la storia delle italiane nel '900
Il '900 è stato il secolo dell’emancipazione femminile, ora è tempo di parità dei sessi: non bastano i diritti, anche la società, uomini per primi, devono emanciparsi.
Senza l'effettiva parità dei sessi, l'emancipazione femminile non basta a garantire un mondo dove donne e uomini sono uguali.
Emancipazione femminile: il Ventennio
Sono gli anni del Fascismo prima e della Guerra poi, in cui c’è poco da scherzare: 52 anni, la speranza di vita per le donne e 12,6% la mortalità infantile. Ma sono anche gli anni in cui il frigo rimpiazza la ghiacciaia e le donne iniziano a fare la spesa e quelli in cui la lavatrice rivoluziona le giornate, liberando le donne (e i figli) dall’incubo di bollire i vestiti per lavarli. Le donne hanno tempo per pensare e senza chiedere il permesso, di agire.
Donna (quasi) emancipata: il dopoguerra
La guerra le porta sulle montagne, come partigiane. L'Italia resiste, esce dal conflitto e il 2 giugno 1946 le porta alle urne: la battaglia per il diritto di voto alle donne è compiuta. La nuova Costituzione riscrive le regole di un Paese da ricostruire in cui: “La donna lavoratrice - recita l’articolo 37 - ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore”. Tuttavia restano da modificare il Codice di Famiglia e quello Penale, ma il fermento è tale che l’emancipazione segue altre vie. L’aspettativa di vita sale a 67,9 anni, la mortalità infantile si dimezza, per le strade arrivano la Vespa e la 500, nei bar e nei ristoranti la tv e nel paniere Istat del 1954 entra l'universo mondo. Affettati, pesce, formaggi assortiti, verdure, frutta, noce moscata, sciroppi, vino e acqua gassata, tv, radio, frigo, elettrodomestici, vocabolario, lezioni di lingue straniere, messa in piega, brillantina, aspirina, sigari toscani, auto, benzina, lavanderia, doccia, canone rai, camere d'albergo, cinematografo, partite di calcio, spese per intermediazioni finanziarie, articoli fotografici, servizi funebri. Dal necessario si passa al superfluo e la donna degli anni '50 sguazza felice nella sua nuova (in teoria) parità.
Lotta femminile: dal ’69 all’aborto
L'emancipazione delle donne fa passi da gigante negli anni '70, grazie ai Radicali.
Insieme al boom nasce la classe operaia, le università si popolano di giovani (donne comprese) nati tra il 1946 e il 1955, educati da genitori che hanno liberato il Paese dalla guerra e decisi a raccoglierne l'eredità: liberarlo dai lacci e lacciuoli che ancora imbrigliano la società. A metà degli anni Sessanta, la giovane siciliana Franca Viola diventa il simbolo dell'emancipazione femminile rifiutandosi di sposare l'uomo che l'aveva rapita e violentata per otto giorni con il preciso intento di costringerla al matrimonio riparatore. Anche se l’abolizione dell'articolo 544 (quello che annullava il reato di violenza sessuale se il carnefice sposava la vittima), risale al 1981, il suo coraggio anima quello di milioni di altre donne. Arrivano gli anni dell’Autunno caldo del '69, delle contestazioni studentesche e dei movimenti femministi. Debuttano il Fronte Italiano di Liberazione Femminile e il Movimento per la Liberazione della Donna, braccio attivo del Partito Radicale che reclama il divorzio, la legalizzazione dell’aborto, più informazione a proposito di metodi anticoncezionali e la creazione di asili nido. Al motto di “il corpo è mio e me lo gestisco io” le donne scendono in piazza pretendendo quell’emancipazione che, per la prima volta nella storia, vede (parecchi) uomini dalla loro parte. Nel frattempo l’aspettativa di vita sale a 76 anni: c’è tutto il tempo per fare le battaglie.La donna oggi: emancipata e imbrigliata
Donne di fatto (ma non di diritto): la violenza degli uomini
È il 1981 l’anno in cui il delitto d’onore viene cancellato dal Codice Penale. Eppure, ad oggi, le donne continuano a morire per mano di uomini che le considerano loro proprietà. Negli ultimi dieci anni è successo 1740 volte, per lo più tra le mura domestiche (1251) e per lo più sono state uccise dal compagno (846) o dall’ex (224). Eppure qualcosa sta cambiando, soprattutto tra le donne, sempre più consapevoli che l’emancipazione dipende anche da loro: “È diminuita la violenza sulle donne, ma la parte meno grave - scrive su La Stampa Linda Laura Sabbadini, ex dirigente dell’Istat e pioniera delle statistiche di genere - permane invece lo zoccolo duro, quello degli stupri e dei femminicidi. È aumentata la coscienza femminile: sono di più le donne che hanno subito violenza a considerarla un reato; sono di più le donne che riescono a prevenirla o a interrompere la relazione prima che la spirale si stringa troppo attorno a loro. Le donne ne parlano di più con gli altri, si attivano, aumentano le denunce, anche se sono sempre una piccola percentuale del totale, si recano di più presso i centri antiviolenza, i pronto soccorso. Ma i dati dicono anche qualcosa di inquietante, che aumenta la gravità della violenza subita, e in particolare la quota di donne che riferiscono di aver temuto per la propria vita. Come a dire che la maggiore libertà femminile, scatena una reazione maschile più grave ed efferata”. Ecco perché, conclude la Sabbadini, è ora di dire basta, “con la scuola che se ne tiene fuori, e non prepara le ragazze a prevenire la violenza, a riconoscerla e i ragazzi e le ragazze a come relazionarsi tra i sessi. Abbiamo bisogno di una grande battaglia culturale di lungo periodo”. Non basta più (solo) l'emancipazione femminile: oggi serve quella degli uomini, dello Stato e della società. È arrivato il momento della parità, senza se e senza ma: l'aspettativa di vita ha superato gli 85 anni, abbastanza per diventare saggi e tutti uguali.