Anche una sedia divide Erdogan e l'Ue
Può una sedia diventare un caso diplomatico? Sì, soprattutto se si tratta di una sedia mancante, se in analoghe situazioni passate la sedia c’era e se la personalità cui doveva essere destinata è una donna. Come si vede bene dal video girato ieri sui social e come ammesso oggi dal suo portavoce Eric Mamer, la stessa Ursula von der Leyen è rimasta “sorpresa” ieri quando ha visto che non c’era una sedia per lei all’incontro con il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. Solo due posti: uno per Erdogan e l’altro per il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, che però evidentemente non ha condiviso la stessa sorpresa della presidente della Commissione Europea, in quanto ha preso posto impassibile accanto al leader turco, lasciando von der Leyen nel suo sbigottimento. Il caso diplomatico c’è e, all’indomani della missione europea ad Ankara, aggiunge tensione non solo ai rapporti che Ue e Turchia stanno tentando di rimettere in sesto, ma anche tra presidenza del Consiglio Europeo e Commissione.
Dopo la “sorpresa, von der Leyen ha deciso di andare avanti, dando priorità alla sostanza dell’incontro più che al protocollo”, spiega Mamer rispondendo alle numerosissime domande dei giornalisti al briefing quotidiano con la stampa. La presidente della Commissione ha infatti accettato di sedersi su un divano di fianco alle due sedie in elegante stile regale di Erdogan e Michel.
Ciò non toglie che “indipendentemente dal fatto che von der Leyen sia una donna, la presidente doveva essere accomodata come le altre istituzioni europee”, continua il suo portavoce senza nascondere irritazione non solo nei confronti delle autorità turche ma anche per il comportamento indifferente di Michel. “La presidente ha dato mandato al suo team di chiedere spiegazioni a tutte le parti interessate” a quello che è un incidente o una gaffe diplomatica a tutti gli effetti.
Un incidente voluto? Perché il punto è questo: la sedia mancante per von der Leyen è un’altra mossa di disprezzo per i diritti delle donne da parte del governo di Ankara, dopo la decisione di ritirare la propria firma dalla convenzione di Istanbul sulla lotta alla violenza sulle donne? Come il caso diplomatico, anche il dubbio c’è, anche nella stessa Commissione europea.
In un altro summit tra Ue e Turchia nel 2016, le sedie erano tre: per Erdogan e gli allora presidenti del Consiglio Europeo Donald Tusk e della Commissione Europea Jean Claude Juncker. Tre uomini. C’è da dire che in questo caso l’incontro non si tenne in Turchia, bensì a Hangzhou, in Cina, a margine dell’undicesima edizione del G20. Ad ogni modo, Erdogan poteva anche approfittare di questo precedente per poter ‘copiare’ il protocollo. Non è successo.
E adesso l’Unione con tutte le sue istituzioni e su spinta dell’amministrazione Biden si ritrova a dover negoziare un nuovo rapporto con la Turchia - partner Nato, fondamentale per bloccare i flussi di migranti dai Balcani nonché interlocutore essenziale sulla Libia dove comunque per ora conferma la presenza delle sue truppe - anche se Ankara non solo ripudia la convenzione di Istanbul ma si permette anche affronti come quello di ieri verso von der Leyen senza fornire spiegazioni.
L’incidente, dice il portavoce della presidente della Commissione, ha fornito “l’opportunità per parlare con maggiore vigore dei diritti delle donne e della convenzione di Istanbul”. Parole che confermano, in maniera diciamo ‘elegante’, il dubbio sul carattere sessista del protocollo scelto dagli interlocutori turchi. La presidente della Commissione Europea chiede che Ankara faccia passi avanti in questo senso, in vista del Consiglio europeo di giugno che dovrebbe discutere dei rapporti tra Ue e Turchia e fornire un’altra tranche di aiuti a Erdogan (oltre ai 6 miliardi già sborsati nel 2016) per fermare l’immigrazione da est.
E ora si attendono le spiegazioni da Ankara. Ma anche dalla presidenza del Consiglio Europeo. Ancora non ne sono arrivate.