Nella famiglia le donne sempre più vittime
Spesso ci si chiede perché una persona solare, allegra, socievole e piena di vita, cambia il suo modo di essere e di vivere; quando questo cambiamento avviene, e negli ultimi tempi queste trasformazioni sono sempre più diffuse, non si pensa subito che il soggetto in questione abbia subìto un abuso morale, sessuale, una violenza fisica o dei maltrattamenti. Oggi, la dimensione di questo fenomeno crea danni esistenziali, biologici e morali, oltre a disagi psicologici, sociali e prettamente individuali. Questi sconvolgimenti esistenziali sono la diretta conseguenza dei soprusi che accadono in famiglia, nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle strade. All’interno di questi ambienti aggreganti si perpetrano subdoli atti criminosi che, pur non lasciando tracce evidenti sul fisico, feriscono profondamente l’anima e la dignità dell’individuo. Il centro sociale più colpevole di questa condotta è proprio la famiglia, che, per definizione, dovrebbe proteggere tutti i suoi membri, dovrebbe avere gli anticorpi della violenza e generare serenità e protezione in un ambito emotivamente coinvolgente.
Il focolare domestico - Ma queste convinzioni devono modificarsi, poiché, in continuazione, all’interno del nucleo familiare si realizzano condotte criminose a danno soprattutto di donne e minori. Nei maltrattamenti e negli abusi intrafamiliari, spesso anche di natura morale, è difficile per alcune donne (soprattutto nei casi di abusi psicologici), denunciare l’aggressore, che di solito è il marito, il convivente o il padre. Le ragioni e le sofferenze delle donne non sempre vengono capite e quando lo sono, si arriva troppo tardi, dopo che si è registrato un crimine relazionale che si poteva evitare (suicidio od omicidio). Sovente alla donna si imputano debolezza, alcune volte connivenza e altre volte incapacità di reagire, di liberarsi da questi legami malsani e insopportabili; ma non sempre è possibile uscire da questa spirale di perversa aggressività, perché la paura e il ricatto, le pressioni della parentela, l’intimidazione e la dipendenza economica, nonché gli atavici atteggiamenti e le convinzioni del tipo «io ti cambierò» rappresentano i maggiori ostacoli, creando una sorta di «dipendenza da maltrattamento». Le pareti domestiche sono il teatro delle continue angherie e gli autori di questi gesti sono uomini anche colti che, forti della loro arroganza e insolenza, passano dalle scariche verbali a quelle fisiche; tutte azioni che non sempre sono giustificate da gelosie o da possessività, ma da meccanismi automatici di reattività, di brutalità fine a se stessa, o da caratteri d’insoddisfazione e frustrazione per la propria vita e quella familiare, o di coppia.
Tutti questi prepotenti comportamenti si spiegano nella visione sociologica del problema, racchiudono modelli di interazioni ancestrali basati sul concetto di dominio per l’uomo e di sottomissione per la donna, e la tirannia intrafamiliare rappresenta l’esplosione di un conflitto che riguarda lo sfogo maschile fatto di tensioni e di rabbia. La famiglia rappresenta un sistema complesso basato su responsabilità e mansioni, in cui agiscono a vari livelli aspetti positivi come il rispetto, la condivisione, l’amore e il rapporto sessuale, ma quando si arriva al disconoscimento di questi valori, si sviluppano processi esogeni ad alto rischio, al punto che sarebbe opportuno procedere alla chiusura del rapporto di coppia, alla sua revisione critica. Gli schemi mentali appresi e le esperienze di ciascun componente la coppia fungono da elementi caratterizzanti il contrasto che colpisce il nucleo a due; non sempre i protagonisti del vincolo sono consapevoli delle dinamiche e delle posizioni che si devono tenere all’interno della coppia, perché, disconoscendoli, possono sfiorare la tragedia.
La vittima designata - I ruoli passivi e vittimizzanti della donna aprono la via a una relazione in cui autore e vittima si ritrovano coinvolti in un processo aberrante e criminale. Non di rado le mogli e le madri, aggredite moralmente o fisicamente, sono destinatarie di rimproveri, di veementi reazioni o di gesti insignificanti, banali, che diventano pretestuosi per far scattare l’ira dell’aggressore; in diversi casi di molestie l’abuso di alcol o di stupefacenti facilita l’esplosione collerica e minacciosa dell’uomo, che in presenza di estranei si presenta tenero e tollerante, e nell’intimità della famiglia, invece, neanche di fronte alle implorazioni dei figli piccoli e della donna, mostra il lato più indicibile di se stesso.
Nonostante questi oggettivi e gravi episodi di irruenza criminosa, denunciare da parte delle donne non è sempre agevole, in quanto il sentimento che comunque si nutre nei confronti del compagno, la voglia di non distruggere i legami di matrimonio o di convivenza, e le pressioni dei familiari e degli amici, fanno desistere. E se la donna decide di rompere il rapporto, sa di dover incominciare una vita di solitudine, lontana dalla sua famiglia e dagli amici. In queste circostanze è fondamentale entrare in contatto con un’associazione che tuteli i diritti delle donne, in quanto l’ascolto è determinante per comprendere in modo sinergico i diversi gradi di tutela: legale, psicologica, economica e familiare. Aiutare la vittima vuol dire impostare un percorso riabilitativo per far emergere tutte le emozioni legate ai torti subiti, alla condizione della propria sessualità e al riappropriarsi della propria dignità. È un viaggio individuale e di gruppo, in cui si ricostruiscono la propria identità e la propria personalità.