Festival dei Diritti Umani: contro la discriminazione delle donne nel mondo
Il filo conduttore è il "non diritto di essere donna". Più della metà della popolazione femminile subisce vistose violazioni dei propri diritti: dalle spose-bambine alle mutilazioni genitali, dalle discriminazioni sul lavoro al mancato accesso all'istruzione.
"En Transito" riguarda la realtà di migliaia di madri latino-americane, costrette ad andare da sole in Europa alla ricerca di una stabilità economica. La migrazione costretta delle madri ha le conseguenze nella relazione transnazionale con i figli: situazioni estreme di cui non si parla o che non si conoscono, ma che hanno ripercussioni significative per tutta la loro vita. Il documentario per la regia di Oskar Tejedor è in concorso al "Festival dei Diritti Umani" alla Triennale di Milano Si parte il 3 maggio con l'intervento di don Luigi Ciotti sul tema "Il coraggio delle donne che si ribellano alla mafia": all'incontro partecipano le protagoniste del film proiettato "Lea" di Marco Tullio Giordana, che racconta la storia di Lea Garofalo uccisa per essersi ribellata all' 'ndrangheta di cui la famiglia faceva parte. Mentre il 4 maggio sarà presente Nadia Murad, la giovane donna yazeeda scappata dall’Isis dopo mesi di schiavitù e ora portavoce dell’ organizzazione internazionale Yazda . Nella giornata di venerdì lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua che terrà una lectio magistralis sul tema “Dalle donne ebree alle donne d’Israele”.
Un’attenzione particolare sarà dedicata alla Tunisia, Paese scelto come esempio virtuoso per come sta superando, non senza difficoltà, una complicata crisi politico-istituzionale, e che ha varato la Costituzione più progressista del mondo islamico in tema di diritti delle donne. Come milioni di ragazze nel mondo, Heba è costretta a sposare un uomo che non ha scelto. In un paesino isolato sul delta del Nilo la ragazza abita insieme alla sua famiglia. Girato nel 2013, quando l’Egitto era guidato dai Fratelli Musulmani, questo film affronta direttamente e in modo struggente la storia di Heba condivisa da molte altre giovani donne. Utilizzando un approccio essenziale che risulta essere discreto e onnisciente, ponderato e spontaneo, il lungometraggio rivela la profonda confusione di un Egitto in crisi. Il documentario per la regia di Edouard Mills-Affif è in concorso al "Festival dei Diritti Umani" alla Triennale di Milano «Si può parlare di diritti umani quando la guerra ti entra in casa. Proprio quando le grandi disuguaglianze aumentano, gli scontri di civiltà vengono aizzati e gli antichi problemi invadono la nostra sfera privata è sano capire cosa e perché sta succedendo, invece che alimentare stereotipi e paure. Il festival nasce con questi obiettivi», ha detto il direttore Danilo De Biasio.
La sei giorni prevede anche una sezione dedicata agli studenti, organizzata con la collaborazione del Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti (Cidi). In calendario ci saranno proiezioni di documentari selezionati tra le migliori rassegne internazionali dall’ Associazione Sole Luna - Un ponte tra le culture, e una selezione di lungometraggi di finzione e documentari. Questi sono stati scelti da Vanessa Tonnini, programmer e direttrice artistica del Festival Rendez-Vous , dedicato al nuovo cinema francese.
Il Festival dei Diritti Umani propone inoltre il contest fotografico#ioalzolosguardo che per finanzarsi si servirà di una piattaforma crowdfunding (aperta fino all'8 giugno). Il progetto che ha come obiettivo promuovere una narrazione visiva di qualità e premierà al termine del festival una proposta di reportage fotografico.In collaborazione con Amnesty International Italia , il festival ospiterà anche la prima tappa della mostra fotografica itinerante sui diritti delle donne e i matrimoni precoci e forzati in Burkina Faso. La mostra comprende gli ultimi scatti di Leila Alaoui – la fotografa marocchina rimasta uccisa nell’attentato di gennaio 2016 a Ouagadougou, dove si trovava proprio per il lavoro commissionato da Amnesty International.
«Io alzo lo sguardo. Il Festival dei Diritti Umani ha scelto questo slogan per la sua prima edizione - ha concluso De Biasio - per spronare a non voltarsi dall’altra parte, a non subire, ma anche ad aprirsi al mondo».