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Sulla via della parità | Cooperazione

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Domenica si vota. Un’occasione in più per ricordare che il semplice gesto di far scivolare un bollettino nell’urna, alle donne è costato decenni di lotte. Ed è grazie a donne tenaci e coraggiose se oggi la Svizzera è una democrazia. Può infatti dichiararsi democratico un paese che nega il diritto di voto a metà della popolazione? Per celebrare l’evento, prossimamente uscirà per i quaderni dell’Associazione archivi riuniti delle donne Ticino, il libro “Finalmente cittadine!”, curato dalle due storiche e docenti nei licei cantonali, Marika Congestrì e Susanna Castelletti. «È un’opera collettanea suddivisa in 11 capitoli tematici – ci spiega Susanna Castelletti –. Il fil rouge è il suffragio femminile in Ticino, affrontato da persone diverse, che forniscono varie chiavi di lettura».

Questo anniversario ci ricorda però anche che la parità, garantita per legge, nella pratica è lungi dal- l’essere raggiunta. «I miei studenti sono sorpresi di apprendere che il diritto di voto alle donne a livello nazionale è stato introdotto solo nel 1971. Spero che i giovani che frequenteranno il liceo tra 50 anni saranno altrettanto perplessi nel constatare che nel 2021, non solo non c’era ancora l’uguaglianza tra uomo e donna, ma anche che la storia delle donne era considerata una materia di nicchia. Vorrei che un giorno la storia “vera” coinvolgesse tutti e che venisse trattata come un argomento affrontabile da uomini e da donne» auspica la docente. In effetti, speriamo di poter archiviare presto le discriminazioni nei manuali di storia, senza doverle più trattare come un tema di agenda politica.

«Non vedo l’ora di votare»

Tra gli argomenti che gli oppositori al suffragio femminile invocavano, c’era anche il supposto disinteresse delle donne per la cosa pubblica. Avevano torto: le giovani vanno a votare più spesso dei loro coetanei maschi. Penelope Scacchi, al terzo anno al Liceo di Locarno e diciotten- ne a settembre, non nasconde il suo entusiasmo: «Non vedo l’ora di poter votare! Non credo che farò politica, ma quello che apprezzo della Svizzera è che anche come semplice cittadino ci si possa esprimere su molti temi». La giovane ha scelto l’opzione complementare dedicata alla storia dei diritti delle donne della docente Susanna Castelletti. «La storia mi interessa in maniera generale, ma il programma non affronta molto quella femminile. Ho iniziato ad occuparmene al liceo, conoscendo persone con interessi diversi, ma anche a casa ne parliamo, soprattutto con mio nonno, che è stato sindaco di Locarno e che tenne discorsi in favore del suffragio femminile. Mi ha stupito vedere che la votazione non era passata con una maggioranza schiacciante».

Da un lato i giovani si stupiscono delle ingiustizie del passato, dall’altro non tutti sembrano consapevoli che anche il presente non è privo di pregiudizi. «Noto che diversi coetanei hanno ancora paura della parola femminismo, come se designasse un movimento che mira a sradicare il patriarcato per instaurare il matriarcato. Invece si tratta solo di raggiungere la parità tra uomini e donne, e non di sottomettere gli uomini» sottolinea la nostra liceale. Penelope immagina che tra 50 anni i giovani guarderanno con incredulità al 2021: «Si stupiranno di scoprire che le donne guadagnavano meno degli uomini e che i neo-papà avevano un congedo di sole due settimane!».

«Dobbiamo dare forza ai nostri figli»

imageMarilena Fontaine, è stata responsabile dell'Ufficio della pari opportunità dal 1991 a 2017. Ha 68 anni e vive a Bellinzona.

Il 14 giugno 1991, mezzo milione di donne sfilarono pacificamente per le strade e le piazze per il primo sciopero femminile. Marilena Fontaine, pur avendo fatto dell’emancipazione femminile la sua missione professionale, non fu tra loro. Ma ha un “alibi perfetto”. «Ero appena entrata in carica come prima delegata per le pari opportunità in Ticino, e venni invitata in radio per commentare l’evento. Ricordo che da noi la partecipazione fu bassa rispetto ad altri cantoni: molte donne non osavano esprimersi, un po’ per paura di ritorsioni sul posto di lavoro e un po’ perché non volevano passare per femministe, donne con cui non ci si voleva identificare perché ritenute poco “femminili”».

La data non venne scelta a caso: esattamente 10 anni prima, il popolo svizzero aveva approvato un nuovo articolo costituzionale sulla parità tra i sessi, ma la realtà non si era dimostrata all’altezza delle promesse. E fu proprio anche grazie allo sciopero che le acque si smossero. Da allora vennero fatti passi importanti, come sottolinea Marilena Fontaine: la legge sulla parità (1996); l’assicurazione maternità (2004); ma anche la creazione di consultori specializzati in Ticino; la messa in discussione della tradizionale distribuzione dei ruoli; e i progressi in materia di formazione con l’entrata massiccia delle donne nelle scuole superiori e nelle università. «Negli anni ’90 c’era tanta voglia di fare, ma anche la consapevolezza delle difficoltà che restavano da superare e una certa dose di rabbia per la banalizzazione di alcune tematiche. Le molestie sessuali sul posto di lavoro, le violenze fisiche, psicologiche e sessuali all’interno della coppia per esempio erano un tabù, “non esistevano”, fino a quando uno studio nazionale, pubblicato nel 1997, portò alla luce quanto invece fossero diffuse. D’altronde, ancora oggi è difficile parlarne, stanno emergendo pian piano dei casi, ma sono solo la punta dell'iceberg. Molto è stato fatto, ma molto resta da fare: la parità salariale non è ancora una realtà, la situazione della donna nel mondo del lavoro rimane precaria (la maternità è ancora motivo di licenziamento), gli stereotipi sui ruoli sessuali sono ancora diffusi. Ci sono le leggi antidiscriminatorie, ma occorre rafforzarne l’efficacia. In ambito privato, dobbiamo dare forza ai nostri figli, far capire loro che si può agire contro le ingiustizie. E alle donne vorrei dire: non abbiate paura di segnalare abusi, non tenetevi tutto dentro».

«La formazione è la chiave del progresso»

imageGermana Gaggetta è stata delegata al comitato centrale per il Ticino dell'Associazione svizzera per il suffragio femminile. Ha 87 anni e vive a Bellinzona.

«Cosa volete parlare di diritto di voto? Non conoscete la civica e non avete nessuna esperienza! –. A sessant’anni di distanza Germana Gaggetta sorride raccontando gli attacchi subiti quando era attiva nel movimento per il suffragio femminile –. Che esperienza potevamo mai avere se ci era negato il diritto di voto e quello di eleggibilità?». Ma Germana Gaggetta rimediò subito a questa “lacuna”: nel 1971 fu la prima ticinese in lizza per il Consiglio nazionale per il Plrt («Ma la mia fu una candidatura alibi: tutti gli uscenti erano dei pezzi da novanta, non avevo nessuna chance”) e fu granconsigliera dal 1975 al 1991. «Comunque è vero che diverse donne si affidavano ai mariti e non ne volevano sapere del diritto di voto. La nostra lotta quindi si svolgeva su due fronti: dovevamo convincere non solo gli uomini, ma anche le donne: sospettavano che fossimo poco serie e rivoluzionarie. Si figuri che per dimostrare che non eravamo delle “balorde” organizzammo, oltre a lezioni di letteratura italiana e di civica, persino corsi su come stirare le camicie in modo semplice!». Non corsi per economia domestica, ma per una formazione vera e propria si è sempre impegnata Germana Gaggetta: «Abbastanza presto mi resi conto di quanto fosse ingiusto che le ragazze non ricevessero una buona formazione. Allora era considerata uno spreco, visto che poi le donne si sarebbero occupate della casa. Oggi guardo molto la tv svizzero- tedesca e noto con piacere che intervengono spesso accademiche esperte in ogni campo. La formazione è la chiave del progresso: non solo per la soddisfazione personale della donna, ma per il benessere di tutta la società». Per quanto concerne il futuro, Germana Gaggetta è ottimista, ma non senza riserve. «Il diritto di voto, per il quale ci siamo battute, fu sicuramente una tappa fondamentale. Ma anche solo l’inizio. Restano ancora tante “cosette” da sistemare: le disparità salariali e i conseguenti svantaggi nella pensione, la tassazione individuale, la violenza sulle donne… e finché ci saranno delle ingiustizie, bisognerà darsi da fare. Ai giovani vorrei dire: siate curiosi, abbiate sete di sapere, solo così potrete riconoscere i problemi e cercare delle soluzioni. Non restate passivi a guardare, tenete gli occhi aperti e siate partecipi di questo mondo!».

2021 – Per il 50° del suffragio femminile in Svizzera L’Associazione archivi riuniti delle donne Ticino presenterà prossimamente il libro “Finalmente cittadine”.

2019 – Il 14 giugno si svolge lo sciopero nazionale femminile: mezzo milione di donne sfilano per tutta la Svizzera in cortei colorati per chiedere la parità.

2004 – Il 26 settembre si accoglie in votazione popolare il progetto concernente l’introduzione di un’indennità di maternità.

1996 – Entra in vigore la legge federale sulla parità dei sessi che vieta le discriminazioni nella vita professionale. Le statistiche e l’attualità mostrano che non è ancora realtà.

1991 – 14 giugno: per il 10° anniversario dell’iscrizione nella Costituzione dell’articolo che sancisce la parità di diritti tra uomo e donna, lo sciopero nazionale delle donne riscuote un enorme successo.

1981 – 14 giugno: Popolo e Cantoni accolgono l’iscrizione nella Costituzione del principio della parità tra donna e uomo.

1975 – Germana Gaggetta è stata la prima donna candidata al Consiglio nazionale per il PLRT ed è stata deputata in Gran Consiglio dal 1975 al 1991.

1971 – Dopo oltre 100 anni e 90 votazioni (comunali, cantonali, federali), il 65,7% dei cittadini maschi dice sì al diritto di voto e di eleggibilità delle donne. Traguardo raggiunto grazie alla mobilitazione di donne e di associazioni femminili.

1970 – La prima votazione cui possono partecipare le donne ticinesi a livello cantonale. Qui nel locale di voto di Lugano-Cassarate.

1969 – Il 19 ottobre 1969, il 63% degli uomini ticinesi vota a favore dell’introduzione del suffragio femminile in materia cantonale.

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