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Beach volley in Qatar, le campionesse tedesche Borger e Sude vincono la battaglia. Possono giocare in bikini- Corriere.it

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Un piccolo passo per lo sport, un grande passo per le sportive. È quello che hanno imposto la campionesse di beach volley tedesche Karla Borger e Julia Sude, decidendo che non avrebbero partecipato ai Mondiali del Qatar.«Dobbiamo andare lì per fare il nostro lavoro, ma ci viene impedito di indossare i nostri abiti da lavoro. Quello è l’unico Paese dove il governo locale ci dice come dobbiamo svolgere il nostro lavoro, e a noi questo non va assolutamente bene», aveva spiegato domenica Borger in un’intervista a Deutschlandfunk. Il Qatar, infatti, che già da anni ospita quelli maschili, a marzo sarà la sede di uno dei tornei del World Tour femminile di beach volley. Ma aveva imposto alle atlete il divieto di indossare il bikini sul campo da gioco, chiedendo che di giocassero con maglietta e pantaloni lunghi. Regole accettata dalla federazione mondiale di beach volley FIVB «per rispetto della cultura e delle tradizioni del Paese ospitante».

La federazione tedesca invece ha appoggiato subito il boicottaggio di Borger e Sude. «Noi ci adattiamo volentieri alle usanze dei Paesi dove andiamo, ma questa volta non è così. Faccio anche notare che a Doha a marzo ci saranno 30 gradi e il bikini è veramente una necessità. Mi chiedo anche se davvero ci fosse bisogno di assegnare una tappa del circuito a una nazione che ha quel tipo di regole» ha dichiarato Borger.

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Una fermezza che ha indotto il Qatar a fare marcia indietro, cambiando le regole e «permettendo» il bikini. «Sono felice, penso che questo sia il passo giusto. È piccolo, ma è giusto. E sono curiosa di vedere come si svilupperà la situazione nei prossimi anni» ha commentato Borger. Non è la prima volta che la gestione di eventi sportivi da parte del Qatar finisce sotto accusa. Come ha raccontato Paolo Tomaselli sul Corriere, in dieci anni di costruzione delle infrastrutture che dovranno ospitare i Mondiali di calcio del 2022 in Qatar sono morti non 37 o 67 lavoratori immigrati provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka, come recitano le cifre ufficiali del Paese, ma almeno 6750, 12 a settimana. Un fatto gravissimo che conferma le molte criticità del Qatar sul trattamento dei lavoratori stranieri poveri.

La protesta delle pallavoliste tedesche riguarda invece ovviamente un altro tema spinoso per i diritti umani: la discriminazione delle donne nel Paese dove vige una interpretazione integralista dell’Islam. Sia beninteso: se un’atleta rifiuta di sua volontà il bikini o vuole gareggiare col velo non c’è nessun problema, è successo e succede tante volte nello sport. Ma non si capisce come la Federazione internazionale di beach volley avesse potuto accettare che in nome del rispetto delle «usanze del paese» il Qatar, che pure aveva chiesto di ospitare il torneo, potesse pretendere di non rispettare le usanze di tutto il beach volley. Che per altro, nel caso degli atleti maschi, non aveva nessun problema a seguire. In altre parole, se il Qatar, in base alla sua interpretazione dell’Islam «sessualizza» in ogni frangente il corpo delle donne e quindi lo trova indecente se è scoperto, anche per esigenze sportive, è un problema suo. Non delle atlete che, appunto, fanno il loro lavoro e hanno diritto a farlo come vogliono.

25 febbraio 2021 (modifica il 25 febbraio 2021 | 18:56)

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