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La storia delle donne e i nomi delle strade: un gap che va colmato

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

San Casciano Val di Pesa inaugura il mese dedicato ai diritti delle donne con un progetto curato dalla Commissione Pari Opportunità, volto a evidenziare la carenza di strade intitolate alle donne. Sono state quindi «rinominate» alcune vie e piazze (applicando una nuova targa accanto a quella già presente) con nomi di donne che hanno operato nello stesso ambito del legittimo detentore della strada: un’attrice per un attore, una politica per un politico, e via così. Una provocazione che durerà solo un mese, ma che vuole affrontare un problema solo apparentemente piccolo: chiedere una maggiore attenzione alla toponomastica femminile è il giusto riconoscimento culturale e sociale a donne protagoniste della storia, la cui memoria viene ingiustamente trascurata.

Le targhe delle strade in cui abitiamo, lavoriamo, ci incontriamo, parlano quasi esclusivamente di celebrità e memorie maschili. Delle storie femminili rimangono poche tracce e testimonianze. Cancellate, dimenticate, invisibili: una forma di violenza particolarmente subdola. Rarissimi i nomi delle storiche, architette, politiche o partigiane a cui è stata dedicata una via, un piazzale. Un gap di genere che si trascina da anni, e che stenta a cambiare: a Firenze ci sono 1.220 strade dedicate agli uomini e 110 alle donne, di cui 63 sono madonne, sante, martiri, suore e solo 11 letterate, umaniste, scienziate! Spesso le giovani generazioni (ma anche le meno giovani) non conoscono quanto le donne hanno contribuito alla definizione del mondo in cui viviamo. Renderle consapevoli di quanto è stato ideato, inventato, realizzato dalle donne, oltre al giusto riconoscimento e rispetto della verità storica, porta anche all’avvio di percorsi di educazione alle differenze, aiuta a sviluppare forme di pensiero critico capace di opporsi a modelli stereotipati e conformisti.

«Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte» dice Italo Calvino: quando i nostri ragazzi danno l’indirizzo di casa, quando percorrono le vie delle città, i loro occhi leggono nomi maschili e danno per scontato che la storia sia fatta solamente dagli uomini. L’immaginario collettivo è popolato solo da illustri figure maschili: gli uomini hanno vinto guerre, compiuto atti eroici, fatto grandi scoperte, realizzato opere d’arte. E le donne? Pressoché assenti nella toponomastica però molto presenti sui muri, nelle numerose immagini pubblicitarie che ripropongono quasi esclusivamente volti e corpi di donne, rinnovando distorte percezioni del mondo femminile. Ovviamente non basta questo a modellare le menti dei giovani, ma certo si tratta di una continua e costante conferma di quanto possono trovare in tanti altri ambiti (nella scuola, nei libri, nei media e anche nella famiglia): gli uomini sono destinati a grandi imprese, possono avere ambizioni e aspettative alte. Le donne no. Al massimo possono utilizzare la propria bellezza per realizzarsi, la loro intelligenza non è considerata. Occorre quindi agire su vari fronti, in tutti i luoghi in cui si formano le persone, per far nascere consapevolezze nuove, e che riguardino sia gli uomini che le donne. La famiglia è predominante nei primi anni ma ci sono tante altre piccole occasioni che possono confermare o mettere in dubbio le certezze acquisite: la toponomastica è una di queste.

L’obiettivo finale è che ragazzi e ragazze cambino il loro immaginario maschile e femminile e che anche le ragazze trovino nuovi riferimenti, modelli da imitare, personaggi a cui ispirarsi, mete da perseguire. Come ha detto nel suo discorso di insediamento Kamala Harris, neo vicepresidente degli Stati Uniti, prima donna a ricoprire questo ruolo, incitando le giovani a credere in sé stesse, a non porsi limiti, a programmare di fare cose che ancora sembrano impossibili, solo perché ancora non raggiunte: «Sognate con ambizione, andate avanti con convinzione e impegno e guardate al di là di come vi guardano gli altri!».

6 marzo 2021 | 16:38

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