In Arabia Saudita ancora donne imprigionate (3 di 7)
Un’altra donna attiva nei diritti delle donne in Arabia Saudita arrestata perché ha portato avanti i propri principi e diritti, scrivendo oltre sul suo blog anche sul Guardian, Foreign Policy e la CNN è Eman al-Nafiian
E’ stata arrestata nel maggio 2018, dopo aver pubblicato sul suo blog questioni relative ai diritti delle donne negati, delle leggi emanate dai Saud su terrorismo, attivismo e diritti umani.
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Tra l’altro sul Guardian era da un po’ di anni che scriveva sui diritti negati, come la guida e il fatto che alle Olimpiadi o ai Mondiali, in tutto il mondo partecipavano donne e uomini, mentre in Arabia Saudita alle donne non era neanche concesso di praticarlo lo sport, tanto meno guidare.
Lei era una professoressa di lingue presso l’Università di Riyadh, e spesso parlava apertamente di diritti con i suoi studenti, incitandoli a fare anche loro nei loro discorsi senza aver paura. Nel 2013 fu arrestata e torturata perché alla guida di un automobile.
Una sua studentessa Omaima al-Najjar, ha scritto della sua lotta senza paura e della sua campagna per i diritti delle donne in Arabia Saudita, dopo essere diventata lei attivista e blogger.
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“Mi ha colpito come una donna progressista con opinioni forti che si preoccupavano dei diritti delle donne, non esitando a dichiararlo pubblicamente”, dice Omaima: “Eman ci ha insegnato il valore della libertà di parola e della tolleranza, insistendo sul fatto che tutti noi, conservatori o liberali, possiamo esprimere le nostre opinioni apertamente”.
Eman ha lasciato in eredità quello che i governanti sauditi non volevano, ma la forza delle idee è sempre più potente di ogni angheria tirannica.
Le autorità saudite non hanno ancora divulgato pubblicamente alcuna accusa contro Eman. Human Rights Watch conferma questo e da allora il suo caso è caduto nell’oblio.
Human Rights Watch ha riferito che potrebbe essere accusata, come hanno fatto con le altre attiviste, di minare la sicurezza e la stabilità dello Stato, nonché contatti sospetti con parti straniere, che potrebbero portare a una pena fino a 20 anni di carcere.