Piacenza, cartelli shock a scuola dopo l'aborto: la preside chiude il caso. "Nefasta coincidenza"
I biglietti con embrioni appesi nei corridoi di una scuola superiore a Piacenza? "Una nefasta coincidenza". La preside, con una lettera alle famiglie, chiude il caso scoppiato giorni fa nel suo istituto. Perché quei foglietti con l'immagine di un feto e quelle frasi offensive ("Questo eri tu", "ho bisogno di afFETtO") erano stati interpetati come rivolti a una studentessa che era rientrata a scuola dopo un'interruzione di gravidanza.
La ragazza aveva denunciato la cosa per "far capire quanto sia importante la delicatezza nel trattare certi argomenti e difendere i diritti delle donne". Ed erano arrivate, sempre in forma anonima, pochi giorni dopo le scuse. Ma cosa è successo lo ricostruisce la dirigente scolastica nella missiva che la Libertà di Piacenza racconta oggi.
Nel mese di febbraio il docente di scienze - spiega la preside - ha affrontato l’argomento: la riproduzione umana. "Dopo la spiegazione di alcuni paragrafi, ha concordato l’inizio delle interrogazioni. Restavano da trattare i paragrafi sulla gravidanza e il parto, per i quali a distanza il docente ha chiesto alla classe di preparare tre cartelloni". Uno su gravidanza e parto, il secondo sul concepimento e i metodi anticoncezionali e il terzo sulle modificazioni ormonali della gravidanza e gli aspetti psicologici post-parto. "Nessun riferimento a temi inerenti l’aborto o la realizzazione dislogan antiabortisti" precisa la dirigente
L’insegnante ha poi chiesto di inviare su Classroom il materiale raccolto. Il sedici marzo una persona della classe ha pensato di affiggere materiale autoprodotto, da lei stessa ideato e costruito sulla falsariga del testo di una canzone che spopola su Tik Tok, cercando di riprodurre rime e ritmo. Con la collaborazione di alcuni compagni questi volantini sono stati affissi" in due corridoi.
E' scoppiato il caso, la scuola si è mossa con una indagine interna. La persona responsabile ha successivamente riferito che le sue intenzioni non erano quelle di manifestare un dissenso riguardo il diritto di aborto (benché a chiunque sia apparso tale) e che il gesto sia stato malinteso. "Non sapevo che un'alunna avesse interrotto una gravidanza", la giustificazione. Insomma, conclude la preside, "si pensa si sia trattato dunque di una nefastacoincidenza", un "drammatico equivoco".
La dirigente, che ricorda il regolamento in cui si vieta l'affissione di materiale sui muri della scuola, trae anche le conclusioni da punto di vista educativo: cosa ci insegna quanto accaduto? Intanto che "in un luogo istituzionale, come è la scuola, è necessario astenersi da iniziative autonome non concordate con i docenti poiché possono risultare lesive della sensibilità altrui", che "l’uso indiscriminato dei social è negativo" e che "ogni azione, anche se non compiuta a fin di male, può avere conseguenze che male fanno". E di male ne hanno fatto a una ragazza che, con grande maturità, non ha voluto che venisse reso pubblico il/la colpevole, ma che tutto questo diventasse occasione di dibattito e di confronto.
"Ma più di tutto questa storia ci ha ancora una volta insegnato che la parola, così bella ricca e potente, può essere veicolata in tanti modi - conclude la preside - che però abbiamo verificato di non saper ben maneggiare (adulti compresi). E così siamo scaduti nell’automatismo che tende a livellare l’espressione sulle formule più generiche, anonime, astratte e per questo estremamente e maldestramente equivocabili. Un’occasione imperdibile per rimetterci al lavoro".