La Casa delle donne di Ravenna, un presidio per fare crescere la cultura di genere
Il 25 novembre prossimo è la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Secondo una statistica agghiacciante, il 35 per cento delle donne nel mondo ha subito violenza, due terzi delle vittime degli omicidi commessi fra le mura domestiche sono donne. In Italia nei primi mesi del 2016 le donne vittime di femminicidio sono state oltre una trentina. Partendo proprio dal tema del contrasto alla violenza sulle donne e al femminicidio come primo passo indispensabile per un rapporto civile tra i generi, è iniziato un percorso delle associazioni femminili e femministe che quattro anni fa ha portato alla nascita, a Ravenna, della “Casa delle donne”. Ne parliamo con la coordinatrice Barbara Domenichini.
Potere delle coincidenze: la chiacchierata con Barbara avviene mentre stanno volgendo al termine le maratone delle varie reti televisive sulle elezioni americane. Il dato non è ancora definitivo, ma ormai c’è la certezza che Hilary Clinton non sarà la prossima presidente degli Stati Uniti. I tempi non sono ancora maturi per una donna alla Casa Bianca.
Allora Barbara cominciamo dall’inizio.
“La Casa delle donne - racconta - nasceva dall’esigenza pratica di trovare una sede per le varie associazioni femminili e femministe e di non disperdere un patrimonio di conoscenza che si era accumulata negli anni, ma anche e soprattutto dalla necessità di portare avanti un percorso politico culturale di genere”.
Si parte come si diceva, dall’idea del femminicidio come atto estremo della violenza sulle donne che ha le sue radici in una cultura che lo alimenta e che in qualche modo lo giustifica. Una cultura fondata su comportamenti che resistono nella quotidianità, nonostante sulla carta si siano fatti passi avanti.
Violenza di genere sono le disuguaglianze sul lavoro, le disparità salariali, le molestie in ufficio, le violenze fisiche e psicologiche alle quali una donna viene sottoposta in famiglia. Violenza di genere sono gli stereotipi e i luoghi comuni. A partire dal linguaggio.
“Consideriamo neutri - dice Barbara - termini che di fatto sono maschili, tanto che a volte arriviamo ad alcuni paradossi. Ad esempio: il Ministro è incinta, o il Sindaco ha partorito. Anche questa è una forma di violenza, quantomeno di svalutazione del genere femminile”.
La “Casa delle donne” arriva dopo un percorso durato praticamente due anni e dopo l’elaborazione di una “Carta degli intenti” sottoscritta da Udi, Linea Rosa, Donne in nero, Coordinamento Donne Spi-Cgil, Rete Donne Cgil, Fondazione Gentes de Yilania, Associazione Femminile Maschile Plurale, Fidapa, Laboratorio di Scrittura “Una stanza tutta per sé” e singole donne che porta la data del 29 novembre del 2010. La carta degli intenti è poi diventata il riferimento dello statuto dell’Associazione Libere donne che gestisce la Casa.
“Sì, abbiamo cominciato ad incontrarci nel 2010 e abbiamo continuato a farlo per parecchio tempo: volevamo mettere bene a fuoco la nostra idea di Casa delle donne. Questo significava che tipo di progetto volevamo fare, come potevamo condividerlo fra noi che venivamo da esperienze e storie differenti e come potevamo coinvolgere la città. Abbiamo presentato il nostro progetto all’Amministrazione comunale di allora: al sindaco Fabrizio Matteucci, alle assessore Giovanna Piaia e Valentina Morigi. Il progetto è piaciuto ed è stato individuato il luogo: l’edificio che si trova in via Maggiore 120 dove condividiamo gli spazi con la Prima Circoscrizione che ha gli uffici al piano terra”.
E da lì siete partite.
“Certo – Barbara sorride – non era la casa dei nostri sogni. Noi la immaginavamo con un giardino e con una grande cucina: perché la cucina in una casa è il luogo della convivialità, dove ci si ritrova insieme. Ma abbiamo accettato questa sede, c’era l’urgenza di incominciare a fare delle cose concrete. Il 9 marzo del 2012 c’è stata l’inaugurazione. La Casa adesso è la sede di Udi, Donne in nero, Fidapa e dell’Associazione Libere Donne che è la titolare dell’accordo con il Comune, ma è un luogo aperto a tutta la città. La Casa è aperta il lunedì, il giovedì e il venerdì dalle 9,30 alle 12; il lunedì e il mercoledì anche dalle 15 alle 18. Senza contare ovviamente le aperture in occasione delle iniziative pubbliche che promuoviamo: mostre, incontri, presentazioni di libri...”.
Cosa prevede l’accordo con l’Amministrazione comunale?
“Ci impegna appunto a tenere aperta la Casa, ad organizzare eventi pubblici, a gestire la biblioteca specializzata su questioni femminili che si trova nella sede e che contiene anche materiale e documenti storici di una certa importanza. Da parte sua il Comune si impegna a darci i locali gratuitamente; mentre siamo noi che dobbiamo finanziarci i vari progetti. Lo facciamo con iniziative di autofinanziamento e le iscrizioni. Dal 2012 si sono iscritte 420 donne. Mentre come socie attive siamo una trentina”.
IL 25 NOVEMBRE
Quest’anno gli appuntamenti che ruotano attorno alla giornata del 25 novembre sono particolarmente numerosi e utilizzano linguaggi diversi. Da una nota diffusa un paio di settimane fa dal Comune di Ravenna: “una ventina di associazioni coinvolte, 500 studenti che parteciperanno agli appuntamenti promossi nelle loro scuole: una quarantina di negozi impegnati a sostenere anche economicamente le varie iniziative…”. Numeri importanti insomma.
“Si è creata una rete forte. Del resto per incidere bisogna essere visibili. Il tema della violenza alle donne viene affrontato ancora con troppa superficialità, c’è una sottovalutazione delle diverse implicazioni sociali e culturali del fenomeno che lo rendono quasi invisibile nella sua complessità. Le statistiche parlano solo di numeri e percentuali, non ci dicono nulla sulle vittime, chi sono, da dove vengono, non ci dicono nulla dei bambini che rimangono improvvisamente orfani. Non c’è un osservatorio che si occupi di approfondire tutto quello che c’è dietro il femminicidio che finisce per essere considerato il raptus di un momento, un delitto passionale”.
Ci sono quest’anno molte iniziative che coinvolgono gli studenti e i loro insegnanti.
“L’educazione svolge un ruolo fondamentale nel fare crescere una cultura che contrasti la violenza di genere. Sappiamo che molti uomini violenti hanno vissuto a loro volta in contesti familiari violenti. Si crea, insomma, un circolo vizioso. Il problema è: come possiamo interromperlo? Tutto sta proprio lì: nell’educare al rispetto delle persone dell’altro genere e nel fare crescere percorsi culturali che abbiano questo obiettivo. Domenica scorsa alla Casa delle Donne abbiamo fatto un’iniziativa per bambine e bambini dai 4 anni in su. Abbiamo raccontato la storia di Malala, la bambina pakistana premio Nobel per la pace e poi abbiamo giocato ‘a pari e dispari, il gioco del rispetto’. Per fare crescere una società per relazioni, come abbiamo voluto intitolare la nostra rassegna di iniziative in occasione del 25 novembre, si parte anche da qui. Per questo motivo è necessario creare un rapporto con le insegnanti, le scuole, tutti quei soggetti che svolgono il ruolo di educatori”.
Già alcuni decenni fa, in alcune scuole dell’infanzia “più illuminate”, si cercava di educare alla parità dei ruoli le bambine e i bambini. Purtroppo le cose non sono molto cambiate: e tutto questo è molto scoraggiante.
“Qualche giorno fa è morta una grande donna: Tina Anselmi. Lei diceva: ‘Ricordatevi che le conquiste e i diritti non sono mai per sempre’. Soprattutto questo vale per i diritti delle donne. Questo è un grande insegnamento, è la strada maestra da seguire. Si tratta di un percorso faticoso, ma dobbiamo andare avanti. Ogni tanto c’è uno squarcio di sole fra le nuvole che ci dà uno stimolo in più per continuare: si sono rivolte a noi un gruppo di studentesse di Cooperazione internazionale che vogliono svolgere un tirocinio nella nostra struttura”.
NON UNA DI MENO E IL FLASH MOB
Anche la "Casa delle donne" in queste settimane è stata fra le protagoniste di varie iniziative. Quali sono quelle che vi stanno impegnando in questo momento?
“Stiamo lavorando, insieme a Udi, Linea Rosa, Cgil ed Arci per promuovere la partecipazione da Ravenna alla grande manifestazione nazionale del 26 novembre ‘Non una di meno!’ per l’eliminazione della violenza contro le donne. Abbiamo già riempito due pullman: contiamo di portare almeno 100- 150 donne ravennati a Roma. E poi c’è il flash mob contro il femminicidio di venerdì prossimo, 18 novembre. Per questa iniziativa ci siamo ispirate ad un film: ‘Lettere da Berlino’. Il film è ambientato appunto nella Berlino degli anni ’40. All’indomani dell’occupazione di Parigi da parte delle truppe tedesche, una lettera della Wehermacht notifica la morte del figlio sul fronte francese a una coppia di genitori che, disperati, intraprendono un’originale forma di resistenza. Redigono cartoline antinaziste che depositano in luoghi strategici della città con la speranza di risvegliare la coscienza dei tedeschi e porre fine alla follia di Hitler. L’idea ci è piaciuta molto”.
Come è stata tradotta questa idea nel flash mob del 18 novembre?
“Abbiamo fatto stampare un migliaio di cartoline con lo slogan della manifestazione del 26: Non una di meno! Su ogni cartolina scriveremo poi una frase. Ci siamo ritrovate l’altra sera per sceglierle. Ne abbiamo tirato fuori oltre una cinquantina, ma avremmo potuto continuare all’infinito”.
Barbara ci allunga il foglio con l’elenco: sono frasi che riassumono stereotipi sulla condizione femminile, situazioni che ciascuna donna ha dovuto affrontare, che parlano di diritti negati, di disparità ingiuste.
Ad esempio: “Quando guardano solo la foto nel tuo curriculum”, una “frase - rivela Barbara - che ci è stata suggerita dalle studentesse che svolgono il loro tirocinio nella Casa”.
Ma anche frasi come: “Quando ti dicono che l’educazione di genere è il male della nostra società”, in riferimento alla polemica sollevata dal centrodestra che considera perfino dannosa l’educazione di genere nelle scuole.
Nel corso del flash mob al quale hanno aderito il Coordinamento Donne Spi-Cgil e Rete delle Donne Cgil, Arci, Udi e Linea Rosa, saranno distribuite le 1000 cartoline. L’appuntamento quindi è alle 17,30 di venerdì 18 novembre: l’invito a chi partecipa è di indossare qualcosa di rosso.
A cura di Ro. Em.