#FreeThe20 per liberare le donne prigioniere. La diplomazia umanitaria di cui ha bisogno anche l'Italia | Paola Diana
Qualche giorno fa è successa una cosa molto importante a livello di diplomazia internazionale, che purtroppo è passata quasi inosservata in Italia. Si tratta di una campagna umanitaria: #FreeThe20 portata avanti dal governo degli Stati Uniti grazie alla brava Samantha Power, Ambasciatrice Usa all'Onu. Nella sostanza il governo americano chiede la liberazione di 20 donne prigioniere politiche nel mondo. "Nel nominarle" dice la Power "stiamo inviando un messaggio ai loro governi e ad altri come loro: se volete spronare e dare potere alle donne, smettetela di imprigionarle. Non private le vostre società e il mondo della voce di queste donne." La campagna #FreeThe20 avrà un forte valore mediatico e farà luce sulle storie di queste attiviste che hanno passato una vita a lottare non solo per i diritti delle donne ma per i diritti di tutti gli esseri umani, e che per questo sono state private della loro libertà.
Queste 20 costituiscono solo una piccolissima parte di tutte le donne imprigionate nel mondo per gli stessi motivi, ma questa campagna, per la prima volta improntata a una questione di genere, potrà essere l'apripista di altre campagne internazionali e potrà ispirare i governi di altri Paesi e farli agire di conseguenza. L'iniziativa è stata promossa per onorare il ventesimo anniversario dalla storica Conferenza di Beijin del 1995 sui diritti delle donne e la nuova Conferenza che si svolgerà a New York il 27 settembre per portare avanti i principi della Dichiarazione di Beijin e trovare nuovi modi per affermare la parità di genere nel mondo, parità che stenta ad affermarsi con conseguenze disastrose per le nostre società.
L'Ambasciatrice Power ha sostenuto che le voci di queste donne non potranno essere udite a New York, a causa del loro ingiusto imprigionamento, arrecando così un grave danno al dibattito che si terrà e alle conclusioni che verranno prese. La loro voce è considerata importante per i destini del mondo, per questo il governo degli Stati Uniti ha deciso di abbandonare gli interessi di comodo della real politick per abbracciare una diplomazia umanitaria in chiave femminista che speriamo possa essere l'inizio di una nuova era.
La prima delle 20 prigioniere nominate è Wang Yu, un'avvocata cinese di 44 anni che difendeva donne incriminate e detenute ingiustamente che nessun avvocato aveva il coraggio di difendere. Per questo Wang è stata imprigionata e come lei anche suo marito e il figlio di 16 anni. Per questo Wang ha subito violenze, minacce e attacchi alla sua reputazione volti a screditarla e ad infangare il suo nome. Il governo degli Stati Uniti sta dunque puntando il dito contro una grave mancanza di rispetto dei diritti umani portata avanti dal governo Cinese e da altri governi. Cosa faranno le altre democrazie occidentali? Faranno finta di niente o si schiereranno a favore di Wang Yu e di tutte le detenute come lei? Sappiamo bene che la pressione politica internazionale e mediatica può fare molto per liberare prigionieri nei vari Stati e cambiare le loro leggi. Iniziamo ad usarla per salvare le donne.
Purtroppo in Italia siamo lontani anni luce da queste prese di posizione, non solo a livello politico, anche a livello di iniziative di privati. A proposito di Conferenze internazionali in cui la voce delle donne è considerata fondamentale, è con grande dispiacere che segnalo come il Forum The European House - Ambrosetti a Villa D'Este di Cernobbio che si terrà dal 4 al 6 settembre con il titolo "Lo scenario di oggi e di domani per le strategie competitive" avrà un'esigua partecipazione di relatrici donne. Un misero 14%, per la precisione 8 donne su 57 relatori, potrà far sentire la sua voce e dare il suo apporto alla discussione. Come si possa pensare di portare innovazione in un sistema che si è rivelato fallimentare anche perché ha escluso la metà del cielo dai suoi processi decisionali, è francamente incomprensibile. E' come se un cervello usasse solo la su parte destra. Non funzionerebbe di certo bene.
In Italia abbiamo un disperato bisogno di buone pratiche e di modelli di riferimento in merito all'empowerment delle donne e alla piena affermazione dei loro diritti. Il nostro Think Tank di maggior rilievo dovrebbe dare questo esempio, non solo a parole, ma nei fatti. Spero che nessuno obietti che non si potevano trovare più di 8 relatrici a livello mondiale per le tematiche in oggetto, perché si ricoprirebbe di ridicolo. In questo caso, come in politica, è solo una questione di volontà e di coraggio, come dice Don Abbondio "se uno il coraggio non ce l'ha non se lo può dare", ma se uno la volontà non ce l'ha se la potrebbe dare, per una giusta causa.