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Omicidio di Sarah Everard, una violenza nella violenza

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Il ritrovamento di resti umani nei giorni scorsi in una zona boschiva del Kent, nel Sud di Londra, e la conferma che si trattasse di Sarah Everard, la trentatreenne executive manager scomparsa lo scorso 3 marzo dopo aver trascorso una serata a casa di amici, ha scosso il Regno Unito e sollevato questioni circa la lacuna legislativa nell’affrontare l’ampio spettro della violenza contro le donne.

Questa volta pare che l’autore dell’ennesimo episodio di violenza sia proprio nelle file di coloro cui spetta garantire assistenza e sicurezza nelle strade: un agente di Scotland Yard. Wayne Couzens, un agente addetto al reparto speciale di protezione ai diplomatici e ai parlamentari, al momento si trova in carcere con l’accusa di rapimento e omicidio. Il processo inizierà il prossimo 25 ottobre.

Ed è questa una delle ragioni principali per cui oggi immedesimarsi in Sarah, ripresa per l’ultima volta ancora viva intorno alle 21:30 da una videocamera di sorveglianza, diventa quasi un dovere morale, che ha tentato di trovare voce in occasione di una veglia per commemorala, conclusasi con l’arresto di quattro donne per violazione delle norme anti-Covid. 

A seguito di video e foto pubblicati sui social media, che mostrano la polizia che strattona e ammanetta alcuni dei partecipanti alla veglia, soprattutto donne, non sono mancate le denunce da più fronti. In particolare, il ledear laburista Keir Starmer e il ministro degli Interni britannico Priti Patel hanno definito le immagini “profondamente inquietanti” e “scioccanti”, con quest’ultimo che ha chiesto alla polizia un’indagine approfondita sull’accaduto.

“La polizia ha la responsabilità di far rispettare le norme sul Covid ma dalle immagini che ho visto è evidente che la risposta è stata a volte inopportuna e sproporzionata”, ha twittato il sindaco di Londra, Sadiq Khan.

Una violenza nella violenza, insomma, com’è stata definita da associazioni ed enti no-profit a sostegno dei diritti delle donne, che impone al governo britannico non solo di migliorare l’iter investigativo sui crimini che colpiscono le donne, ma anche di adottare misure preventive. 

Judit Arenas, senior director e consulente di APCO Worldwide, società di consulenza in materia di affari pubblici e comunicazione strategica, impegnata nella lotta contro il razzismo sistemico e a sostegno dell’inclusività, ha precisato che Scotland Yard dovrà affrontare diverse questioni, tra cui come reagire alla presenza di un presunto autore tra le loro file, come farsi portavoce del messaggio che ogni forma di violenza, molestia e discriminazione contro le donne è inaccettabile, nonché come gestire manifestazioni nel rispetto della libertà di riunione.

“Le manifestazioni di Black Lives Matters negli Stati Uniti durante l’estate scorsa hanno dimostrato che è possibile per le persone esercitare il loro legittimo diritto di protestare e che questo non è correlato a un aumento delle infezioni da Covid-19”, mi ha detto Judit.

“Il Regno Unito ha una terribile esperienza di polizia che non aderisce alle migliori pratiche di controllo delle manifestazioni e ciò è stato ampiamente documentato dai gruppi a sostegno dei diritti umani”, ha aggiunto.

Inoltre, c’è da puntualizzare che le misure legislative si sono concentrate sulla violenza domestica, ma molte donne non vengono uccise dai loro coniugi o parenti, bensì da estranei, come nel caso di Sarah. Dunque, l’attuale proposta di legge sugli abusi domestici lascerebbe fuori molti casi di femminicidio e l’attuale proposta di inviare agenti di polizia sotto copertura nei club e nei bar non è sufficiente.

Dello stesso avviso è Emiliana Guereca, CEO di Women’s March Action, che considera le azioni violente nel corso della manifestazione come una forma per mettere a tacere le donne.

“Le donne non smetteranno di scendere in piazza per mettere a proprio agio gli uomini, ma devono continuare a combattere fino a quando l’assasino di Sarah non sarà assicurato alla giustizia”, mi ha detto.

Anche Angela Karanja, psicologa dell’adolescenza, mi ha raccontato che negli ultimi giorni ha parlato con ragazze adolescenti che le hanno manifestato paura e sfiducia verso le istituzioni, al punto da pensare di portare con sé armi per proteggersi da un eventuale attacco, e si chiede quali misure immediate e future saranno adottate per alleviare le preoccupazioni soprattutto delle ragazze più giovani, considerando che il sospettato è un agente di polizia. 

“Il Regno Unito è membro fondatore dell’ONU e in quanto tale abbiamo diritto di sapere cosa è stato fatto dopo l’accordo in materia di violenza contro le donne. Una ricerca dell’ONU sulle donne del Regno Unito ha mostrato che il 97% di loro ha denunciato di aver subito molestie o aggressioni sessuali, ma mi sembra che ciò che hanno fatto con questi dati è stato metterli in un cassetto e sperare che il problema sparisse da solo”, ha detto Angela.

Inoltre, ci ha tenuto a chiarire che la polizia potrebbe essere giustificata nel tentativo di fermare il raduno per far rispettare le norme anti-Covid, ma il modo in cui lo hanno fatto lascia molti punti in sospeso.

“Sarebbe stato più umano se fossero entrati in un dialogo con le donne partecipanti alla veglia e incoraggiarle a indossare la mascherina mantenendo le distanze precauzionali”, riferisce la psicologa.

“Le persone in lutto sono state trattate come animali, aggiungendo sale alle ferite. Le persone erano lì per sostenere una famiglia che aveva perso una giovane donna vittima di femminicidio, una donna che non deve essere dimenticata e che ha incontrato una morte prematura e raccapricciante”, incalza.

Secondo l’ultimo censimento sui femminicidi, prodotto alla fine del 2020 e che prende come riferimento il decennio 2009-2018, nel Regno Unito ogni tre giorni una donna viene uccisa da un uomo. Nel 62% dei casi, si tratta dell’attuale o ex compagno ed il 59% ha una storia di abusi alle spalle.

E mentre sono in molti a invocare le dimissioni di Cressida Dick, capo di Scotland Yard, prima donna alla guida della Metropolitan Police londinese, tutto ancora tace. C’è soltanto una consapevolezza, amara quanto questa tragica vicenda: che emerge ancora una volta il bisogno di farsi sentire a tutela di un qualcosa che dovrebbe essere scontato e che le donne devono continuare a scendere in piazza perché il calore della strada è l’unico rimedio contro il silenzio.

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