ShePoverty, le donne madri e disoccupate principali vittime economiche della pandemia - Società & Diritti
I dati sono allarmanti e confermano quello che subito all'inizio della pandemia un anno fa si era cominciato a vedere. Ma quello che rivela l'indagine “La condizione economica femminile in epoca di Covid-19” realizzata da Ipsos per WeWorld, organizzazione italiana che difende da 50 anni i diritti di donne e bambini in 27 Paesi del mondo inclusa l’Italia, è davvero catastrofico. Le donne, senza distinzioni di età e area geografica, sono di fatto le principali vittime economiche e sociali della pandemia: 1 su 2 ha visto peggiorare la propria situazione economica negli ultimi 12 mesi. In particolare a stare peggio sono le madri disoccupate. Il dato sul regresso della condizione economica, inoltre, supera il 60% se si prende in considerazione la fascia di età 25-34 anni (6 donne su 10). E' una vera e propria ShePoverty, come anche all'estero viene definita la povertà femminile. I dati fanno luce su una situazione a dir poco allarmante: chi ha perso il lavoro, ha dovuto rinunciare all'impiego e all'indipendenza economica, infatti, sono state soprattutto le donne. E se con figli e senza lavoro, si sono trovate a far fronte a un enorme carico economico, psicologico e di cura, i cui effetti sociali non sono certo finiti. Secondo l’indagine Ipsos per WeWorld, 1 donna su 2 si dice più instabile economicamente e teme di perdere il lavoro.Il 60% delle donne non occupate con figli dichiara di aver avuto durante la pandemia una riduzione di almeno del 20% delle proprie entrate economiche, che implica spesso un’aumentata e preoccupante dipendenza: il 51% (1 su 2) sostiene infatti di dipendere maggiormente da famiglia e partner rispetto al passato. “La pandemia, inoltre, ha avuto un forte impatto anche sul lavoro sommerso, soprattutto di cura/assistenza domestica”- commenta Elena Caneva del Centro Studi di WeWorld . Tra gli altri dati del report realizzato intervistando 1000 donne a fine gennaio 2021: 3 donne su 10 non occupate con figli a causa del Covid rinunciano a cercare lavoro. Il 38% dichiara di non poter sostenere una spesa imprevista, quota che sale al 46% tra le madri con figli. Per quanto riguarda il carico famigliare, il lavoro di cura è quasi interamente sulle spalle delle donne: nonostante gli aiuti familiari, ripartiti dopo il primo lockdown, ancora il 38% delle donne (2 su 5) dichiara di farsi carico da sole di persone non autonome (anziani o bambini): dato che sale al 47% tra le donne tra i 25-34 anni, concentrate sui figli minori, e al 42% nella fascia 45-54 anni, che curano soprattutto gli anziani. Per non parlare delle conseguenze psicologiche della pandemia: l’80% delle donne dichiara un impatto devastante sulle proprie relazioni sociali e il 46% (1 donna su 2) sulla propria voglia di vivere. Il 76% delle donne ha visto un impatto negativo sulla voglia di fare progetti per la propria vita. Sono le giovani donne (18-24 anni; 25-34 anni) a segnalare un maggior impatto della pandemia sul loro umore, mentre l’83% delle meno giovani (55-65 anni) soffrono maggiormente sul fronte relazionale. Per il 64% delle più giovani (18-24 anni) la pandemia ha avuto un impatto fortemente negativo sulla propria autostima. Quasi il 40% delle donne sostiene che la propria famiglia stia avendo difficoltà a sostenere una spesa imprevista; il 25% a sostenere una spesa importante; il 23% a sostenere le spese dentistiche e pagare le bollette. le difficoltà salgono notevolmente nelle famiglie delle donne non occupate con figli. Inoltre il 30% delle donne dichiara di aver usufruito di servizi di aiuto, al primo posto la consegna di medicinali e alimenti. “La ricerca fotografa una situazione di esclusione delle donne con radici profonde, ma che si è amplificata nell'ultimo anno” commenta il Presidente Marco Chiesara che il 4 marzo presenta il report nel corso nel corso dell’Edizione Speciale di WeWorld Festival. “Questa stessa percezione arriva dai nostri operatori e operatrici sul campo, che lavorano in diverse città italiane a supporto di donne e bambini, e dalle tante richieste di aiuto arrivate: donne lasciate sole, a far fronte a un carico enorme dal punto di vista familiare, professionale e psicologico. Questa situazione ha accomunato tutte le donne italiane, ma diventa drammatica se si guarda alle aree più marginali e alle periferie, da Nord a Sud: è da qui che bisogna partire, con urgenza, per invertire la rotta. Oltre alle implicazioni pratiche i dati ci raccontano che c’è stato un impatto devastante sulle relazioni sociali e familiari e sulla percezione del sé da parte delle donne. È difficile prevedere gli effetti a medio e lungo termine. Se a questo uniamo la paura di perdere il lavoro e la decisione delle donne non occupate con figli di smettere di cercare un nuovo impiego, prevediamo che le conseguenze nel medio periodo saranno davvero preoccupanti e qualcosa su cui dobbiamo lavorare fin da ora. Perdere le relazioni sociali, l’autostima, la voglia di vivere mina tutti i pilastri fondamentali per costruire una vita sana e dignitosa per sé e per i propri figli”.
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