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Marine Le Pen, una leader femminista?

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Da quando ha strappato le redini del Front National al padre, Marine Le Pen ha rivoluzionato gli equilibri interni al suo partito e l’intero sistema politico francese.

Una rivoluzione rosa, perlomeno a livello di immagine, capeggiata da una donna libera, che porta il nome del padre, divorziata due volte, che ha cresciuto da sola i suoi tre figli, che ora vive con il suo compagno e che può vantare una carriera professionale di indubbio successo.

Una donna che, quando le viene chiesto se sia femminista, risponde dicendo: “Constato che c’è un certo numero di diritti della donna che è ritirata, sotto l’attacco del fondamentalismo islamico e, quel che è peggio, ciò avviene nell’indifferenza totale di coloro che si dicono femministi”.

È un femminismo tutto in chiave anti-islamica quello di Marine Le Pen. Già all’inizio dell’anno, dopo i disordini di Colonia, che avevano visto più di cento donne aggredite da gruppi di immigrati, la leader del Front National aveva fatto scalpore per il suo editoriale pubblicato su L’Opinion, in cui denunciava: “Ho paura che la crisi migratoria segni la fine dei diritti delle donne”, e lo faceva in quanto “donna francese, libera, che aveva potuto godere per tutta la vita dei diritti per i quali le nostre madri e le nostre nonne hanno lottato”.

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In quell’occasione, i suoi detrattori la tacciarono di opportunismo, accusandola di essere femminista solo nella misura in cui questo gli permette di scagliarsi contro l’Islam e l’immigrazione. Così come di facciata sarebbe il suo sostegno, ribadito a più riprese, a favore di gay ed ebrei, di fronte alla violenza dell’estremismo islamico. A detta dei critici, il fine ultimo di Le Pen non sarebbe quindi la libertà delle donne, gay o altre minoranze, ma bloccarel’immigrazione, ristabilire le frontiere e promuovere un’identità nazionale omogenea.

Una cosa è certa: per arrivare all’Eliseo, Marine non può fare a meno del voto delle donne, che costituiscono la maggioranza della popolazione e che sono più propense a recarsi alle urne rispetto agli uomini.

La strategia con cui il Front National cerca di sedurle è chiara. “Difendere i diritti delle donne non è né dire loro di stare a casa né condannarle ad essere l’ultima ruota del carro ultraliberista”, ha dichiarato Le Pen in una recente intervista. Il riferimento chiaro è alla progetto di introdurre un’indennità di maternità, cavallo di battaglia delle politiche familiari frontiste, che dovrebbe consentire alle madri di restare a casa i primi tre anni di vita del bambino, percependo l’80 per cento del salario minimo garantito.

Una proposta che potrebbe fare gola ad alcune donne, ma che secondo i critici di Le Pen non sarebbe altro che una mossa subdola per inchiodarle là dove le voleva Le Pen padre, è cioè, in casa, e, più di preciso, in cucina.

Critici che chiedono conto a Le Pen del suo impegno in materia di parità salariale tra uomo e donna, facendo notare che, al di là dei buoni propositi rilanciati ad ogni intervista, il comportamento in aula dei deputata frontisti vada proprio nella direzione opposta. In Parlamento europeo, ad esempio, FN ha votato negli ultimi anni contro due rapporti sull’uguaglianza tra uomo e donna, il rapporto Estrela, del 2013, e il rapportoZuber, del 2014. All’Assemblea Nazionale, i due deputati di estrema destra, la nipote di Le Pen, Marion Marèchal, e Gilbert Collard, sono riusciti a fare di peggio, votando contro svariate leggi a difesa delle donne, come la legge sulle molestie sessuali, quella per penalizzare i clienti delle prostitute, o contro misure mirate a rinforzare il diritto all’aborto.

Marine si difende, millantando nuove proposte a sostegno delle donne che saranno incluse nel suo programma per le elezioni presidenziali del 2017. Proposte che, però, si guarda bene dall’enunciare. Le avrà dimenticate in un cassetto in cucina?

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