I "non detti" dell'Italia sui matrimoni precoci e forzati | Rossana Scaricabarozzi
Il Parlamento ha approvato in questi giorni due mozioni che chiedono al governo impegni concreti contro i matrimoni precoci e forzati.
L'impulso al dibattito è dato da importanti avanzamenti a livello internazionale per la realizzazione dei diritti delle donne e dell'uguaglianza di genere: il 2 luglio scorso infatti il Consiglio dell'ONU per i diritti umani ha adottato 3 importanti risoluzioni contro la violenza sulle donne e le discriminazioni di genere, di cui una focalizzata nello specifico sui matrimoni precoci e forzati.
La risoluzione riconosce i matrimoni precoci e forzati come violazione di diritti umani che limita la possibilità di donne e ragazze di vivere libere dalla violenza e nega loro diritti fondamentali come il diritto all'istruzione e alla salute - inclusa la salute sessuale e riproduttiva - oltre ad essere tra le cause della povertà femminile e un ostacolo allo sviluppo sostenibile.
L'adozione della risoluzione è avvenuta in un momento importante: a settembre in sede ONU verrà adottata la prossima agenda globale per lo sviluppo e la proposta di Obiettivi di Sviluppo Sostenibile per gli anni a venire include un target specifico relativo all'eliminazione delle pratiche tradizionali lesive dei diritti delle donne, come le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni precoci e forzati, all'interno di un obiettivo più ampio sull'uguaglianza di genere e l'empowerment femminile.
ActionAid da anni lavora in diversi Paesi dell'Africa e dell'Asia per prevenire e contrastare questa pratica e ha espresso soddisfazione per l'adozione della risoluzione, che sarà un ulteriore strumento di pressione perché in tutti i Paesi del mondo di adottino strategie efficaci per la lotta ai matrimoni precoci e forzati.
Anche in Italia abbiamo implementato un progetto sperimentale contro i matrimoni forzati insieme all'associazione Trama di Terre e grazie a un finanziamento della Fondazione Vodafone. Il progetto ha incontrato non poche difficoltà proprio a causa della scarsa conoscenza e presa in carico del problema da parte delle istituzioni nazionali e locali. È però anche grazie al nostro progetto se il governo italiano ha iniziato a interrogarsi sull'entità del fenomeno in Italia finanziando una prima indagine conoscitiva, a cui però non sono seguite azioni che portino a sperare in una strategia di azione futura.
Da poco è stato infatti approvato il nuovo Piano d'azione nazionale straordinario contro la violenza sulle donne che non contiene riferimento alcuno ai matrimoni forzati. E questo nonostante in più occasioni l'Italia abbia fatto vanto dell'essere stata tra i primi Paesi a ratificare la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne e la violenza domestica (meglio nota come Convenzione di Istanbul), che include i matrimoni forzati tra le forme di violenza da combattere. Un paradosso visto che l'Italia è stata promotrice insieme alla Sierra Leone della risoluzione contro i matrimoni precoci e forzati approvata dal Consiglio dell'ONU per i Diritti Umani.
Le mozioni approvate in questi giorni in Parlamento presentano a loro volta dei limiti: se nella discussione in Assemblea alcuni interventi hanno messo l'accento sulla prevenzione dei matrimoni precoci e forzati, manca forza su questo aspetto negli impegni richiesti al governo in entrambi i testi finali.
Una delle mozioni prevede l'introduzione di un reato, che non potrà portare a dei risultati senza una solida strategia volta a prevenire il fenomeno. Il fenomeno va visto inoltre come problema globale anche per le azioni concrete che si chiede di implementare: se è positiva la richiesta di finanziamenti ad interventi di cooperazione internazionale allo sviluppo per prevenire e contrastare la pratica e di uno sforzo maggiore dell'Italia nel promuovere una campagna globale di sensibilizzazione sul fenomeno, è necessario che il governo s'impegni su questo fronte anche all'interno dei suoi confini. Su questo nessuna delle due mozioni presenta richieste specifiche.
Se forse in Italia vi è oggi maggiore consapevolezza sulla violenza contro le donne, resta da cambiare l'approccio al problema, partendo dal riconoscere innanzitutto che si tratta di un fenomeno strutturale e globale, che richiede interventi adeguatamente finanziati - sia a livello nazionale, sia a livello di cooperazione allo sviluppo - volti in primis alla prevenzione e alla tolleranza zero verso ogni sua forma.