Stampa

"La violenza di genere è un problema sociale di dimensioni endemiche..."

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Per una cultura del rispetto contro ogni forma di violenza - Interviene Marina Contino primo dirigente di polizia della direzione centrale anticrimine di Roma

image

image

Violenza sulle donne

Viterbo – In riferimento al bando di concorso “A Silvia” riservato agli studenti viterbesi delle scuole secondarie di primo e secondo grado, l’Associazione Donna Olimpia rende noto che la scadenza è stata prorogata al 31 marzo 2021 e la premiazione rinviata all’inizio del prossimo anno scolastico, per festeggiare – questo è l’augurio per tutti – il ritorno alla vita “in presenza”.  

– link al bando di concorso

Riprende da oggi, invece, la campagna informativa sull’educazione all’affettività della rubrica “Per una cultura del rispetto contro ogni forma di violenza”, con l’illuminante articolo della dottoressa Marina Contino – Primo Dirigente della Polizia di Stato della Direzione Centrale Anticrimine di Roma.

Maria Elena PiferiAssociazione culturale Donna Olimpia onlus

La violenza di genere è un problema sociale di dimensioni endemiche ed universalmente presente in ogni paese e in ogni area del globo, tanto da farla definire addirittura come “genocidio di genere”.

La problematica non è più considerata qualcosa di “privato”, ma riveste caratteri “pubblici” e l’intervento dell’apparato statale ha contribuito a tutelare l’immagine ed i diritti della donna: siamo passati dall’eliminazione di leggi palesemente discriminatorie, all’abolizione di delitti giustificati da codici d’onore o dalla morale al cd codice rosso.

Ciò che hanno riconosciuto queste leggi è il fatto che tutte queste forme di violenza non solo limitano la libertà e negano la personalità della donna ma, soprattutto, comportano gravi danni alla salute fisica e psichica sua e dei membri della sua famiglia, lasciando loro segni indelebili e profondi che rendono la violenza agita e subita una eredità fastidiosa.

Nonostante tutti gli interventi giuridici e gli strumenti di intervento, le donne vittime di violenza continuano ad essere troppe. I comportamenti lesivi o abusanti vedono una percentuale di vittime femminili altissima, soprattutto quando avvengono in contesti relazionali, familiari e/o affettivi, dove il legame tra la vittima ed il carnefice è tale da considerarsi un problema attinente alla sfera privata.

Le vittime e i loro aggressori appartengono a tutte le classi sociali e culturali e a tutti i ceti economici: l’età o la razza, le condizioni socioeconomiche sono ogni volta le più disparate.

Nel 2020 l’emergenza Covid ci ha fermato, ma ci ha dato anche modo di riflettere, di osservare e trovare, ancora una volta, la conferma del terreno in cui la violenza di genere cresce. Sono state effettuate analisi specifiche sui delitti denunciati in questo periodo, raffrontati con periodi precedenti; i dati statistici ci hanno mostrato a volte numeri in calo, ma è proprio il numero delle donne vittime di omicidio per motivi di violenza di genere (il cd. femminicidio) che fa emergere quei fattori culturali sottesi al fenomeno e più volte evidenziati: la necessità da parte del “carnefice” di controllare la sua preda.

Sul femminicidio potremmo dire molto. È una parola importante, inserita nel vocabolario ormai anche dall’accademia della Crusca.

Ma il femminicidio non ti dice che è morta una donna: una donna assassinata in una rapina alla posta non è un femminicidio. Una donna uccisa dal nipote per avere dei soldi non è un femminicidio, anche se è un omicidio commesso in ambito familiare.

Il femminicidio definisce la ragione per cui viene uccisa quella donna; una donna che viveva una relazione con un uomo che la riteneva di sua proprietà.

Il femminicidio non ci dice che è morta una donna… ci dice perché è morta una donna. L’isolamento forzato imposto come misura di emergenza ha consentito quindi, nella maggior parte dei nuclei familiari a rischio, di non avere motivi per far degenerare una semplice discussione: la donna stava in casa, per forza, e l’uomo poteva esercitare, indisturbato il suo controllo.

Il suo ex (fidanzato, compagno, marito) non poteva circolare liberamente per cercarla, anche per quel tragico ultimo incontro. È proprio alla fine del lockdown che i numeri degli omicidi volontari, che hanno i connotati sociologici del femminicidio, hanno ripreso ad impennarsi.

I dati raccolti attraverso le segnalazioni delle Divisioni Anticrimine, che ci rendono testimoni privilegiati di questo fenomeno, ci hanno consentito di effettuare un quadro del fenomeno generale, sotto un profilo prettamente operativo.

Al di là del dato statistico, ciò che emerge dalla lettura dei singoli casi è che siamo di fronte a un “fenomeno ampio e trasversale, che incrocia dimensioni eterogenee, vissuti e tratti psicologici, ruoli e contesti culturali”.

Per questo le attività svolte negli anni sono state molte, articolate e finalizzate a migliorare, potenziare e consolidare l’impegno della polizia di Stato sia a livello nazionale che internazionale. Da questo primo quadro di informazioni emerge un’amministrazione della pubblica sicurezza fortemente coinvolta su questi temi, con una nuova attenzione all’ammonimento e al recupero del maltrattante.

L’ammonimento è una misura di prevenzione che nasce con lo scopo di garantire alla vittima una tutela rapida ed anticipata rispetto alla definizione del procedimento penale e consiste nell’avvertimento, rivolto dal Questore allo stalker o al maltrattante, di astenersi dal commettere ulteriori atti di molestia o violenza domestica.

Contestualmente, l’ammonimento consente al Questore di adottare non soltanto misure che attengono alla detenzione di armi, ma anche forme di sensibilizzazione di familiari e di intervento di altri uffici. In particolare, chi si rende responsabile di percosse o lesioni lievi, nell’ambito di violenza domestica, può essere ammonito non solo su istanza della vittima o di un testimone, ma, fatto particolarmente importante, anche su iniziativa della stessa forza di polizia, che può anche provvedere ad allontanare immediatamente il soggetto dall’abitazione dove si sono realizzate le condotte violente.

Voglio ricordare a chi mi ascolta che ricorrere all’ammonimento è molto semplice. La vittima deve esporre i fatti alle autorità e avanzare richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore delle condotte persecutorie o della violenza domestica. Il questore, verificati i fatti, adotterà il provvedimento e l’autore verrà diffidato alla prosecuzione delle condotte.

Le buone prassi internazionali per il contrasto alla violenza sulle donne dimostrano una maggiore efficacia degli interventi quando questi non si limitano alla tutela delle vittime, ma affrontano parallelamente il problema nei confronti degli autori di violenze. Trattare l’aggressore è un’importante misura di prevenzione per ridurre le recidive di atti violenti e per evitare la trasmissione della violenza da una generazione all’altra.

La presa in carico dell’autore delle violenze è da considerarsi a tutti gli effetti una forma di prevenzione del fenomeno e di tutela delle vittime.

Uomini che sono stati violenti e controllanti verso le proprie partner vengono accompagnati nel riconoscere la propria responsabilità e nel mettere in atto strategie di controllo della rabbia e di cambiamento del proprio comportamento. Gli operatori dei servizi sociali, sanitari e delle Forze dell’Ordine possono indirizzare a tali percorsi uomini autori di violenza fisica, psicologica, economica, sessuale o di stalking nei confronti della loro partner o ex-partner.

A livello territoriale sono numerosissime le Questure che si sono adoperate per condividere linee di intervento con associazioni di categorie ed enti che operano nello specifico settore, formalizzando la comunione di intenti con dei protocolli di intesa.

Lo scopo di questi accordi è quello di intercettare le condotte a rischio. Tra i più noti c’è il Protocollo Zeus, sottoscritto dalla Questura di Milano e poi diffuso nel resto del territorio nazionale proprio per gli ottimi risultati ottenuti.

Il nome del progetto evoca il “primo maltrattante (noto) della storia”, la cui modalità di dominio e verticalismo nelle relazioni costituisce un monito da cogliere: perché gli Zeus in erba non si trasformino in despoti è necessario troncare sul nascere il loro agire inadeguato e violento. Il trattamento è volto al miglioramento della gestione delle emozioni, nella convinzione che intervenire all’inizio della spirale della violenza è determinante per prevenire la degenerazione dei primi atti, affinché colui che li ha come si possa “fermarsi prima”.

Il protocollo Zeus prevede una sinergia particolare tra operatori della Questura e del CIPM coinvolti nell’intervento di prevenzione.

Il questore, ammonito il soggetto, lo “invita formalmente” a prendere contatto con gli operatori del CIPM per accedere ad un percorso – gratuito – di riflessione sulle sue condotte moleste, per esempio sulla difficoltà nel controllo della rabbia.

Dal primo anno di vita, quasi l’80% dei soggetti, ammoniti dal Questore di Milano, ha preso parte ai colloqui presso il Centro. Nel tempo l’esperienza maturata dagli operatori di polizia è cresciuta insieme alla percentuale dei soggetti che hanno accolto l’invito. Gli stessi dati statistici sulla delittuosità censiti nella provincia di Milano hanno mostrato la positiva influenza dell’utilizzo di questo prezioso strumento. In un anno i casi di atti persecutori sono diminuiti del 26%, mentre quelli di maltrattamento in famiglia del 19%.

Solo l’8% dei soggetti che si sono rivolti al Centro di Psicologia sono stati successivamente denunciati all’Autorità giudiziaria per essersi resi responsabili di condotte violente … Nei primi mesi del 2019, infatti, quasi l’80% degli ammoniti ha accolto l’invito a presentarsi al Centro di mediazione e la Questura continua a svolgere costanti monitoraggi delle situazioni più problematiche, al fine di evitare pericolose recidive.

Altre Questure hanno sottoscritto Protocolli con il CIPM : Cagliari e Mantova.Le Questure di Oristano e Cremona con il CAM, Centro di Ascolto Maltrattanti, ONLUS.Le Questure di Viterbo, Isernia, L’Aquila e Pescara hanno accordi con il Centro Presunti Autori di Violenza e stalking, che prevede, tra l’altro, una serie di colloqui gratuiti con i soggetti ammoniti.Le Questure di Catanzaro, Reggio Emilia, Torino e Piacenza con altre associazioni.

Dopo oltre un anno dall’entrata in vigore delle fattispecie indicate, si è riscontrata un’effettiva accelerazione da parte della polizia giudiziaria nella gestione dei casi in materia di violenza di genere con una conseguente crescita esponenziale dei provvedimenti cautelari emessi tempestivamente dall’Autorità giudiziaria.

In questo grave contesto criminoso il doppio binario (provvedimento amministrativo di ammonimento questorile e provvedimenti penali del c.d. “codice rosso”) ha consentito un sostanziale avvicinamento delle istituzioni alla effettiva salvaguardia della vittima.

Una nuova importante iniziativa della mia direzione centrale, finalizzata alla gestione delle richieste di aiuto delle vittime di violenza, in concomitanza con l’emergenza Covid-19 e nel periodo del lockdown, è stata l’implementazione della app della polizia di Stato YouPol, attraverso la quale i cittadini possono “chattare”, anche in modo anonimo, con le sale operative delle questure per segnalare situazioni di disagio, trasmettere messaggi ed immagini.

Creata per contrastare il bullismo e lo spaccio di sostanze stupefacenti nelle scuole, è stata aggiornata, nel mese di marzo 2020, prevedendo la possibilità di segnalare anche i reati di violenza domestica. Dal 28 marzo al 30 settembre sono state 542 le segnalazioni ricevute tramite l’app.

Per chi non vuole registrarsi fornendo i propri dati, è prevista la possibilità di segnalare in forma anonima.È sempre importante la chiamata al numero di emergenza 112 NUE e/o 113, soprattutto nei casi di pericolo imminente.

24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno, il numero è sempre attivo: puoi telefonarci, puoi fermare una volante, puoi venire in Questura o in un Commissariato e puoi anche utilizzare, solo se non è un’emergenza, l’app YouPol.

E allora più che mai oggi, che il sistema normativo è particolarmente attento a queste situazioni ed offre numerosi strumenti di tutela, emerge la triste verità, che riconduce le cause primarie dei delitti basati sul genere della vittima a fattori culturali: le violenze sono il frutto di una considerazione della donna come un oggetto di proprietà.

Le forze di polizia sono sempre più preparate sulle tematiche, si sono dotate di luoghi idonei dove accogliere la vittima, si sono aggiornate sui moduli operativi e di primo contatto, la rete ed il funzionamento dei centri antiviolenza è ormai consolidata.

Grazie alla sinergia di queste componenti, le vittime ottengono un importante sostegno in momenti così delicati, in cui far emergere il loro disagio è sempre difficile.

Il ruolo decisivo ora spetta alla comunità: tanto più una donna si sentirà protetta nel contesto in cui vive tanto più capirà che uno schiaffo ricevuto non è solo uno schiaffo, che la denuncia non sarà un atto di cui vergognarsi, ma la giusta soluzione a un percorso di violenza subita.

Noi facciamo grandi sforzi e continueremo a farli, ma fino a quando la comunità si disinteresserà e non si farà carico di sostenere le vittime, fino a quando le donne si sentiranno sole nell’ambito della comunità, il nostro impegno resterà incompiuto.

Il nostro servire la collettività verrà sempre fatto con pazienza, amore, coinvolgimento emotivo, con il sorriso sulle labbra, perché ogni servizio, che può addirittura rivelarsi funesto, è un qualcosa che accresce ognuno di noi. Servire è la nostra unica ragione di esistere.

Marina ContinoPrimo dirigente della polizia di StatoDirezione Centrale Anticrimine di Roma

17 febbraio, 2021

Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna