Il prefetto di Cosenza arrestata. Un drammatico fine anno per la reputazione delle istituzioni
Alle 14.42 il Corriere della Sera ha pubblicato in rete la corrispondenza di Carlo Macrì dalla Calabria, che ho letto due volte e controllato variamente per non cedere subito all’idea di un evidente fake news. Tutto comprovato. La polizia di Cosenza – che dipende dal questore che a sua volta dipende dal prefetto – ha arrestato in pieno centro della città niente meno che il prefetto di Cosenza.
La notizia non è questa (anzi, congratulazioni!). La notizia è che il prefetto di Cosenza, Paola Galeone, tarantina, 58 anni, due lauree, percorso di carriera non fantasmagorico ma più che dignitoso (salvo una funzione di Vice Commissario alla Regione Friuli, tutta in sedi meridionali, Taranto, Cosenza, Campobasso, Benevento, ancora Cosenza), devota (per sua intervista) a Padre Pio e cattolica insignita della onorificenza di Dama dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme (ma anche di quella di Commendatore della Repubblica), ha bruciato questo rispettabile percorso al servizio dello Stato, comunque attuato nell’impegno delle donne di riuscire in carriere difficili (percorso in virtù del quale l’attuale ministro dell’Interno, donna, viene dalla carriera prefettizia), per intascare illecitamente 700 euro.
Non per uno svarione amministrativo o per una nota spesa fuori misura. Ma per essersi accorta verso fine anno che i 1200 euro assegnati al prefetto come spese di rappresentanza, rimasti intonsi e senza giustificativi, avrebbero potuto essere intascati almeno in parte ove un imprenditore (nel caso un’imprenditrice) avesse presentato una fattura fittizia da lei stessa legittimata. La scelta è caduta sull’imprenditrice Cinzia Falcone (presidente di un'associazione per i diritti delle donne, Animed, e referente di un centro di accoglienza per migranti a Camigliatello Silano) che, basita per la proposta (700 al prefetto, 500 all’imprenditrice), ha deciso di sporgere denuncia alla polizia di Stato.
La polizia ha così deciso di agire. Questa la corrispondenza del Corriere della Sera sulla fase saliente: “La polizia ha chiesto all’imprenditrice di assecondare la richiesta della Galeone che aveva anche indicato il bar dopo sarebbe dovuto avvenire lo scambio. Soldi, in cambio della fattura fittizia. La polizia ha studiato nei dettagli come incastrare il prefetto, fornendo all’imprenditrice l’attrezzatura ad alta tecnologia necessaria per registrare e filmare il colloquio e l’avvenuto scambio del denaro. In più, le banconote sono state fotocopiate. A scambio avvenuto mentre il prefetto di Cosenza, stava per lasciare il bar, è stata bloccata dalla polizia che le ha perquisito la borsa trovando le banconote fotocopiate, appena intascate”.
Scrivo questa nota di fine anno per tre ragioni.
La prima è che una notizia così corona un anno così.
La seconda è che la realtà supera l’immaginazione.
La terza è che la politica arriva dopo qualche secondo a ridicolizzare ulteriormente le cose.
Questa la nota in rete a ridosso del clamoroso annuncio. La dichiarazione è di tale Cristian Invernizzi, deputato della Lega e commissario della Lega stessa in Calabria “Le accuse al prefetto di Cosenza sono gravissime. Il ministro Lamorgese intervenga subito: se è vero che esiste un video della Polizia che riprende il prefetto mentre intasca una tangente da un imprenditore, la dottoressa Paola Galeone andrebbe rimossa immediatamente. Parliamo di un prefetto ben conosciuto dall’attuale ministro, visto che Lamorgese è stata capo del personale, capo di gabinetto di Alfano e, per un breve periodo, anche di Minniti. Il ministro ha qualcosa da dire?“. Invernizzi non ha nemmeno ritenuto di cogliere nel cv della Galeone la data della sua nomina a Cosenza, cioè il 23 luglio del 2018, dunque su proposta del ministro dell’Interno Matteo Salvini, proprio il giorno in cui firmava la direttiva sui richiedenti asilo.
Ma torniamo alla seconda delle ragioni. Lo stato del nostro Stato.
Nei giorni della più complessa iniziativa giudiziaria proprio in Calabria contro la criminalità organizzata; nel quadro di una discussione in cui accanto alla tradizionale valutazione sulla società malata si comincia (tutto il merito questa volta al procuratore Gratteri) ad affiancare la valutazione sulle istituzioni parimenti malate e complici nella trasformazione della ‘ndrangheta, ebbene il rappresentante dello Stato nel cuore di quella regione architetta una truffa per 700 euro!
E fosse anche per un solo euro, la cosa è così scandalosa e dolorosa, che tutti dovrebbero sentire l’impulso di trasferire in rete lo sdegno per un fatto simile. Un iceberg di questo genere riporta il tema della riforma più incompiuta della storia repubblicana – quella dello Stato e della Pubblica Amministrazione - in priorità di agenda.
Tra due ore si saprà se il presidente della Repubblica – pur nella naturale sospensione di giudizio sul fatto specifico, necessaria a iter giudiziario aperto – troverà il modo allusivo di far cogliere agli italiani la sua preoccupazione corrispondente al fatto che gli stessi italiani (sondaggio Demos di alcuni giorni fa) nutrono fiducia nello Stato solo nel limitato numero di uno su cinque, dunque al 22% con 11 punti persi negli ultimi dieci anni.