Mutilazione genitale: l’orrore delle “ragazze tagliate”
Uno dei capitoli più neri dell’intera storia mondiale riguarda loro, le ragazze tagliate. ”Colpevoli” di essere nate donne in una società aberrante e orribile, indegna persino di essere solo immaginata tra le pagine dei racconti più spaventosi e macabri della letteratura. Eppure no, questa non è la storia di un libro che possiamo chiudere e dimenticare, queste sono le pagine della nostra storia, una realtà che esiste e persiste ancora nel mondo contemporaneo.
Questa è la mutilazione genitale femminile, una pratica che troppo spesso tendiamo a dimenticare, o a non vedere, solo perché siamo lontani da quell’orrore. Ma davanti a una violazione così brutale dei diritti e delle libertà delle donne, è impossibile girarsi dall’altra parte.
Cosa sono le mutilazioni genitali
Clitoridectomia, escissione, cucitura, taglio, modificazione dei genitali, tanti nomi per descrivere un fenomeno terribile e oscuro che lede la dignità e la libertà delle donne e del loro corpo. Le mutilazioni genitali femminili hanno origini antichissime e, essendo diffuse in maniera ampia in tutto il mondo, ricostruire il principio di queste pratiche tradizionali è quasi impossibile.
L’intervento di mutilazione avviene a crudo direttamente sugli organi genitali esterni che possono essere rimossi parzialmente o totalmente. L’età delle giovani donne su cui vengono praticate le MGF varia tra i primi giorni di vita fino ai 15 anni.
Le mutilazioni genitali oggi sono particolarmente diffuse in alcune zone dell’Africa e dell’Asia e, con gli spostamenti migratori, sono arrivate di riflesso anche nei Paesi Occidentali. In Europa e in molti altri territori nel mondo, le mutilazioni genitali femminili sono vietate perché costituiscono una violazione dei diritti umani: il diritto alla vita, alla salute, all’integrità psicofisica e alla non discriminazione.
Nonostante il divieto, si calcola che il numero di ragazze che rischiano di subire la mutilazione prima del 2030 è pari a 68 milioni (fonte europarl.europa.eu).
Perché si praticano le mutilazioni genitali femminili?
Le motivazioni sono collegate a una serie di ragioni sociali, culturali e tradizionali che affondano le origini in tempi antichi. Spesso si ritiene erroneamente che le mutilazioni genitali femminili siano pratiche sostenute dalla religione, in realtà si tratta di un fenomeno pre-islamico probabilmente messo in circolo ancor prima per controllare la sessualità delle schiave.
Sono moltissime le credenze collegate agli ideali di bellezza e purezza, nonché di salute che spingono le comunità ad effettuare questi interventi. Tutti scardinati dal report 2000 “Mutilazioni dei genitali femminili. Si crede che… Invece… Perché questa pratica deve finire”, pubblicato dall’AIDOS, Associazione italiana donne per lo sviluppo:
- Secondo le credenze popolari, le mutilazioni genitali femminili renderebbero le donne più fertili, ma in realtà queste possono, al contrario, rendere sterili le donne. Le MFG sono infatti causa di infertilità, soprattutto a seguito di infezioni pelviche successive alla circoncisione.
- Si crede anche che le MFG siano una garanzia di verginità, volta a mantenere la castità delle donne fino al matrimonio, prerequisito fondamentale nelle società tradizionali africane. In realtà anche questa credenza è stata scardinata: le condizioni precarie in cui vengono effettuati gli interventi potrebbe rompere la membrana dell’imene e di conseguenza potrebbe portare alla perdita della verginità.
- Un’altra credenza diffusa è quella che le mutilazioni genitali femminili riducano il rischio di morti prenatali. Alcune comunità credono, infatti, che il clitoride può uccidere il primogenito durante il parto, credenza questa che non ha alcun fondamento scientifico.
- Le MGF riflettono anche il maschilismo della società patriarcale: le mutilazioni avvengono per migliorare le prestazioni sessuali dell’uomo per evitare un epilogo breve del rapporto sessuale che, per gli uomini, sarebbe un affronto.
- E ancora, le mutilazioni genitali femminili sono praticate anche motivi estetici: una zona intima piatta e liscia è più attraente alla vista e al tatto.
Una pratica che si tramanda da generazioni
La cosa più sconcertante è che questa pratica è così radicata all’interno della società che sono le madri, che prima le hanno subite, a sottoporre le proprie figlie alle medesime pratiche. E questo non avviene per una qualche punizione, no, la scelta viene presa per garantire alle ragazze una vita all’interno della comunità. Chiunque non si sottoponga alla mutilazione, infatti, vive da emarginata.
Al di là di tutte le false credenze che appartengono alle comunità, dietro alle mutilazioni genitali femminili si nasconde la volontà di sottomissione a favore dell’uomo. Le MFG, infatti, servono a controllare la donna, il suo corpo, la sua sessualità e la libertà.
La donna non ha diritto di provare piacere durante il rapporto sessuale, condizione questa che la renderà incline ad adempiere il rapporto coniugale con un solo fine, quello di gratificare il proprio marito.
Le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili
Le conseguenze delle MFG hanno una portata lesiva molto intensa, sia dal punto di vista fisico che psicologico. Oltre al dolore e al sanguinamento eccessivo causati nel momento dell’operazione a crudo, questa pratica può portare al sorgere di cisti, infezioni e infertilità, complicazioni durante il parto e un rischio elevato di decessi neo natali. Inoltre l’utilizzo degli stessi strumenti, non sterilizzati, può favorire la diffusione dell’HIV e di altre patologie.
Ma le conseguenze delle mutilazioni genitali femminili hanno, inevitabilmente, delle ripercussioni disastrose anche sulla salute mentale e psicologica delle giovani donne che le subiscono. La brutalità e le condizioni in cui versa l’intervento, tendono a traumatizzare le bambine e le ragazze in maniera indelebile, costringendole a vivere in un perenne senso di angoscia e privazioni.
Un taglio, il loro, che non avviene solo fisicamente, ma anche spiritualmente e che le cambia in maniera irreversibile.
Mutilazione genitale femminile: non solo in Africa
Le mutilazioni genitali femminili sono particolarmente diffuse in Africa, in alcuni territori del Medio Oriente, in Malesia e in Indonesia. Con i flussi migratori in Occidente, queste pratiche stanno arrivando anche da noi, anche se vietate. Da anni, moltissime associazioni, organizzazioni e comunità si stanno muovendo affinché le MFG siano definitivamente abolite.
Ricordiamo, infatti, che si tratta di una violazione dei diritti umani e, ancor prima, deldei diritti della donna, sostenuti e proclamati dalle Carti internazionali. Per queste ragioni, il Parlamento europeo è da anni impegnato per l’eliminazione definitiva di questa pratica che colpisce bambine e giovani donne. Anche il nostro Paese non è immune da queste barbarie. Secondo Actionaid, infatti, sono più di 61.000 le donne presenti in Italia sottoposte durante l’infanzia alla mutilazione dei genitali, alcune delle quali vengono effettuate durante il ritorno al paese di origine anche per brevi periodi.
Numeri terrificanti che si sommano a quelli mondiali e che ci fanno comprendere che occorre un’attività massiccia per porre fine a questa orrenda pratica.
Leggi anche