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Usa-Arabia Saudita, Biden telefona a Salman. Attesa per il rapporto sull'omicidio Khashoggi

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

NEW YORK - Il presidente americano Joe Biden ha infine parlato oggi con il re Salman dell'Arabia Saudita. Una mossa diplomatica molto attesa, con la telefonata prevista già ieri e poi slittata. Washington, dunque, chiama Riad a cinque settimane dall'insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca: un ritardo che già indica il ridimensionamento del ruolo saudita nella tela geopolitica della nuova amministrazione. Ma soprattutto arriva alla vigilia della diffusione dell'esplosivo rapporto sulla morte del giornalista dissidente saudita (collaboratore del Washington Post) Jamal Khashoggi, attesa già nelle prossime ore - come d'altronde promesso dalla direttrice della National Intelligence Avril Haines. Un rapporto che Joe Biden ha già letto, dove si punta il dito sul principe ereditario Mohammed bin Salman, indicato come mandante dell'atroce assassinio avvenuto nel consolato saudita di Istanbul nel 2018. Un'accusa ora sostenuta pure da un documento considerato "Top Secret" emerso in Canada e pubblicato da Cnn, da cui si evince che i due jet privati usati dal commando di killer del giornalista suadita appartenevano ad una compagnia requisita dal potente principe pochi mesi prima.  

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Stando alla sintesi della telefonata diffusa dalla Casa Bianca, i due, però del rapporto non hanno parlato. I temi toccati sono stati semmai la sicurezza regionale, gli sforzi per concludere la guerra in Yemen e l'impegno americano a difendere Riad dagli attacchi di gruppi filoiraniani.  

Ma è indicativa pure la decisione di Biden di parlare solo con re Salman: "Unica sua controparte", come ha già sottolineato la portavoce della Casa Bianca Jen Psaki, nonostante l'anziano sovrano abbia da tempo abdicato al suo ruolo diplomatico. Insomma, il tempo delle comunicazioni dirette via WhatsApp con cui il principe Mbs e Jared Kushner, genero di Donald Trump, aggiravano i canali diplomatici, è finito. E il nuovo leader americano che già in campagna elettorale aveva minacciato di trattare i sauditi come "paria", per via delle troppe violazioni dei diritti umani, usa l'occasione per flettere ulteriormente i muscoli con Riad. Assestando, d'altronde, il suo sonoro schiaffone diplomatico all'erede al trono saudita, proprio mentre il Segretario di stato Tony Blinken chiede di rientrare nell'Human Rights Council dell'Onu abbandonato dal predecessore. Già col ritiro dell'appoggio ai sauditi nella guerra in Yemen, e lo stop alla vendita di armi a Riad, l'amministrazione aveva già fatto capire che l'impunità garantita da Trump in cambio del sostegno alla sua campagna conto l'Iran, non sarebbe stata tollerata oltre.  

Per carità: gli americani non pensano certo di osteggiare l'ascesa del principe, come dimostra la chiamata che questi ha ricevuto dal ministro della Difesa americano, il generale Lloyd Austin: "suo pari", come l'ha definito Psaki. Né sarebbero intenzionati a sostenere la salita al trono del principe cadetto Ahmed al posto dell'ambizioso fratello, come qualcuno già auspica. Ma di sicurro l'amministrazione, che ha messo al centro della sua agenda i diritti umani, vuole contare su relazioni meno imbarazzanti. Anche per questo chiede la liberazione di Mohammed bin Nayef, l'ex ministro degli Interni cugino di Mbs, arrestato in primavera e già uomo di riferimento di Washington. Assicurando la sicurezza della famiglia Saad al-Jabri, l'ex capo dell'antiterrorismo saudita ora in esilio in Canada, i cui figli adolescenti sono stati imprigionati come ostaggi. Qualche segnale sta già arrivando: Mbs ha di recente ordinato riforme giudiziarie e liberato attivisti come Loujain al-Hathloul da tempo impegnata a sostenere i diritti delle donne nel regno. Meri atti simbolici, li definisce Cnn: secondo cui il principe si aspettava un irrigidimento delle relazioni con gli americani, ma è convinto che con qualche concessione, le relazioni riprenderanno migliori di prima. 

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