Legge anti-burqa
Il prossimo 7 marzo si voterà sull’estensione a livello federale del divieto di dissimulare il proprio viso (iniziativa popolare conosciuta anche come «legge anti-burqa») già approvato in Ticino il 22 settembre 2013.
Questa iniziativa viola la libertà di culto delle persone di religione musulmana, che in questo modo non potrebbero esercitare il proprio credo liberamente, come fanno le persone appartenenti ad altre religioni.
L’argomentazione principale con la quale viene promossa questa vergognosa iniziativa è la difesa dei diritti delle donne.
Gli iniziativisti, infatti, affermano che le donne sono costrette ad indossare il burqa dai mariti e che, se indossarlo per le strade cittadine fosse reso illegale, otterrebbero il diritto di non portarlo e guadagnerebbero così maggiore libertà.
Questa posizione è sbrigativa, sbagliata e non tiene conto delle dinamiche di potere presenti nelle famiglie costruite sul modello del «capofamiglia».
Un uomo infatti che dovesse obbligare la moglie ad indossare il burqa per uscire di casa non cambierebbe idea perché è illegale, ma semplicemente impedirebbe alla moglie di muoversi liberamente!
Queste donne verrebbero così segregate in casa dai mariti e perderebbero la libertà di uscire dalle mura domestiche invece di guadagnare maggiore libertà!
È già preoccupante che una tale iniziativa sia stata promossa in Ticino, in quanto indice di un’aumentata intolleranza verso il diverso, ma, per lo stesso motivo, trovo ancora più problematico che si voglia imporre una norma tanto discriminatoria in tutti i cantoni della Svizzera, imponendo così un divieto pure in quelli che hanno bocciato votazioni analoghe e che quindi ancora non hanno limitato la libertà di culto delle donne.
Il Consiglio federale e il Parlamento hanno proposto un controprogetto a questa iniziativa, che obbligherebbe le donne che hanno il viso coperto a mostrarlo al fine di farsi identificare dai rappresentanti delle autorità, ad esempio un poliziotto, ma che non vieterebbe a prescindere abiti come il burqa, rispettando così il loro diritto di culto, come scritto nella costituzione svizzera.
Secondo l’Ufficio federale di statistica, in Svizzera risiedono circa 391'703 persone di professione musulmana, che corrispondono a circa il 4.52% della popolazione svizzera.
Quindi, oltre che discriminatoria, questa iniziativa è anche sproporzionata in quanto è insensato ed esagerato creare per questioni religiose una legge che riguarda meno del 5% della popolazione svizzera.
Per tutti questi motivi, la suddetta iniziativa è discriminatoria, eccessiva, islamofoba ed è un passo indietro nella lotta per la parità dei sessi e per i diritti delle donne, motivi per il quale è importantissimo votareNO.
Thomas Salati, candidato sulla lista dell’Unità di sinistra al Consiglio comunale di Bellinzona
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