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Amnesty International: salvare la sposa bambina iraniana condannata a morte

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

ROMA - Un solo giorno per fermare l'ennesima atrocità su una donna. Amnesty International lancia l'appello: chiedere alle autorità di Teheran di sospendere l'esecuzione tramite impiccagione, prevista già da domani 13 ottobre, di Zeinab Sekaanvand, una donna curdo-iraniana di 22 anni, condannata per aver ucciso il marito.  Zeinab Sekaanvand è una delle 15 milioni di minorenni costrette ogni anno al matrimonio, come riporta il rapporto dell'Unicef diffuso in occasione della Giornata mondiale delle bambine e delle ragazze celebrata l'11 ottobre.Ecco i dati forniti dall'Oms nel 2013Nel 2012, all'epoca dell'omicidio e dell'arresto, Zeinab aveva 17 anni. Sposata con un uomo molto più grande di lei, a soli 15 anni, aveva dovuto rinunciare, come le oltre 700 milioni di spose bambine nel mondo, ai sogni, all'istruzione, ad una sana crescita e sviluppo. La giovane, dopo l'arresto, aveva confessato di aver accoltellato il marito dopo mesi di violenza psicologica e fisica e dopo che l'uomo aveva ripetutamente rifiutato di concederle il divorzio.La sua testimonianza però, secondo quanto riportato da Amnesty, non può essere considerata spontanea: Zeinab era stata trattenuta per 20 giorni in una stazione di polizia, dove - secondo quanto ha denunciato - era stata picchiata da agenti di sesso maschile. Durante il processo non aveva potuto avere il supporto di un avvocato, se non nell'ultima udienza. Inoltre tutto l'iter giudiziario era stato caratterizzato da gravi irregolarità. 
"Questo caso è estremamente inquietante. Intanto, Zeinab Sekaanvand aveva meno di 18 anni al momento del reato. Inoltre, prima del processo le è stato impedito di avere un avvocato e ha anche dichiarato di essere stata torturata da agenti di sesso maschile su ogni parte del corpo - ha dichiarato Philip Luther, del programma Medio Oriente e Africa del Norddi Amnesty International - Il continuo ricorso alla pena di morte contro rei minorenni dimostra come le autorità iraniane disprezzino persino gli impegni presi ufficialmente. Chiediamo che la condanna sia annullata e che Zeinab Sekaanvand sia nuovamente processata, senza infliggerle la pena di morte e nel rispetto dei principi della giustizia minorile".

Amnesty, accendendo i riflettori sulla storia di Zeinab, chiede non solo di applicare una giusta legge, sospendere la condanna a morte e iniziare un regolare processo, ma di mettere un freno alle continue vessazioni e discriminazioni sulle donne, dentro e fuori il matrimonio.

La storia della giovane curdo-iraniana non è infatti solo uno dei milioni di casi di spose bambine, ma è anche la testimonianza della mancanza dei diritti delle donne le cui voci, ancora in molti Paesi, rimangono isolate e inascoltate.

Durante l'ultima udienza la ragazza infatti, finalmente in presenza di un avvocato, aveva dato una versione diversa dell'omicidio, riporta Amnesty. Ad aver ucciso il marito sarebbe stato il fratello di quest'ultimo: il vero assassino che, in passato, l'aveva più volte violentata e l'aveva anche convinta ad assumersi la responsabilità del fatto, promettendole che l'avrebbe perdonata (secondo la legge islamica, i parenti di una vittima di omicidio possono perdonare l'assassino in cambio di un risarcimento). Queste dichiarazioni furono ignorate. Così, il 22 ottobre 2014, la seconda sezione del tribunale penale della provincia dell'Azerbaigian occidentale aveva condannato a morte Zeinab secondo il criterio della "pena equivalente". In seguito la sentenza era stata confermata dalla settima sezione della Corte suprema. I due tribunali non avevano tenuto conto delle linee guida contenute nel codice penale islamico del 2013: non avevano disposto una perizia medica per valutare "lo sviluppo mentale e la maturità" dell'imputata al momento del reato e non l'avevano informata che, come previsto dalla legge iraniana, avrebbe potuto chiedere un nuovo processo.

Il diritto internazionale, a cominciare dalla convenzione sui diritti dell'infanzia, vieta l'uso della pena di morte nei confronti di persone che hanno commesso un reato quando avevano meno di 18 anni. Da quanto riportato da Amnesty, nel codice penale iraniano sono praticamente assenti le garanzie previste dal diritto internazionale a favore degli imputati minorenni e anche la parziale garanzia che un condannato, per un reato commesso da minorenne, possa chiedere un nuovo processo viene spesso ignorata. Inoltre, la Repubblica islamica, in quanto Stato parte della convenzione sui diritti dell'infanzia e del patto internazionale sui diritti civili e politici, è giuridicamente vincolato a considerare minorenni le persone al di sotto dei 18 anni e ad assicurare che non vengano mai condannate a morte né all'ergastolo senza possibilità di rilascio anticipato.

Infine, sulla base della legge iraniana, le persone condannate alla "pena equivalente" non hanno il diritto di chiedere la grazia o la commutazione della pena, come invece previsto dall'articolo 6.4 del patto internazionale sui diritti civili e politici. Zeinab è stata condannata a morte proprio secondo il criterio della "pena equivalente" e la sua sorte sembrerebbe quindi segnata.

L'appello di Amesty suona forte e chiaro: un solo giorno per salvare Zeinab e dare anche speranza a tutte le donne vittime di violenza nel mondo.

Le statistiche Unicef del 2012

Argomenti:
discriminazione
Spose bambine
amnesty international
giornata mondiale delle bambine e delle ragazze
Convenzione sui diritti dell'infanzia
Protagonisti:
Philip Luther

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