzare la pace e la sicurezza, promuovendo lo sviluppo sostenibile e inclusivo, tutelando i diritti umani e la dignità di tutti, ovunque. Noi perseguiamo questi impegni in cooperazione con tutte le organizzazioni regionali, come l’Unione europea, che è e da lungo tempo un partner essenziale dell’ONU.
Cari parlamentari, cari amici, oggi voglio concentrarmi su cinque aree in cui affrontiamo nuovi rischi e in cui vediamo delle nuove linee di faglia, a proposito delle quali voglio suggerire alcune soluzioni. La prima area è quella di un fallimento della solidarietà mondiale con i più deboli. Io arrivo a Roma da Ginevra, dove ho partecipato al Forum mondiale sui rifugiati: un Forum che vuole tradurre in azione il Global compact sui rifugiati concordato l’anno scorso dai Governi, condividendo le responsabilità per i rifugiati fra i vari membri della comunità internazionale. Io non posso che ringraziare gli italiani per l’apertura, la cura e la passione mostrata alle decine di migliaia di rifugiati che sono arrivati sulle vostre sponde negli ultimi anni. Il numero di rifugiati e di migranti che muoiono nella traversata dei mari e dei deserti continua ad aumentare.
Dobbiamo fare di tutto per impedire tutto ciò e per agire sui Governi dei Paesi di origine, di transito e anche di destinazione. Abbiamo bisogno di risposte collettive, inclusi programmi di sviluppo per i giovani, dando loro opportunità di lavoro nelle regioni di origine. Dobbiamo indagare e perseguire i trafficanti di esseri umani e quelle reti criminali che speculano sulla povertà umana. Dobbiamo rafforzare i canali regolari di immigrazione e per il reinsediamento dei rifugiati, onorando l’integrità del regime internazionale per la tutela dei rifugiati non soltanto a parole, ma con i fatti. I Paesi europei mediterranei che ricevono i rifugiati e i migranti, come la Grecia e l’Italia, hanno il diritto di ricevere solidarietà e sostegno dai loro partner europei. Purtroppo, fino ad oggi, questa solidarietà e questo sostegno non li abbiamo visti materializzarsi. (Applausi).
Cari parlamentari, cari amici, è inaccettabile che la colpa dei problemi della società si addossi alle persone che scappano per salvarsi. Dobbiamo sostenerci gli uni con gli altri. Vediamo un arretramento dei diritti umani in tutto il mondo che ci preoccupa: vediamo l’aumento della xenofobia, della discriminazione, della misoginia, del razzismo e dell’incitamento all’odio. I populisti cercano di sfruttare il malcontento e la divisione per conquistare e mantenere il potere ed è per questo che dobbiamo affrontarli con leadership e coraggio politico, sulla base della ragione e dei fatti. All’ONU dobbiamo combattere, attraverso nuove strategie, i discorsi di incitamento all’odio. La diversità non è una minaccia, è un vantaggio e ognuno deve sentirsi rispettato nella propria identità. Ogni persona deve potere partecipare pienamente alla società nella sua interezza.
Cari parlamentari, cari amici, il secondo problema preoccupante è quello tra gli esseri umani e il pianeta: la crisi climatica non è più un problema a lungo termine, ma è qui e adesso. È una pericolosa realtà per molte persone, soprattutto quelle che vivono nelle zone più povere e vulnerabili del mondo, perché sono i popoli che contribuiscono meno ai gas serra ma quelli che ne soffrono di più: sono l’ultima causa e la prima vittima. L’ho visto io stesso l’anno scorso, quando ho visitato i Caraibi e il Mozambico dopo alcune tempeste devastanti. Lei, signor Presidente, ha citato Venezia. Il mio viaggio di nozze, quando mi sono sposato, è stato in Italia e mi portò proprio a Venezia. (Applausi). È stato un profondo choc per me vedere in televisione l’impatto drammatico del cambiamento climatico che sta attaccando uno dei luoghi profondi e più significativi della civiltà europea. Vorrei esprimere la mia piena solidarietà a Venezia e all’Italia.(Applausi).
Abbiamo voluto credere che possiamo ingannare la natura, ma la natura combatte e si sta vendicando. Gli ultimi anni sono stati i più caldi di sempre. I livelli del mare sono i più alti di sempre nella storia umana; le calotte polari stanno retrocedendo; i nostri ecosistemi sono sotto una minaccia senza precedenti. Le calamità naturali diventano più frequenti, mortali e distruttive. Aumentano i costi umani e finanziari. La siccità in molte parti del mondo aumenta a livelli allarmanti e mette a rischio la sicurezza alimentare, innesca conflitti, fa fuggire tante persone dalle loro case. Ogni anno l’inquinamento atmosferico, associato al cambiamento climatico, uccide sette milioni di persone. La crisi climatica è una minaccia drammatica alla salute mondiale e alla sicurezza umana. E questo non è che l’inizio. Se non agiamo adesso, la storia registrerà che noi avevamo gli strumenti per cambiare ma abbiamo scelto di non far nulla. I nostri figli e i nostri nipoti non ci perdoneranno mai se avremo sacrificato il loro futuro per il nostro utile a breve termine.
L’imperatore Nerone è ancora ricordato, più o meno giustamente, perché suonava l’arpa mentre Roma bruciava; vogliamo essere ricordati anche noi come quelli che suonavano l’arpa mentre il pianeta bruciava?
Sono molto deluso dai risultati della COP25 che si è svolta a Madrid: la comunità internazionale ha perso un’importante occasione per mostrare una nuova e aumentata ambizione sulla mitigazione, sull’adattamento e sull’utilizzo delle finanze per affrontare la crisi climatica. Ma ho anche detto – e ripeto in questa sede – che non mi arrenderò, perché è stato chiaro in tutti quei colloqui che la maggior parte dei Paesi è pronta a fare di più nell’azione climatica. L’industria, il mondo finanziario e le imprese stanno impegnandosi.
La scienza ha detto chiaramente che dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra del 45 per cento entro il 2030, raggiungere la neutralità di CO2 entro il 2050 e limitare l’aumento della temperatura mondiale di un grado e mezzo entro la fine del secolo e, anche se gli impegni di Parigi fossero rispettati pienamente, non sarebbe abbastanza. Ma molti Paesi non rispettano neanche quegli impegni. Le emissioni di gas serra continuano ancora ad un ritmo allarmante. Attualmente ci apprestiamo a produrre quasi tre volte il carbone che è necessario per il nostro pianeta e il nostro futuro.
Il mio è un messaggio di speranza, non di disperazione. La comunità scientifica ci dice che la tabella di marcia per mantenerci sotto il grado e mezzo di aumento della temperatura è ancora a portata di mano, ma dobbiamo agire adesso. Le tecnologie ci sono, i segni di speranza si moltiplicano, sempre più città, istituzioni finanziarie e imprese si stanno impegnando sull’obiettivo del grado e mezzo. Il più importante segno di speranza è che i giovani si stanno mobilitando ovunque e assumono ovunque la guida, anche in Europa. Tuttavia occorre ulteriore volontà politica. (Applausi).
Dobbiamo stabilire un prezzo per l’emissione di CO2, dobbiamo smettere di sovvenzionare i combustibili fossili con i soldi del contribuente, dobbiamo evitare di ricompensare l’inquinamento che uccide le persone, dobbiamo far pagare chi inquina, dobbiamo smettere di costruire impianti di produzione di energia alimentati a carbone dal 2020 in poi, dobbiamo utilizzare le vaste possibilità delle energie rinnovabili. Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere i maggiori emettitori del mondo, perché senza di loro l’obiettivo non è raggiungibile.
L’Unione europea ha avviato l’european green deal per raggiungere la neutralità di CO2 entro il 2050, con un ambizioso obiettivo per il 2030 e fondi per la transizione. L’anno prossimo il Regno Unito, in partenariato con l’Italia, ospiterà la COP26 e sarà un momento fondamentale, perché nei dodici mesi che ci separano da ora alla COP26 dobbiamo essere ambiziosi: dobbiamo lavorare soprattutto con i Paesi più responsabili delle emissioni, aiutandoli a ridurre le emissioni di gas serra immediatamente, allo scopo di raggiungere la neutralità di CO2 entro il 2050.
Dobbiamo anche rispondere alle aspettative dei Paesi in via di sviluppo, che ci chiedono risorse, adattamento, cure, risposte alle calamità, ripresa. Non possiamo ignorare la dimensione sociale della transizione all’energia pulita. Gli impegni nazionali devono includere una giusta transizione per le persone il cui posto di lavoro è a rischio. Non abbiamo tempo da perdere e ci fidiamo dell’Italia nella preparazione della COP26.
Cari parlamentari, il gap di solidarietà globale e la crisi climatica sono collegati ad altre linee di frattura che devono preoccupare tutti noi. Anzitutto abbiamo una “linea di faglia” geostrategica, tecnologica ed economica che divide il mondo in due. Le due economie più grandi, il mondo occidentale e la Cina, potrebbero creare due aree distinte in concorrenza tra loro; aree di influenza, ognuna con le proprie regole finanziarie, commerciali e valutarie e con le proprie strategie militari. Ogni area avrebbe un proprio Internet e le proprie forme di intelligenza artificiale e questo non farebbe che aumentare il rischio di uno scontro. Dobbiamo fare tutto il possibile per evitare questa grande frattura e conservare il nostro sistema globale, un’economia universale che nutra il rispetto del diritto internazionale, un mondo multipolare con istituzioni multilaterali solide.
Pertanto abbiamo bisogno di un’Europa forte; è un pilastro fondamentale dell’ordine multilaterale basato sul diritto e sul rispetto delle libertà fondamentali. Ma non è sempre facile. Per avere successo, il multilateralismo ha bisogno di un’Unione europea ambiziosa e unita.
A livello nazionale vediamo un’altra linea di frattura sempre più vasta nel contratto sociale: le persone ritengono che le economie non lavorino per loro e per sostenerle. Vediamo un’ondata di proteste in tutto il mondo. La situazione è singolare, ma ci sono due caratteristiche in comune: un crescente deficit di fiducia tra le persone e gli establishment politici, abbinati agli effetti negativi della globalizzazione e del progresso tecnologico. Le persone soffrono, vogliono essere ascoltate; tutti vogliono l’uguaglianza e sistemi economici e sociali che siano a favore di tutti. Le persone vogliono che i diritti umani e le libertà fondamentali vengano rispettati; vogliono avere una voce in capitolo nelle decisioni che incidono sulle loro vite. I Governi hanno il dovere di ascoltare queste persone, i propri popoli, e rispettare la libertà di espressione e di assemblea pacifica. Tutti devono poter esercitare una moderazione e mettere il dialogo al primo posto.
Molte delle proteste vengono guidate da giovani, soprattutto dalle giovani donne. Essi operano dei collegamenti tra l’ingiustizia climatica, le disuguaglianze, la mancanza di sicurezza e chiedono di avere nuovi modi di organizzare i nostri sistemi politici, economici e sociali. La risposta a questo malcontento così profondo e diffuso va basata su un nuovo contratto sociale che sia inclusivo ed equo per una nuova era della globalizzazione e dell’iperconnettività. Tutti devono vivere nella dignità. Le donne devono avere le stesse prospettive degli uomini; le persone con disabilità devono avere pari opportunità e poter realizzare i propri potenziali. I malati vulnerabili vanno protetti.
L’Agenda 2030 con i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale, offre proprio questo tipo di contratto sociale: uno sviluppo inclusivo, equo e sostenibile, che sia a favore dei popoli e del pianeta. L’Agenda 2030 deve essere al centro del nostro modo di rivedere e rivisitare i nuovi modelli di governance. (Applausi). Una società in pace e stabile: solo così possiamo garantire pari opportunità e rispetto per tutti.
Infine, cari amici e parlamentari, queste disuguaglianze e linee di frattura vengono inasprite da un divario tecnologico sempre crescente. Le nuove tecnologie offrono grandi promesse e rendono possibili nuovi strumenti di pace e di sviluppo sostenibile, ma allo stesso tempo rappresentano dei rischi: possono essere utilizzate e se ne può fare un abuso per finalità nefaste. La rivoluzione industriale – la quarta rivoluzione – potrebbe sradicare e stravolgere interi settori del mercato del lavoro. Naturalmente potrà anche creare nuove opportunità, però saranno richieste nuove competenze e questo potrebbe incrementare le divisioni e accrescere l’esclusione e la disuguaglianza. Non dimentichiamo che la metà del mondo non ha neanche una connessione Internet e quindi ci vogliono delle strategie di lungo periodo e una formazione permanente. Tuttavia, non è sufficiente imparare. Dobbiamo sapere come offrire una formazione alle persone per poter svolgere nuovi lavori. Nessuno va lasciato indietro. Allo stesso tempo, ci vuole una nuova generazione di protezione e tutela sociale, con delle reti di sicurezza sociale più innovative per coloro che affrontano maggiori rischi. Quindi, la tecnologia va vista come strumento di pace e progresso sociale e per ridurre le disuguaglianze.
Dobbiamo anche affrontare l’abuso della tecnologia nel tentativo di commettere reati e crimini, diffondere discorsi di odio, manipolare le informazioni, opprimere le persone e violare la loro privacy. (Applausi). Conosciamo già i risultati di queste attività; le campagne di disinformazione basate su menzogne raggiungono gli angoli più remoti della terra. Molti Paesi hanno accesso a delle capacità cibernetiche molto sofisticate che possono paralizzare intere nazioni o aziende. Ma cosa dire di quei Paesi e di quelle persone che non sono in grado di difendersi nello spazio cibernetico?
Regolamenti rigidi e tradizionali non sono più possibili. La tecnologia digitale richiede nuove cornici regolatorie, con più portatori di interessi e cornici più veloci e più flessibili. Insieme dobbiamo porre dei limiti.
Credo che uno dei limiti debba essere un divieto totale delle armi autonome letali, con il potere discrezionale di uccidere senza l’intervento dell’uomo. In termini politici esse sono inaccettabili e moralmente spregevoli. Le Nazioni Unite possono svolgere il ruolo di una piattaforma comune. È qui che Governi, aziende, ricercatori, la società civile e altri soggetti possono incontrarsi proprio per creare protocolli, stabilire le linee rosse da non superare e definire insieme le best practice.
L’anno scorso ho convocato un panel di alto livello sulla cooperazione digitale, presieduto da Melinda Gates e Jack Ma. Le raccomandazioni emanate mostrano come molteplici portatori di interesse possono guidare i nostri sforzi congiunti per accelerare la connettività internet globale, rafforzare le capacità e migliorare la governance digitale. Sono incoraggiato dal fatto che questo rapporto venga sostenuto dalle aziende dell’hi-tech, dai Governi e dalla società civile. L’Unione europea ha già mostrato un esempio attraverso il regolamento generale per la protezione dei dati (RGPD), che ha ispirato misure analoghe anche altrove. Chiedo all’Unione europea e agli Stati membri di continuare a foggiare l’era digitale ed essere in prima linea in questa innovazione tecnologica.
Cari amici parlamentari, ho illustrato la nostra risposta a queste linee di frattura, le cinque linee e i vari divari che esistono ancora, sulla base di istituzioni multilaterali forti, di solidarietà e di rispetto reciproco, ma il multilateralismo da solo ha bisogno di adeguarsi. Lo stesso multilateralismo ha bisogno di adeguarsi alle sfide di oggi e del futuro. I Governi da soli non possono realizzare l’agenda 2030, né l’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici; dobbiamo fare di più per l’inclusione, per una piena partecipazione di tutti: le donne devono essere in prima linea, non possiamo ridurre la povertà e le disuguaglianze senza affrontare la forma più dilagante di discriminazione nei confronti delle donne e delle ragazze (Applausi), la metà quindi della popolazione mondiale. La disuguaglianza di genere è anzitutto una questione di potere e, dobbiamo essere sinceri, continuiamo a vivere in un mondo e in una cultura dominati dall’uomo. Dobbiamo spostare questo equilibrio. Ciò sarà fatto quando i diritti delle donne verranno visti come il nostro obiettivo comune.
È per questo che, dopo aver assunto la guida della Nazioni Unite, ho promosso una strategia proprio per raggiungere la parità di genere ben prima del 2030. L’obiettivo è stato già raggiunto in alcune aree sotto il mio diretto controllo. Il senior management group e i leader dei nostri team in tutto il mondo hanno raggiunto questa parità completa. Non sarò tranquillo finché non avremo raggiunto la parità di genere in tutti i livelli delle Nazioni Unite; una piena uguaglianza per donne e ragazze in tutto il mondo. Il multilateralismo di oggi va messo in rete, deve essere inclusivo e più vicino alle persone che noi serviamo. Dobbiamo lavorare fianco a fianco con le organizzazioni regionali, le istituzioni finanziarie internazionali, le banche di sviluppo, le agenzie specializzate. La nostra cooperazione non può limitarsi ai Governi e alle istituzioni ufficiali; voglio vedere qui (e sono felice di vederli oggi qui) la società civile e i giovani.
I legislatori hanno un ruolo cruciale da svolgere. Come ex parlamentare, mi sento a casa in questa Aula, ma so che il vostro contributo è cruciale per favorire un progresso condiviso. I Parlamenti possono essere i paladini della democrazia e gli agenti dell’accountability possono portare sulla scena internazionale le preoccupazioni della gente comune. Abbiamo bisogno quindi di creare questo nesso tra le azioni locali e le priorità globali urgenti. Le sfide che noi affrontiamo sono collegate tra loro, sono di lungo periodo e pertanto abbiamo bisogno di una risposta di lungo periodo. Dobbiamo contrastare la crisi climatica e quindi favorire la pace e la coesione sociale. Dobbiamo aumentare l’accesso alle tecnologie e promuovere la parità di genere. La prevenzione delle crisi è importante; dobbiamo investire nell’inclusione e nello sviluppo sostenibile.
Cari amici, l’anno prossimo, nel 2020, noi festeggeremo i settantacinque anni delle Nazioni Unite convocando una conferenza per svolgere un dibattito globale sul futuro che noi desideriamo e di cui abbiamo bisogno. È un dialogo aperto a tutti. Vogliamo raccogliere idee e incoraggiare un’azione collettiva. Dobbiamo riuscire a foggiare il nostro futuro anche attraverso questo dialogo cui tutti dovranno partecipare.
Dobbiamo ricordare che le nostre sfide sono state create dall’uomo, quindi possono essere risolte da noi. Lo abbiamo dimostrato in passato; dobbiamo dimostrarci all’altezza della situazione e costruire un futuro migliore per tutti. Grazie. (L’Assemblea si leva in piedi. Vivi, generali e prolungati applausi).