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«Qui a Milano le donne hanno diritti»- Corriere.it

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Venti volontari la aiutano a traslocare, cambiare casa, iniziare una nuova vita. Così Fatima — velo nero, minuta e sorridente, per mano ai suoi bambini piccoli — compie 33 anni. «La festa è che non ho più paura», sorride. È riuscita in un’impresa più grande di lei. Ha denunciato il marito che la picchiava, la prendeva con violenza, cercava di strangolarla e minacciava di volerla sfregiare: «Così — le diceva l’uomo — quando ti guarderai allo specchio ti ricorderai di me». Lei, con tutta la fatica del suo italiano incerto, riavvolge il nastro della sua vita. È nata in una zona rurale del Marocco ma, rimasta orfana di mamma e papà, è cresciuta con la nonna. Nel giorno del diciottesimo compleanno è stata data in sposa ad un uomo. «Sognavo sarebbe stato bello avere finalmente una famiglia. Ma dopo un po’ la vita è finita sotto le scarpe», abbassa gli occhi.

Nata la prima bambina, il marito ha iniziato ad abusare di lei, a picchiarla con brutalità e a intimidirla, tanto che Fatima aveva chiesto alla nonna di poter tornare da lei a vivere. La risposta è stata no, «non usa così, non si può». Fatima ha resistito ed è nato il secondo bimbo. La situazione non migliorava: il marito beveva, tornava e scaricava rabbia e furore su di lei, anche davanti ai piccoli: «Temevo di morire, ma avevo paura anche ad andare dalla polizia», ricorda con lucidità.

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Un giorno — era il 2019 — l’aguzzino decide di spostarsi in Italia. Arrivano a Milano che lei è incinta per la terza volta. L’uomo occupa una casa Aler e ci porta la famiglia, violenze e angherie continuano. Lei non conosce nessuno, né una parola della lingua. «Una cosa però la sapevo — tiene a puntualizzare —. A Milano i diritti, anche delle donne, sono rispettati». Dopo un anno trova il coraggio di sporgere una prima denuncia, e una seconda, ma poi le ritira, ne fa una terza, e un’altra ancora. Questa volta c’è un provvedimento di espulsione per l’uomo che in teoria non si può più avvicinare alla casa, ma lo fa lo stesso.

Non riuscendo a lavorare lei si mette in contatto con una serie di associazioni che le fanno avere pacchi alimentari e pannolini. Iniziano a conoscerla alla parrocchia, al centro raccolta di QuBì e ancora da Sos Bambini. Una sera il marito, ubriaco e rabbioso, pur diffidato dal giudice a non avvicinarsi, ritorna in casa arrampicandosi sull’impalcatura montata sulla facciata del palazzo. Urla, picchia la moglie e a mezzanotte la caccia in strada con il buio, il freddo e i tre bambini piccoli. Fatima sconvolta se ne va, ma ormai tiene sempre in tasca un foglio prezioso. È il numero di una delle volontarie che l’aiutano con i pacchi alimentari, e che è anche una sua vicina di casa. La chiama e l’altra risponde, l’accompagna a fare ancora denuncia.

La polizia arresta il violento che se ne stava serafico sul letto di casa, sorpreso che la moglie avesse osato ribellarsi, addirittura contrariato che la polizia desse torto a lui. Finiscono così dieci anni di incubo. Domenica 28 marzo, giorno del compleanno di Fatima, venti volontari di Sos bambini l’hanno aiutata a fare il trasloco per liberare l’alloggio Aler che il marito aveva abusivamente occupato. «Vorrei trovare un lavoro nelle mense scolastiche e partecipare a un bando delle case popolari», spera semplicemente. Intanto per un po’ potrà stare nel bilocale che un privato ha messo a disposizione della onlus e la onlus ha prestato a lei. «Mi danno fiducia — alza lo sguardo coraggiosa —. Secondo me fanno bene».

29 marzo 2021 | 07:24

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