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Libano | Diritti delle donne

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

“Con una donna che vive in Danimarca potrei condividere passioni e sogni. Lei potrebbe parlarmi dei problemi che ha con suo marito, e io, avere esattamente gli stessi problemi nella mia famiglia, ma quella donna nel suo Paese è rispettata, una condizione che io non vivo nel mio”.LEGGI ANCHE : Dossier - Cosa è successo nel mondo nel 2016 e cosa accadrà nel 2017A parlare è Joumana Haddad, scrittrice, poetessa e giornalista libanese, tra le più apprezzate nel mondo arabo. La incontriamo in un caffè, nel quartiere di Ashrafie, a Beirut, dove più tardi, ha appuntamento con una ragazza, il cui più grande desiderio è proprio quello di conoscerla; e quando, a intervista finita, la saluto per andarmene, ho perfettamente capito il perchè.Joumana è una donna affascinante: il suo punto di vista è forte, le sue parole vibranti e avvolgenti, le idee che esprime sono spesso crudeli e graffianti, ma sempre vere e coraggiose. Parlare con lei dei diritti della donna, della società libanese, del concetto di emancipazione e individualità femminile e delle mancanze della politica è stimolante. Nata in una famiglia libanese conservatrice, sin da bambina ha percorso una strada diversa da quella che i suoi genitori si aspettavano da lei. Joumana è cresciuta nutrendosi di letteratura: nella libreria di suo padre ha conosciuto Henry Miller, il Marchese De Sade, Albert Camus, Anais Nin, autori che le hanno dato un punto di vista diverso, che le hanno fatto conoscere mondi nuovi.“L’amore per i libri mi ha salvato la vita tante volte” mi dice. Un amore, che ha poi trasformato in lavoro: oggi i suoi testi, Ho ucciso Shahrazad e Superman è arabo, solo per citarne alcuni, sono venduti e tradotti in moltissimi paesi; parlano di lei, delle sue idee, scomode e irriverenti, agli occhi di molti, ma coraggiose e necessarie per molti altri.“E’ vero che ho ricevuto molte critiche per i miei lavori, ma è anche vero che ho sentito tanto sostegno intorno a me. Siamo noi a decidere se lasciarci intimidire dal risultato negativo delle nostre scelte oppure farci motivare da quello positivo. Io ho scelto la seconda strada” Joumana risponde così alla mia domande sulle molte minacce subite a causa delle sue idee, soprattutto nei due anni in cui ha ideato e diretto Jasad, una rivista in lingua araba dedicata alla scrittura del corpo e dell’erotismo. Un progetto anticonformista e coraggioso: “ho dovuto chiudere la rivista per ragioni economiche. Non riuscivo a trovare sponsor che mi permettessero di continuare: negozi e marche, anche famose, avevano paura di sostenermi. Mi dispiace molto, perchè era un lavoro necessario, ma non lo considero un capitolo chiuso” continua la scrittrice.Donna araba fuori dagli schemi, Joumana Haddad, analizza attraverso le mie domande la condizione della donna in Libano mentre si accende una sigaretta: “Non farti ingannare dagli abiti succinti, dai tacchi, e dal trucco: questi elementi non sono indicatori di libertà per una donna. L’emancipazione è molto più profonda. In Libano ci sono tanti tipi di donne, accanto a quella che indossa abiti più liberali, c’è quella con il velo, ma sia l’una che l’altra vivono una condizione di scarso rispetto per i propri diritti. Le leggi che regolano la sua situazione dipendono dalla confessione a cui appartiene e sappiamo che nella religione la donna non gode degli stessi diritti dell’uomo. Questo fatto la rende un’entità debole nella società: non ha libertà di scelta sul proprio corpo e sulla propria vita”.Le faccio presente quindi i passi in avanti fatti sulla strada verso l’emancipazione: è di qualche settimana fa la recente decisione del governo di cancellare l’articolo 522 che garantisce l’immunità ad uno stupratore che sposa la sua vittima. Ma anche in questo caso il punto di vista di Joumana è diverso: “Si può parlare davvero di passo in avanti? Forse rispetto al Medioevo. Oggi cancellare una legge tanto inaccetabile io non la considero un’evoluzione per la donna, ma è piuttosto il raggiungimento di un qualcosa che al contrario doveva già essere assodato nel 2016. Il vero passo in avanti sarebbe avere lo stesso stipendio di un uomo o gli stessi diritti nel caso di divorzio”. Ed è su questi punti, veri indicatori di emancipazione, in cui si vede il profondo divario esistente fra uomo e donna in Libano.A chiarire meglio la situazione è Roula Masri incontrata pochi giorni prima, Manager dell’OngAbaad, un’associazione che da anni lotta contro la disuguaglianza di genere: “Gli ambienti lavorativi in cui le donne faticano, o addirittura gli è vietato operare, sono numerosi. La pubblica amministrazione, ad esempio, è un mondo per soli uomini, i casi in cui le donne occupano posizioni dirigenziali sono estremamente rari. Ci sono solo alcune occupazioni lasciate in mano alle donne, come la gestione di hotel, insegnamento di arte, scienza e natura” spiega Roula. Parlando di accesso all’istruzione, il divario diminuisce: la percentuale di donne che prosegue il cammino scolastico si avvicina molto a quella degli uomini. Ma istruirsi è solo il primo passo secondo Joumana Haddad: “La donna dopo aver finito l’università dovrebbe trovarsi un lavoro ed essere indipendente economicamente e non cercare il marito ricco come purtroppo spesso accade. Non voglio generalizzare, ma in Libano ci sono tante donne che scelgono questa strada nonostante abbiano le capacità per intraprendere carriere interessanti”. La scrittrice parla anche della donna in quanto madre: “Ha una grande responsabilità: se soffre per la propria condizione di disuguaglianza rispetto all’uomo ma poi educa i propri figli seguendo questo concetto, allora è complice del sistema. Più importante di una carriera brillante a mio avviso è educare le generazioni future al concetto di uguaglianza verso l’altro”, è il suo punto di vista.L’intervista finisce qui, ma resto ancora un’oretta a chiacchierare con lei. Mi parla un po’ della sua vita privata, del fatto che ancora oggi, nonostante sia una donna adulta e abbia due figli, i suoi genitori non riescano ad accettare molte sue scelte di vita: “Convivo con il mio compagno e per loro è inaccetabile” mi dice. La sua vita è stata e continua ad essere una faticosa battaglia, sia pubblica che privata. Ma le molte difficoltà affrontate e poi superate contro i pregiudizi e le convenzioni insite nella società araba l’hanno resa la donna che oggi è diventata, un simbolo di forza e coraggio, una voce controcorrente e necessaria tanto in Oriente quanto in Occidente.ARTICOLI CORRELATIL’effimero primato economico africano della Nigeria imageEmergenza migranti: la Merkel vola in AfricaL’Africa nuovo baluardo dello Stato islamico?L'ostinata resistenza di Boko HaramLa Somalia affronta la sfida delle elezioni
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