C'era una volta Rita, maestra e rivoluzionaria: a Bari guidò il riscatto delle lavoratrici e si salvò quando i fascisti le bruciarono casa
L'8 marzo ricorre la Giornata internazionale dei diritti della donna, istituita al fine di ricordare sia le conquiste sociali, economiche e politiche, sia le discriminazioni e le violenze di cui le donne sono state e sono ancora oggetto.
Senza ombra di dubbio, una delle prime e più significative militanti del movimento per l'emancipazione femminile in Terra di Bari è Rita Majerotti, a cui, qualche anno fa, la città di Bari ha dedicato un giardino di via Brigata Regina e a cui è intitolata un'omonima fondazione.
Nata a Castelfranco Veneto il 27 agosto 1876, di professione maestra, nel 1907 incontra Angelica Balabanoff che la avvicina alle idee socialiste. Nel 1915 si trasferisce nel capoluogo pugliese dove assume un incarico di insegnamento, tuttavia non manca di spandere il proprio impegno politico ritagliandosi un ruolo sempre più significativo nella federazione barese socialista in virtù del suo impegno per il socialismo, per l'antimilitarismo, per l'emancipazione femminile.
Gli anni dell'adesione al socialismo, coincidono con i primi passi del movimento suffragista italiano, da questo incontro si delinea nella sua mente l'idea di una "nuova missione della donna" destinata a farsi "avanguardia del movimento sociale" in quanto la tradizionale funzione di educatrice riservato alle donne offre a queste ultime la possibilità di educare alla libertà le giovani generazioni. "È a noi donne e maestre - scrive - che consta insegnare ad avere una coscienza, un impegno, un cervello [...] e non vendere il proprio pensiero, il voto, la parola, la carne, il lavoro, la coscienza".
Decisivo, in tal senso, la battaglia per il diritto di voto delle donne, una rivendicazione che scaturisce dall'assioma secondo cui "finché solo gli uomini, che non possono conoscere appieno i bisogni, i desideri, le aspirazioni delle donne, fanno le leggi, finché metà del genere umano ignora l'altro, finché si vuole la donna pupottola [...] non vi può essere morale né progresso".
Majerotti subisce una serie di provvedimenti disciplinari da parte dell'amministrazione scolastica intenzionata a rimuoverla dall'incarico, in particolare per il suo impegno a favore del pacifismo e contro la guerra che è in corso, ma ella vi si contrappone con estrema vitalità difendendo con efficacia le sue prerogative di donna e di lavoratrice.
Nel Dopoguerra accresce ulteriormente il proprio ruolo di personaggio pubblico. La stampa di allora, da Puglia Rossa al Corriere delle Puglie, ne offre ampia testimonianza, infatti la sua presenza quale oratrice è segnalata in numerosissimi comizi un po' in tutti i comuni della Terra di Bari (di particolare rilevanza quello a Bari in occasione della Festa dell'1 maggio 1919 accanto all'avvocato Dragone), mentre la sua crescente influenza nel PSI è certificata dalla elezione a delegata al XV Congresso nazionale, e dal celebre viaggio a Mosca in cui incontra Lenin quale rappresentante delle donne italiane socialiste.
Tutt'altro che trascurabile, poi, è il suo impegno per la sezione barese de L'Umanitaria, il primo stabile presidio del Mezzogiorno rivolto all'assistenza sociale dei lavoratori, in particolare nelle campagne promosse per la lotta all'analfabetismo. Rita sceglie di porsi a fianco dei più deboli, specie se donne, come quando in occasione della mobilitazione delle tabacchine baresi è tratta in arresto e reclusa a Santa Teresa proprio assieme a quelle lavoratrici di cui dà conto, liberata, in un celebre articolo edito da Puglia Rossa.
Nei mesi che precedono lo storico Congresso di Livorno che segna la scissione del Partito Socialista, è sempre più riferimento della frazione comunista che gravita attorno alla figura di Amedeo Bordiga divenendo redattrice del giornale Il Soviet; delegata al Congresso di Livorno concorre, al Teatro San Marco, il 21 gennaio 1921 alla fondazione del Partito Comunista d'Italia.
All'inizio del 1922 contribuisce con Pesce, Di Vittorio, D'Agostino e Solonna alla fondazione dell'Alleanza del Lavoro, quale estremo argine al dilagare della violenza fascista, ed è proprio l'Alleanza a proclamare lo sciopero legalitario di inizio agosto, un'agitazione che risulta sconfitta pressoché ovunque, se non in rare roccaforti quali Parma e Bari: tra i vittoriosi difensori della Camera del Lavoro di Bari vecchia, accanto a Di Vittorio, la maestra veneta.
Rilasciata, la sua permanenza a Bari è ormai all'epilogo, infatti miliziani di ritorno dalla Marcia su Roma appiccano un incendio alla sua casa di Via Dante angolo via Trevisani obbligandola a fuggire dal balcone per sfuggire alle fiamme. Per la maestra veneta e suo marito Filippo D'Agostino è l'inizio di una lunga peregrinazione nel tentativo di sfuggire alle persecuzioni della polizia fascista.
Dopo un breve soggiorno a Trieste, quindi a Roma, la fuga clandestina in Francia, poi l'espulsione e il ritorno definitivo a Roma. Benché non più giovanissima né in buona salute, all'indomani del 25 luglio 1943, svolge un ruolo attivo nelle file della resistenza romana tenendo comizi rionali, ma con l'arresto e la deportazione del marito a Mauthausen e la distruzione della casa a causa di bombardamenti, fugge profuga in Puglia, dove è accolta dai familiari del marito e dalla solidarietà dei compagni.
Concluso il conflitto partecipa al I Congresso nazionale dell'UDI come testimoniato dalla foto in prima pagina de l'Unità che ritrae, accanto a tante giovani donne, questa minuta ed anziana donna dai capelli bianchi al tavolo dei congressisti, si trasferisce quindi in Sicilia dove non esita a dare il proprio contributo tenendo svariati comizi per la causa repubblicana in occasione della battaglia referendaria del 1946.
L'impegno per la liberazione della donna dalla condizione di subalternità di Rita Majerotti ha avuto modo di sostanziarsi anche in un'antologia di saggi che qualche decennio fa Lucia Motti ha raccolto nel saggio Romanzo di una maestra. Gran parte della documentazione relativa a questa indomita eroina è oggi custodita negli Archivi dell'Istituto pugliese per la storia dell'antifascismo e della storia dell'Italia contemporanea di Bari.