WeWorld Index 2015: in 102 Paesi mondo bambini e donne ai margini
ROMA – Sono 102 su 167 i Paesi nel mondo che non raggiungono un livello neppure sufficiente di inclusione sociale di bambini, adolescenti e donne. Questo uno dei dati principali che emerge dal rapporto “WeWorld Index 2015. L’inclusione di bambine, bambini, adolescenti e donne nel mondo”, presentato oggi alla Farnesina e promosso con il patrocinio del Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale in collaborazione con il Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne (Cirdse), nell’ambito dell’Anno europeo per lo Sviluppo. Alla presentazione sono intervenuti, tra gli altri, il Direttore generale per la Cooperazione allo sviluppo della Farnesina, Giampaolo Cantini, e il Presidente di WeWorld, Marco Chiesara.
Secondo quanto emerge dal rapporto, l’Italia si classifica in 18ma posizione con “sufficiente inclusione” ed ottiene i risultati migliori nell’ambito della salute di bambini e donne e dell’educazione di base. Tuttavia l’Italia è penalizzata dalla posizione negativa rispetto ad alcuni indicatori quali il livello di partecipazione economica delle donne e violenza sulle donne, l’accesso ad internet, il livello di inquinamento, la presenza di aree, gli effetti dei disastri naturali, il livello di corruzione percepita e la spesa per l’istruzione. Ai primi posti della classifica figurano solo paesi del Nord Europa – Norvegia in testa – dove, oltre a una diffusione generalizzata dei servizi di base, quasi ovunque sono garantite pari opportunità tra uomini e donne nella vita politica, economica e sociale. Gli ultimi posti della graduatoria sono occupati invece da Paesi dell’Africa sub-sahariana (Repubblica Centrafricana, Ciad, Niger, Repubblica Democratica del Congo, Mali).
L’affermazione dei diritti delle donne, degli adolescenti e dei bambini, ha dichiarato Cantini, rappresenta una priorità per la Cooperazione italiana ed è essenziale che restino al centro della nuova Agenda globale dello sviluppo. La Cooperazione italiana, ha proseguito Cantini, “ha realizzato e sta realizzando progetti importanti nel settore di genere”, esercitando una “forte leadership” soprattutto in paesi come la Palestina e il Senegal, sia sul versante dell’assistenza e del “capacity building” istituzionale che su quello del sostegno all’ “empowerment” e all’imprenditoria femminile, ad esempio in Etiopia. Cantini ha inoltre parlato della necessità di investire di più nel settore dell’educazione e soprattutto dell’accesso delle bambine all’educazione. Il responsabile della Cooperazione ha ricordato il sostegno italiano alla risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulle mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati, oltre che “l’azione importante e a tutto campo” condotta contro lo sfruttamento sessuale minorile nel sud-est asiatico e per il recupero dei minori di strada in America Centrale.
Secondo quanto emerge dal rapporto, i Paesi africani nella graduatoria dell’indice di inclusione si trovano tutti dopo l’82ma posizione – occupata dal Ruanda – soprattutto a causa della mancanza dell’accesso ai servizi di base, mentre molti Paesi, soprattutto dell’area Nord Africa e Medio Oriente, sono penalizzati per mancanza di politiche di genere: le donne in questi paesi sono infatti svantaggiate o esplicitamente discriminate. Stesso discorso si può fare per l’Asia Meridionale, dove quasi tutti gli indicatori inerenti l’inclusione di donne e bambini mostrano pessimi risultati, cui si aggiunge il permanere di forti stereotipi maschili che tendono a svilire il ruolo della donna.
Il pieno raggiungimento della parità genere, ha dichiarato in un messaggio inviato per la presentazione, la Vice Presidente del Senato, Valeria Fedeli, è una condizione “imprescindibile” per il pieno raggiungimento dei diritti di ogni bambino e bambina. “Le disuguaglianze incidono sulla vita di tutte le donne ad ogni latitudine: in primo luogo sulla possibilità di essere autonome nel proprio percorso di vita, ma anche sulla salute, sulla loro collocazione socio-economica, sul modo in cui si vive la genitorialità. Il binomio occupazione-riproduzione spesso è non una possibile scelta ma un’alternativa secca”. Per invertire questa tendenza, ha aggiunto, occorre “riequilibrare l’accesso dei due generi al lavoro e costruire un accesso al mercato del lavoro che sia meno sessista” e adottare “misure concrete come gli incentivi per il lavoro femminile e il sostegno alla maternità”.
Un aspetto innovativo emerso dal rapporto è che il WeWorld Index, nel 2015 alla sua prima edizione, si concentra sul forte nesso tra diritti dell’infanzia e parità di genere. Pur continuando a considerare donne e bambini come soggetti distinti, dotati di diritti propri, di cui sono state individuate alcune dimensioni – e relativi indicatori – l’aspetto innovativo del rapporto consiste nel considerare l’interdipendenza tra donne e bambini, valutandone congiuntamente alcune condizioni di vita con specifici indicatori, che riguardano entrambe le categorie. Sono proprio donne e bambini, che insieme rappresentano il 70 per cento della popolazione, le categorie più a rischio di esclusione sociale.
“Abbiamo dato importanza ad aspetti che incidono profondamente sulle possibilità di vita di una persona: la sicurezza, il livello di inquinamento, l’alfabetizzazione degli adulti”, ha dichiarato il Presidente di WeWorld, Marco Chiesara, nel commentare i risultati del rapporto. “Alcune di queste categorie agiscono in maniera diretta rispetto all’inclusione, altri hanno effetti più diretti di quanto possa sembrare a prima vista. Per questo crediamo che tutti questi valori, insieme, ci permettano di ottenere una misurazione puntuale dell’inclusione”, ha proseguito Chiesara. “Alcune delle principali cause di esclusione, infatti, non vengono mai prese in considerazione. Indipendentemente dalla ricchezza di un paese, vivere in un contesto con un tasso di omicidi alto o in una nazione che ha subito conflitti ha ricadute profonde sul tessuto sociale, in particolare su donne, bambini, bambine e adolescenti”.
Il World Index 2015 è uno strumento volto a misurare l’inclusione sociale di bambini, adolescenti e donne nel mondo, in considerazione del fatto che il progresso di una società dovrebbe essere misurato non solo attraverso indicatori economici, ma anche analizzando le condizioni di vita dei soggetti più deboli o più a rischio di esclusione sociale. L’Index è composto da 34 indicatori, raggruppabili in 17 dimensioni e tre categorie, ognuna delle quali afferisce ad un aspetto della vita considerato determinante per l’inclusione di donne e minori. (OI, 23 giugno 2015)