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Diritti civili e diversità, When we rise trionfa al RomaFictionFest
Posti in piedi e applausi infiniti per la miniserie tv della Abc sulla battaglia Lgbt
Un frame di When we rise
Pubblicato il 11/12/2016
Ultima modifica il 11/12/2016 alle ore 19:34
Roma
Si chiude la decima edizione del RomaFictionFest con la conferma che un appuntamento di questo genere ha la dignità per proseguire il suo percorso, forte di numerose anteprime capaci di scandagliare il momento storico in corso. Appunto è tra le anteprime mondiali, fuori concorso, che si ritrova il significato delle serie civili, anche urticanti ma pronte ad arrivare al cuore. Ecco When We Rise, prodotta dalla Abc, il docu-drama del premio Oscar Dustin Lance Black (Milk). In modo secco, spietato e fortemente coinvolgente, si raccontano le battaglie politiche e personali, le battute d’arresto e i trionfi delle famiglie degli uomini e delle donne LGBT che hanno contribuito a lanciare il movimento americano per i diritti civili dalla sua infanzia turbolenta nel 20° secolo fino ai successi odierni. Quest’opera in costume racconta la storia del movimento dei diritti gay, a partire dai moti di Stonewall nel 1969. Il progetto composto da otto episodi, di cui due diretti da Gus Van Sant, è stato in fase sviluppo per diverso tempo, ma solo nel dicembre del 2015 ha ottenuto il via libera per le riprese.
Nel prestigioso cast troviamo Guy Pearce, Mary-Louise Parker, Whoopi Goldberg, Rosie O’Donnell, Michael Kenneth Williams e David Hyde Pierce.
Dice Dustin Lance Black: «La cosa più difficile da affrontare è quella di sentirsi soli, isolati. E non riguarda unicamente le persone LGBT, ma tutti coloro che vengono trattati male, considerati diversi. L’isolamento può portare a pensare a cose terribili come al suicidio. Il lavoro che svolgo ha l’obiettivo di far capire che nel mondo c’è gente pronta a capirli e a combattere per la loro libertà, perché la loro vita possa essere migliore. È vero, progressi ne sono stati fatti, però ogni volta che c’è un passo avanti vi è anche il rischio di tornare indietro. L’importante è che si continui a lavorare, per mantenere e proteggere i diritti ottenuti. Tenere l’attenzione alta è indispensabile in un momento storico difficile, con Trump che è un bigotto e non rispetta le minoranze razziali e i diritti delle donne».
http://www.lastampa.it/2016/12/11/multimedia/spettacoli/il-trailer-della-miniserie-della-abc-sui-direitti-lgbtwhen-we-rise-gYI1EY0Ihrdp3pts0zuk0O/pagina.html
Tra le serie italiane che sono state molto apprezzate c’è Di padre in figlia, soggetto di Cristina Comencini con la regia di Riccardo Milani. Anche qui si parla di un padre padrone, imprenditore spietato e scorretto di metà secolo scorso perfettamente interpretato da Alessio Boni. Protagonista femminile, una intensa Cristiana Capotondi che ha giustamente vinto il riconoscimento come migliore attrice.
Non all’altezza degli altri prodotti presentati il decisamente brutto «Il confine» che si teme possa essere visto su Raiuno. L’ottimo Carlo Carlei alla regia ha fatto il possibile regalando scene d’insieme suggestive a questo racconto scontato e melenso su due amici innamorati della stessa donna all’ombra della Prima Guerra Mondiale, con Filippo Scicchitano, Caterina Shulha e Alan Cappelli Goetz. Situazioni forzate e la scena finale con i due amici fraterni morti su campi opposti, l’uno italiano di Trieste e l’altro austriaco, che suggellano la loro unione eterna grazie ai due elmetti che scorrono vicini sul fiume. Inutili ulteriori commenti. C’è un mondo che separa questa serie da quelle viste, purtroppo va detto, soprattutto straniere.
Il premio per la migliore serie è andato a Midnight Sun, Svezia e Francia, mentre il premio speciale della giuria si è fermato su «National Treasure», proposta dal Regno Unito. La manifestazione si è chiusa con la presentazione della serie «Immaturi» per la regia di Rolando Ravello.
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