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Il talento di Erma Castriota: la donna che si chiamava Ermanno

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

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Una musicista di vaglia, con solido background, multiforme inclinazione per l’arte e sale nel cranio. H.E.R., ovvero Erma Pia Castriota, la violinista che canta. Tuttavia oggi in ‘sto panorama la immagino in difficoltà.«In difficoltà per quale motivo?».

Per i motivi che conosce meglio di me e che condivide chiunque abbia 51 anni come lei e non sia capra. Il degrado, il livello basico, la non-autorialità, l’ignoranza quasi da decerebrati dilaganti anche in campo musicale.«Effettivamente chi condivide la mia formazione oggi è un pesce fuor d’acqua. Mi sono diplomata in violino al Conservatorio di Benevento, dopo i primi otto anni a Foggia, vicino a Manfredonia, la mia città, anche se San Giovanni Rotondo è quella di nascita. Ho conseguito diplomi, liceo artistico, Accademia di Belle Arti. Ho iniziato firmando musiche teatrali per Leopoldo Mastelloni, Roberto Herlitzka, prima di suonare con i Nidi d’Arac, Teresa De Sio, poi in tour con Franco Battiato, che è stato il mio mentore fin dall’album sperimentale Magma, per violino e voce, e quindi Donatella Rettore, fino all’album Low in high school di Morrissey, voce dei leggendari Smiths, Lucio Dalla. Ma oggi i parametri sono cambiati, la componente artistica, diciamo così, non è più al centro dell’intenzione creativa. E forse il successo del mio ultimo singolo, che è diventato anche uno slogan nella battaglia per i diritti delle diversità, Il mondo non cambia mai, è determinato pure dalla presenza di un produttore di appena 24 anni, Francesco Seria, che già aveva lasciato la sua impronta nel mio Of all things, da Violins and wires, che si fece strada nel mercato americano con altri producer come Giovanni La Tosa ed Eugene».

Nonché a sezioni rap, che è l’unico gusto percepibile dalle papille dei nativi digitali.«Questo è altamente probabile, ma in fase di composizione mi è venuto spontaneo, non c’è niente di pianificato. D’altronde saprà che centellino le mie proposte, i singoli, gli album».

Questa canzone tuttavia, che s’innesta sul leitmotiv della sua intera offerta musicale, ha assunto anche ruolo sociale, dopo la vittoria al contest Voci per la Libertà – Una canzone per Amnesty. E la stessa organizzazione internazionale ha prodotto il suo video di «Il nostro mondo» come inno contro le ingiustizie e in difesa dei diritti umani.«Evidentemente quel “io con quelli come me, tu con quelli come te, loro con quelli come voi” di Il mondo non cambia mai è risuonato come una sintesi esaustiva fin dall’uscita nella Giornata contro l’omotransfobia, 17 maggio. Ne è seguita una campagna social di adesioni spontanee, da Eva Grimaldi e Imma Battaglia ad Alda D’Eusanio, Eva Robin’s, Vladimir Luxuria, Ivan Cattaneo, Amalia Gré, scrittori, intellettuali. Il 5 febbraio è stato pubblicato anche il vinile  Voci per la libertà. Una canzone per Amnesty, prodotto da Joseba e Amnesty International, con il brano che ho dedicato a Patrick Zaki. E l’impegno per Amnesty si è esteso a ogni ambito, in aiuto di chiunque si ritrovi ai margini».

Come quella ragazza che si chiamava Ermanno Castriota, e non Erma all’anagrafe o H.E.R. in arte. Nata in un involucro nel quale non si muoveva a suo agio e che, in veste di androgino, nel 2001 conquistò il secondo posto al Premio Recanati, cioè il futuro Musicultura in cui di recente ha trionfato.«Era un percorso già segnato, che si è polarizzato infine anche sotto il profilo fisico in una completa identità femminile. Per me però, come per qualunque transgender, non è stato facile. Vivevo nel centro storico di Manfredonia, con mio padre, mia madre, che ho perso tre anni fa, e una sorella più grande. Giovanissima già mi vivevo come sono diventata. Mi definisco trans per ragioni politiche di lotta, ma sono in realtà una donna operata. Cambiare sesso non è un biglietto per la normalità, bisogna fare pace con il proprio passato, compiere un passaggio non involutivo bensì rivoluzionario. Ho incominciato a suonare a sette anni. E già a undici scoprii su un giornale scandalistico che la famosissima modella britannica Tula, Caroline Cossey, apparsa anche con Roger Moore in 007 For your eyes only, era in origine un maschio: Barry Kenneth Cossey, cresciuto nella contea di Norfolk. Rimasi scioccata. Ci pensai e il giorno seguente dissi ai miei che volevo cambiare sesso. Mio padre, un carabiniere, reagì male. Mia madre anche. Così lo studio concentrato, musicale e non, divenne una maniera per compensare la mia diversità».

Pieno Sud, arida Daunia.«Già. Ma sono stata fortunata. Ho vissuto episodi di bullismo soltanto i dieci giorni frequentati nella prima media statale. Avevo anche determinate particolarità fisiche, e una voce non maschile, quella che ascoltate oggi, rimasta senza alcun intervento alle corde vocali inalterata. Sono stata sottoposta a visite mediche. Poi passando nell’istituto annesso al conservatorio di Foggia le cose cambiarono. Avevamo tutti la musica in testa, una visione e un contesto privilegiati nei quali le mie anomalie diventavano pregi. Decisi di compiere il percorso di cambio di genere a 16 anni. Poi lo rimandai dopo il mio trasferimento definitivo nella Capitale, avvenuto a 23 anni. Seguendo un lungo trattamento psicoterapico, tra il 2002 e il 2005, completai il passaggio con l’operazione chirurgica compiuta in una clinica di Trieste, indispensabile, allora, anche alla modifica del nome anagrafico. Divenni Erma, la donna che si chiamava Ermanno».

Sa, è complicato da comprendere, da vivere quando non si è dentro quel ragazzo.«Non è complicato. È così com’è: una scelta di necessità».

L’intervento cosa ha cambiato?«Mi sono sentita finalmente a mio agio. Adesso ho un compagno fisso, ha sessant’anni. Sono appagata, ma prima e dopo il cambio di sesso si sono verificate differenti problematiche. Molte fra le trans non sono omosessuali, per cui diversi fidanzati in gioventù mi avrebbero voluta più maschio. È naturale. L’operazione mi ha sollevata dal senso di inadeguatezza, di disagio, ma per esempio ha causato la rottura di ménage ben avviati, perché i partner non riuscivano ad accettare il mio passato. Oppure perché da me non potevano avere figli: un uomo per questo motivo mi ha lasciata».

E in famiglia come accolsero Erma i genitori di Ermanno?«Dopo l’operazione, come in uno dei miti che hanno per fulcro l’evirazione legati a Cibele e Attis, si determina sempre tra madre e figlio uno stato simbiotico di assoluta, viscerale libertà. Un patto ancestrale fra donne, di intensità bruciante, divorante, seguente allo step in cui si lascia libero il figlio di essere e di rappresentarsi. Questo è avvenuto tra me e mia madre».

La stessa empatia non si è però verificata nel mainstream musicale, suo territorio scelto dopo la formazione classica.«Il muro di gomma rimane. Pippo Baudo ad esempio, quando ero ancora un gender fluid, non se la sentì di portarmi a Sanremo, per quanto apprezzasse il mio brano. Dopo i successi, il sostegno entusiastico di Franco Battiato che prima della nostra collaborazione mi telefonò addirittura a casa, di Radiotre Rai, Donatella Rettore, tanti con i quali ho lavorato, nel 2014 per lo stesso motivo credo sia saltato il contratto con la major Warner».

Resta «Dignità autonome di prostituzione», per la regia di Luciano Melchionna.«Sì, e per la pandemia è stato cancellato anche il nostro debutto, già in cartellone il 21 maggio all’Ariston di Sanremo, di Autentico, con Rocco Siffredi protagonista della sua vita raccontata nello spettacolo. Che non ha nulla di pornografico. È stato posticipato a quando il coronavirus lascerà gli artisti e i non artisti in pace».

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