Usa, attiviste per i diritti delle donne protestano contro Biden
Una lotta in favore dei diritti delle donne. Così, una coalizione diversificata di attivisti ha protestato nel Women Picket-DC, evento apartitico contro le recenti mosse di Joe Biden in fatto di politiche legate all’identità di genere.
La manifestazione si è tenuta proprio lunedì 8 marzo, Giornata internazionale della donna. L’appuntamento all’angolo tra la 15th Street e Constitution Avenue ha raccolto circa 200 donne provenienti da diverse zone degli Stati Uniti.
Equality Act, dibattito aperto negli usa
Numerosi cartelli hanno esortato i senatori a respingere l’Equality Act. La discussione è aperta negli Usa. Sono diversi, infatti, gli esperti legali, i medici e i genitori che ammoniscono sulla possibilità che la legge, già approvata alla Camera, possa comportare notevoli restrizioni in fatto di libertà religiosa e diritti genitoriali.
Il disegno di legge, approvato con una maggioranza risicata, aggiunge sesso, identità di genere e orientamento sessuale alle categorie protette dal Civil Rights Act del 1964 contro la discriminazione.
Le tematiche oggetto di dibattito sono molto delicate. Vanno dalla tutela femminile in fatto di sport ai contenuti insegnati nelle scuole pubbliche, passando per la questione del trattamento della disforia di genere nei bambini. Temi ormai sempre più politicizzati.
L’Equality Act potrebbe, infine, minare anche le disposizioni chiave sulla libertà religiosa. Punti nevralgici per la società umana, che meritano una approfondita valutazione al di là del colore politico, dal momento che si tratta di diritti fondamentali.
“Questione di buon senso”
Proprio sulla questione dei diritti umani ha posto l’accento Charlie Rae, tra i responsabili del Women Picket-DC. Al Christian Post l’attivista ha messo in luce il conflitto che si viene a creare quando le lotte sull’identità di genere intaccano i diritti di alcune categorie.
“Penso che molte persone intendano davvero bene e vogliano proteggere le persone e mettere in atto i diritti umani. Ecco perché anche noi siamo qui – ha dichiarato -. Ma l’identità di genere come concetto – transgenderismo, medicalizzazione, alterazione delle nostre politiche sociali e istituzioni – non protegge le persone”.
Rae ha aggiunto che gli sforzi dei manifestanti sono apartitici perché radicati nel “buon senso di base”. “E questo non ha un partito politico – sapere che le donne sono donne”.
Un aspetto messo in luce anche da Beth Scaer per la questione dello sport. “Ogni volta che un uomo può entrare e prendere un posto in una squadra femminile o su un podio, stai privando le donne dei loro diritti. Gli uomini sono più grandi, più forti, più alti. Possono distruggere le donne nello sport. È totalmente ingiusto”, ha dichiarato.
“Diritti delle donne cancellati”
A rimarcare la necessità di proteggere i diritti delle donne anche la psicologa Suzanne Vierling. Date le lotte per ottenerli, tali diritti non dovrebbero più esser nemmeno posti in discussione: “Oggi siamo tornati al punto di partenza, torniamo alle donne come beni mobili, se non litighiamo. Non sembra possibile. Ma oggi, mentre la donna viene cancellata come donna in nome della legge, la donna è ora distesa su un vassoio, stesa per essere usata, a scopo di lucro”.
Di fronte alla Casa Bianca uno striscione ha richiamato la citazione suffragista d’inizio XX secolo: “Sign. presidente, quanto tempo devono aspettare le donne per la libertà?”. L’avvocato femminista radicale Kara Dansky, parte del comitato direttivo della sezione statunitense della campagna per i diritti umani delle donne, ha chiesto l’annullamento dell’ordine esecutivo.
“Sign. presidente, che lei lo capisca o meno, ha emesso un ordine esecutivo che è impostato per cancellare donne e ragazze come categoria protetta dalla legge amministrativa federale. Gli uomini non sono donne, anche se dicono di esserlo; anche se dicono di identificarsi come donne. Le donne, inoltre, non sono uomini, anche se dicono di esserlo”, ha dichiarato nel suo intervento.
Dansky ha citato il discorso inaugurale di Biden sull’importanza di rifiutare una cultura in cui i fatti sono manipolati e fabbricati: “Sign. presidente, sono d’accordo. Per favore, smetta di manipolare e fabbricare fatti“.
L’intervento non ha conosciuto mezzi termini. “Sign. presidente, è disposto a proteggere i diritti, la privacy e la sicurezza delle donne e delle ragazze o è con uomini che fingono di essere donne? Il momento per decidere è adesso. Sign. presidente, le chiediamo per quanto tempo le donne devono aspettare la libertà”.
“La cosiddetta identità di genere – ha proseguito – è un’acquisizione aziendale dell’umanità e lei, signor presidente, è complice. La tolga dalle nostre leggi. La elimini dalle nostre scuole. E la smetta di mutilare i corpi sani dei bambini”.
“Sign. presidente, la maschera è finita. L’imperatore è nudo. Le donne sono stanche di aspettare la libertà. Sign. presidente, annulli l’ordine“.