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#LaGrandeMadre, l’archetipo ritorna con le conquiste femminili del ’900

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

VERSO IL TEMPO DELLE DONNE - Passeggiate d'autore alla Grande Madre

Continuano con il diritto nostri itinerari tematici alla mostra. Prenotate e venite: Vi aspettiamo a Palazzo Reale

image«Le leggi che hanno accompagnato le trasformazioni»:questo il tema scelto da marina Calloni, docente di Filosofia politica e sociale all’università Milano-Bicoca, per la sua passeggiata d’autrice, domani alle ore 18.30 al Palazzo Reale di Milano, all’interno della mostra #LaGrandeMadre, a cura di Massimiliano Gioni, promossa dal Comune di Milano|Cultura ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi assieme a Palazzo reale per ExpoinCittà2015. Ogni settimana, un esperto-autore/autrice del Corriere della Sera accompa un piccolo gruppo di visitatori, illustrando un percorso parallelo al contesto espositivo. Dalla letteratura alla storia del costume, dall’empowerment femminile al grande schermo. Ogni passeggiata è un’occasione per un viaggio in un secolo di scontri e cambiamenti tra emancipazione e tradizione.

Ecco la presentazione della passeggiata di domani. 

All’inizio era la Grande Madre. È con questa possente figura evocativa che viene introdotta la mostra di Palazzo Reale. Raffigurata in diverse culture arcaiche come ieratica maestosità, la Grande Madre acquista un potente significato rappresentativo anche nel nostro presente. Rimanda infatti non solo a immagini archeologiche che ricordano un passato incompiuto; riattualizza piuttosto persistenti immaginari collettivi che nessuna oppressione ha mai potuto cancellare. Col simbolo del nutrimento e della potenza procreativa, la Grande Madre è rimasta, infatti, intatta nei miti della terra, nella periodicità delle fasi lunari, nella riluttanza verso credenze che sembravano essere contro-intuitive. Le grandi religioni rimandano del resto a una genesi maschile del creato che sembra contraddire ciò che verifichiamo in natura. Ma se all’inizio vigesse il matriarcato, non ci è dato sapere.

Attraversando opere di diverso «genere», sia come tipologie che come sessuazione degli autori/ autrici, la mostra ci veicola nel cambiamento degli immaginari collettivi e nell’emersione del rimosso. L’arte diventa quel costrutto simbolico che attraverso artifici ci porta a comprendere il mondo secondo nuove visioni e prospezioni.

Percorrere i tanti saloni della mostra significa immergersi nel flusso antropologico e nella riflessione filosofica di una complessa storia mondiale, dove uomini e donne sono venuti a rappresentare e a capovolgere consuetudinarie visioni del mondo, sovvertendo tradizionali ruoli di genere, così come l’idea stessa di mascolinità e femminilità.

L’arte diventa quella forza dirompente e sovversiva che ci mostra in controluce la dialettica abbagliante di una realtà ormai corrosa e insieme di una realtà ormai incipiente. Il secolo scorso, il Novecento – breve o lungo, che a dir si voglia -,  ci appare così tanto nella sua drammaticità, quanto nella sua straordinarietà per via del condensato di avvenimenti e trasformazioni che l’hanno caratterizzato. Guerre mondiali, atrocità e genocidi si sono succeduti ininterrottamente con conquiste sociali, scoperte scientifiche e invenzioni tecnologiche.

La mostra può essere dunque motivo di innumerevoli e diversificate letture, a partire dalla sua consistenza artistica. Nella filigrana di questo quadro estetico, si possono in particolare leggere quegli ambivalenti processi – culturali, sociali, economici e politici – che hanno portato non solo al riconoscimento dei diritti alle e delle donne, alla promozione di leggi attuative e allo sviluppo di politiche sociali adeguate, bensì anche alla trasformazione di immaginari connessi alla maternità e al controllo/ desiderio riproduttivo. La maternità non diventa più necessaria o legata alla sofferenza del parto come una conseguenza predestinata del matrimonio. Diventa una libera scelta, nell’atto del controllo procreativo, della negazione di una gravidanza indesiderata o del desiderio di avere figli, in contrasto con una biologia riluttante. Le opere di artiste sono dunque foriere di una nuova concezione secolarizzata della libertà di azione e di espressione, oltre che di una politica della presenza che si manifesta attraverso azioni sociali e pratiche performative.

Il cubismo e il surrealismo, che avevano dissolto figure umane e scomposto mondi, vengono a loro volta frantumati da disgregazioni rivoluzionarie. E avviene così che Picasso – artista tanto acclamato quanto uomo freddo e violento – viene evocato in modo irriverente da Dora Maar (costantemente umiliata da lui), nella disgustosa figura di un animale. L’uomo vitruviano di Leonardo che ritraeva il corpo maschile come la misura di ogni cosa, è completamente smontato sotto la visione di un corpo femminile inedito, non più solo ridotto a madre o prostituta. Del resto, il segno dell’ombelico costituisce l’impronta della nostra natalità da donna, che noi ci portiamo appresso quotidianamente.

La passeggiata alla mostra intende dunque commentare alcuni punti salienti della storia delle donne a partire dal Novecento, ma che trae le proprie origini nella notte dei tempi. Si tratta di una storia che vede nei diritti e nelle leggi non solo la pretesa formale di essere riconosciute come cittadine, bensì la richiesta sostanziale di essere rispettate pienamente come esseri umani. I quadri esposti rimandano dunque a questo sfondo epocale in cambiamento, alla pretesa di riconoscimento e di rispetto tanto nei luoghi pubblici, quanto negli spazi privati, così come al diritto di esprimere le proprie capacità e le facoltà trasformative insite nell’immaginazione produttiva. Ora si parte da sé, dalle proprie emozioni e capacità, non assecondando le rappresentazioni che delle donne erano state fatte per secoli. Guardarsi con i propri occhi ci induce a parlare di una diversa realtà di individui e di comunità. Ci parla delle masse femminili come lavoratrici e come attiviste che riempiono luoghi prima a loro preclusi. Ci mostra nuovi spazi e movimenti, ci rimanda a piazze e associazioni, a fabbriche e a uffici, ci induce a ricomporre il senso della politica e della società, ci induce cioè a curare una democrazia dimidiata e offesa. L’arte contribuisce a cambiare la percezione del mondo, così come nuovi immaginari sociali introdotti dalle lotte delle donne diventano la cifra del cambiamento sociale.

Percorrendo la mostra, si può dunque intravedere il succedersi di diverse generazioni di diritti: dalla richiesta del suffragio universale («No Gods, No Masters»), alla libertà sessuale, all’aborto, alle politiche delle pari opportunità fino alla libertà riproduttiva. Essere cittadine e lavoratrici sono le facce di una stessa medaglia. Ma con ciò la «donna moderna» diventa anche oggetto di consumo e soggetto di commercio.

Le molteplici immagini che rievocano la maternità attraverso differenti modalità espressive e riferimenti anatomici ci conducono a ripensare l’idea di natalità, o meglio la concezione stessa del mettere al mondo persone e cose, attraverso la creazione di luoghi nuovi di pensiero e di azione.

Opere di artisti e di artiste si susseguono dunque senza soluzione di continuità l’una dopo l’altra, attraverso il filo narrativo della maternità, fino a «confondersi» nell’atto stesso dell’essere nati. «Di chi è questo quadro?», ci si chiede talvolta, «È di un uomo o di una donna?». La mostra mette in effetti in luce complesse identità di genere, tant’è che alla fine viene il sospetto che la liberazione della donna sia stata possibile anche grazie alla stanchezza degli uomini di vivere la loro mascolinità come costrizione del morire per la patria o dell’obbligo di essere forti e anaffettivi, tanto da diventare violenti come espressione massima della debolezza. Anche Isaac Azimov ci ricorda che «La violenza è l’ultimo rifugio degli incapaci» (da Cronache della galassia). Il potere incombente, pacificante e archetipale della Grande Madre prevale qui ancora una volta. Parlare di maternità significa dunque evocare anche la natalità di mondi non-violenti.

 

L’IMMAGINE

Una statua arcaica della Grande Madre, dall’archivio Fröbe-Kapteyn

 

INFO 

Tutte le passeggiate d’autore riservate a massimo 20 persone sono gratuite, da prenotare con il coupon del ViviMilano in edicola ogni mercoledì. 

Punto di incontro ore 18.30 alle biglietterie del Piano Nobile di Palazzo Reale, dove il personale riconoscibile dal cartello «Passeggiate alla Grande Madre – Verso il Tempo delle Donne – ViviMilano» vi agevolerà nell’acquisto del biglietto per la mostra. 

Costi: intero 8 euro, ridotto 5 euro

La passeggiata dura un’ora. A seguire, visitatrici e visitatori potranno continuare a visitare la mostra in libertà fino alle 22.30 

 

GLI APPUNTAMENTI 

Giovedì 24 settembre Le leggi che hanno accompagnato le trasformazionicon Marina Calloni

Giovedì 8 ottobreSchermi come specchi: ri-guardarsi e riconoscersi al cinemacon Stefania Ulivi 

Giovedì 22 ottobreI diritti delle donne: dall’esclusione alla parità, 3000 anni di storiecon Eva Cantarella 

Giovedì 29 ottobreIl lavoro che cambia insieme alle donnecon Rita Querzè

Giovedì 5 novembre Come eravamo: altri comportamenti altre idee. Così è cambiato il costumecon Diamante D’Alessio

 

 

 

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