La crisi del Governo non diventi crisi degli apparati
Durante una crisi di governo capita che possano scivolare nella “crisi” anche le istituzioni. È il caso del pianeta forze dell’ordine dove, da tanti, tantissimi anni, non vengono sciolti nodi importanti a iniziare dalle assunzioni che, a causa della pandemia, renderanno sempre meno “operativi” poliziotti, carabinieri, finanzieri e penitenziari con comprensibili negativi riflessi sulla collettività.
Iniziamo dagli organici, anni addietro la politica pensò bene di ridurre il turn-over degli operatori della sicurezza al 50%. Tema caldo che ha prodotto per anni la seguente domanda: sono troppe le forze dell’ordine nel nostro Paese? La risposta: assistiamo oggi ad un calo generale tra le forze dell’ordine di oltre un -12% che si aggraverà di molto nei prossimi 3-5 anni, con un’età media altissima, la più alta in Europa che “garantisce” un’infinità di nuovi compiti e servizi assicurati grazie ad uno sconfinato stanziamento di ore di straordinario.
Questo perché “non assumere personale” facendo lavorare chi già è in servizio più e più ore costa assai meno. Poco importa se quei lavoratori, sempre più anziani, vanno incontro a maggiori sacrifici sobbarcandosi carichi di lavoro maggiori senza contare gli straordinari sottopagati che spesso “costano” meno di 1 ora di lavoro ordinario.
Stesso dicasi per contratti “strappati” dopo decenni senza poter mai ammodernare istituti che riguardano i diritti delle donne e degli uomini in divisa in materia di genitorialità, permessi per l’assistenza di disabili e malati o per il ricongiungimenti con i figli minori o per una previdenza complementare mai avviata che peserà considerevolmente sulle pensioni delle generazioni a venire.
Come si può vedere ho brevemente e sommariamente tracciato uno scenario che “trascura” chi, anche in fase di pandemia, tanto ha dato per la collettività. Siamo infatti alle solite, il lavoratore poliziotto, carabiniere o finanziere che sia, è sempre elogiato quando è oggetto di cronaca - vedasi il recente caso della nostra collega aggredita a Roma -, quando però si deve conferire dignità al suo lavoro e alla professionalità da lui espressa i tempi si dilatano, vedasi i 766 giorni senza contratto di lavoro.
L’auspicio è che chi guiderà a breve il Paese si ricordi “realmente” di chi serve il Paese convocando al più presto i tavoli del contratto per una seria discussione varando, con urgenza, un indispensabile piano di assunzioni di giovani leve da immettere nelle nostre fila. Più che un auspicio si tratta di una indifferibile emergenza.