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parità di genere per uno sviluppo sostenibile

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

image Si parla tanto di parità di genere e ruolo delle donne, in un dibattito scoppiato all’inizio dello scorso secolo e mai sopito. Tanto è stato fatto, almeno in superficie, al punto da sembrare quasi superfluo ribadire il concetto che le donne abbiano pari diritti e pari opportunità degli uomini. Eppure dalle cronache quotidiane sappiamo che ai progressi culturali non sono seguiti i fatti, se ancora sono tanti i femminicidi, se la disparità di reddito nelle stesse posizione lavorative è ancora grande, se i ruoli apicali o manageriali sono di fatto riservati agli uomini, se la povertà è più forte tra le persone anziane di sesso femminile che di quello maschile. Per il  prossimo futuro, l’Agenda 2030 fissa al quinto posto tra i propri obiettivi  per lo “sviluppo sostenibile” il raggiungimento effettivo della parità di genere.

Ma il  quinto obiettivo dell’agenda è in realtà l’obiettivo strategico e cruciale per il conseguimento di tutti gli altri. Come ripercorreremo attraverso la voce di pensatrici e filosofe che nel secolo scorso si sono battute per l’uguaglianza di genere, una presenza femminile che sia responsabile e decisionale, effettiva e indipendente, rispettata ed accolta, può essere la strada per un nuovo sguardo sul mondo, sulla natura, sull’economia, sulla società, sulla vita, capace di correggere molte di quelle storture, create da uno sguardo solo maschile sul mondo, e quindi parziale, che hanno portato ad un progresso accelerato ma umanamente insostenibile.

Breve excursus storico del “pensiero sulle donne”

Le prime conquiste nella tutela dei diritti delle donne hanno preso avvio all’interno del pensiero liberale e democratico, approdando al riconoscimento del diritto all’istruzione, del diritto al voto e dell’accesso alle libere professioni (1919). Virginia Woolf ha riconosciuto in questa conquista liberale la prima arma per un  cambiamento, “l’arma dell’indipendenza di pensiero frutto dell’indipendenza economica”. E tuttavia la famosa scrittrice non si accontentava di un diritto per le donne, ma mirava ad un rivolgimento di valori nella società per passare da una struttura economica e sociale a predominio maschile, fondata sulla competitività, sullo scontro e sul dominio, ai valori nuovi proposti dalle donne che costruiscono una società fondata sulla collaborazione, non competitiva e tesa all’arricchimento culturale.

In seguito è stato il movimento socialista, a combattere l’idea di una differenziazione dei ruoli legata alla sola differenza biologica tra i due sessi, additando piuttosto la chiave della subordinazione della donna nel lungo processo storico che ha strutturato la famiglia e la società, secondo un modello borghese e capitalista (materialismo storico). La storia del pensiero sulle donne è proseguita con la riflessione esistenzialista di Simone Beauvoir, compagna di J. P. Sartre, che ha messo in luce le criticità del pensiero liberale e di quello marxista, nel suo famoso saggio “Il secondo sesso”. Al centro della riflessione della filosofa c’è il fatto che  ciascuno è il frutto delle proprie scelte esistenziali. “Ora la situazione della donna si presenta in questa singolarissima prospettiva: pur essendo come ogni individuo umano una libertà autonoma, ella si sceglie e si scopre in un mondo in cui gli uomini le impongono la parte dell’Altro”. Concorda la Beauvoir sul fatto che l’accesso alle professioni abbia consentito un’autonomia economia e sociale alle donne, eppure questa condizione è solo metà del cammino. L’auspicio della Beauvoir, in una società sempre più costituita da donne indipendenti è quella di costruire un rapporto con l’uomo di reciprocità e fraternità e  non di subalternità, che persegua l’uguaglianza esaltando le differenze. Più di recente la filosofa Luce Irigaray, confrontandosi col pensiero della Simone Beauvoir, non si accontenta di uno spazio di reciprocità all’interno di un  mondo che parla un linguaggio solo maschile, ma propone uno spazio nuovo per le donne “Occorre anche coltivare e sviluppare identità e soggettività al femminile, senza rinunciare a se stesse. I valori di cui le donne sono portatrici - aggiunge - non sono sufficientemente riconosciuti e apprezzati, anche dalle stesse donne. Però sono valori di cui il mondo oggi ha urgente bisogno, che si tratti di una maggiore cura della natura o di una capacità di entrare in relazione con l’altro".

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La parità di genere per uno sviluppo sostenibile

Le premesse del pensiero sulle donne che abbiamo ripercorso, ci aiutano a comprendere più a fondo perchè la parità di genere sia un obiettivo essenziale per l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, e perchè  sia strettamente collegato all’idea di “sviluppo sostenibile”.

Cosa vuol dire “sviluppo sostenibile”, se non la constatazione che l’attuale modello di sviluppo ha decretato universalmente il suo fallimento, mostrandosi insostenibile per il genere umano? Non solo per il rapporto di dominio e sfruttamento sulla natura, che ha provocato i noti cambiamenti climatici ma anche per l’accentuarsi dei conflitti  e delle guerre dovute alle enormi disuguaglianze economiche, per i flussi migratori determinati dall’impoverimento naturale di interi territori del pianeta, per un modello economico e uno stile di vita incompatibile con la salute, con lo sviluppo demografico, con il rispetto dell’ambiente, con il patto tra generazioni.

Cosa c’entra questo con il ruolo delle donne?

Il quinto obiettivo dell’Agenda 2030 punta al raggiungimento della parità di genere. A marzo l’Europa ha elaborato la propria strategia per assicurare entro il 2025  il raggiungimento dell’obiettivo in tutti i settori dell’Unione Europea. Le tre azioni chiave della strategia europea si possono riassumere nella lotta alla violenza sulle donne, nella possibilità per le donne di raggiungere posizioni apicali nel mondo lavorativo e nella politica, e nell’adozione della prospettiva di genere in tutti i provvedimenti normativi. Ma la questione femminile non deve essere riguardata quasi fosse un problema solo delle donne, un diritto liberale ed individuale da conseguire per la loro realizzazione.

Troppo spesso a livello mediatico si esalta la questione della parità di genere contando i numeri sempre crescenti delle donne nel mondo del lavoro, nei ruoli di spicco, nell’imprenditoria e nella ricerca.

Ma è sufficiente la corsa alla crescita dei numeri delle donne in posizioni di spicco?

Se le donne occupate nella professione o nel mondo del lavoro, o in politica hanno quasi raggiunto ovunque il numero degli uomini, la qualità della loro partecipazione resta spesso sostanzialmente diversa. Non solo quando permane una significativa differenza retributiva a pari livello formativo e di posizione, oppure per il fatto che la durata della carriera di una donna può  seguire un trend discendente dopo la soglia dei 50 anni. Ma anche nella più rosea situazione, in cui la donna raggiunga la posizione apicale, resta pur sempre un gap di qualità: la percezione culturale della presenza attiva delle donne nei luoghi dove si assumo decisioni non è ancora sentita infatti come una necessità per il bene comune.

In Italia, l’arrivo di una donna al vertice di un’istituzione è salutato con favore dall’opinione pubblica, quasi a dire “ce l’ha fatta”, ma la circostanza non viene quasi mai presentata come un reale vantaggio per l’interesse pubblico. La sensazione è che ci senta appagati dai numeri crescenti come ad aver fatto bene un esercizio, ma senza aver capito il bisogno profondo dello sguardo delle donne nelleconomia, nella società, nella politica.

È interessante riprendere la constatazione di Luce Irigaray sopra citata: “i valori di cui le donne sono portatrici non sono sufficientemente riconosciuti e apprezzati anche dalle stesse donne”.

A volte anche per alcune donne la questione dell’emancipazione rimane un problema di conquista di diritti individuali e non piuttosto di rivendicazione di doveri sociali.

Il motore propulsore dell’affermazione professionale, dell’indipendenza economica, della valorizzazione della propria formazione in una carriera adeguata, rimane troppo spesso un problema individuale anziché un costo che la donna e la sua famiglia sceglie di sopportare per l’interesse di tutti. Un diritto da accordare e non ancora un dovere da sostenere.

Ruolo sociale delle donne per uno sviluppo sostenibile: un dovere e non appena un diritto

Mirando allo “sviluppo sostenibile” per il 2030, si dovrebbe invece iniziare a comprendere che non è questione di “fare un favore alle donne”, ma di riconoscere che se il progresso è diventato insostenibile è proprio perchè era costruito da uno sguardo dimezzato (e quindi falsato) sulla vita e sul pianeta. Come osservava già Virginia Woolf un secolo fa, possiamo constatare adesso che il progresso tecnologico ed industriale degli ultimi due secoli è stato improntato sul predominio maschile, sul linguaggio maschile di interpretazione del mondo. Le scoperte, le conquiste legate alla tecnologia, il continuo superamento di limiti e sfide, hanno portato un grande benessere economico, ma anche forti disuguaglianze. La competitività come strumento di miglioramento, ha portato crescita per alcuni ma ha provocato anche tensioni e conflitti. L’atteggiamento di dominio sulla realtà, da rapporto creativo è degenerato in sfruttamento delle risorse del pianeta.

Quello che è mancato in questo lungo arco di tempo è stato forse un contrappeso, un bilanciamento di sguardo, quello appunto dell’universo femminile, più propenso ai compiti di custodia del creato e delle future generazioni, di arricchimento attraverso la relazione piuttosto che con lo scontro. Lo sguardo delle donne, lì dove si decide, diventa allora una necessità per lo sviluppo sostenibile, è opportunità di confronto e contemperamento per le dinamiche maschili.

La presenza delle donne non è un obiettivo numerico, un traguardo liberale, ma l’indispensabile presupposto per perseguire gli altri obiettivi di bene comune fissati nell’Agenda 2030: clima e cura del pianeta, lotta alla povertà, pace e giustizia, tutela dei minori e delle persone fragili, comunità e città sostenibili, consumo responsabile.

Non è più in gioco solo una questione di diritti di una parte del genere umano, ma di responsabilità da condividere insieme per un futuro migliore.

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