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“Comprare moglie”: cronache di schiavitù e violenza

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

SFORBICIATE LIBRI – Una volta tanto parliamo di noi. Questa settimana è uscito un mio libro “Comprare moglie – Cronache di schiavitù e violenza”,edizioni Marietti 1820.La prefazione è della scrittrice e studiosa della schiavitù Emma Pomilio e la postfazione è del professore di scienza politica di Bologna Gianfranco Pasquino. Il libro contiene 21 storie,oltre l’introduzione.Ecco i titoli : la storiaccia di Macerata, il traffico degli organi,l’assassinio della brasiliana Marielle Franco,la storia del medico Denis Mukewege (“l’uomo che ripara le donne”),la dolorosa vicenda delle ragazze rapite di Boko Haran,le bambine in vetrina del Bangladesh,delle bambine del Nepal costrette a sposarsi,gli stupri e i massacri dei militari birmani,”Le ragazze indiane con la testa di mucca”,le violenze contro le donne in India(“L’odissea di Nirbhaya”),Il gioco della pakistana,le bambine spose dell’Afghanistan (“Shagul sepre nuda” ), lo sfruttamento delle ragazze in Cambogia (“Per uno spiedino di tarantole”),Storia di Nadia,ragazza yazita,il massacro delle prostitute in Iraq,la violenza contro le donne in Iran,il commercio delle donne in Asia, le guerrigliere del Caucaso, La tragedia delle mutilazioni genitali. Anticipiamo l’ultimo capitolo, “Schiave e mullah”.

Per caso mi sono imbattuto, qualche tempo fa, in un rapporto semiclandestino, elaborato nel 2018 dal Comitato delle donne del Consiglio nazionale della Resistenza iraniana. Lo scopo era documentare non solo il fenomeno dello schiavismo femminile in Iran ma anche il ruolo degli esponenti del regime che lo hanno sempre sostenuto e incoraggiato. Nel rapporto si legge: «Il traffico di giovani donne e di bambine iraniane, per il loro sfruttamento, in particolare verso i Paesi arabi e il Golfo Persico, è pratica comune. Questo fatto è stato ammesso pubblicamente nel 2008 da Hassan Abbasi, uno dei principali teorici del regime teocratico. Abbasi criticò il presidente in carica Mohammad Khatami, il ministro dell’Intelligence Ali Younesi, il Consiglio per il discernimento, l’Irgc (Corpo delle guardie rivoluzionarie), i Basiji, il capo della magistratura Mahmoud Hashemi Shahroudi, nonché Mohammad Baqer Qalibaf, allora comandante delle forze di sicurezza e attuale sindaco di Teheran, definendoli irresponsabili per non avere affrontato la situazione drammatica del traffico delle giovani donne e bambine iraniane nei Paesi arabi e per non essere intervenuti per fermare quella forma di schiavitù moderna». Il rapporto era ampiamente documentato sulla tratta delle donne ed era particolarmente dettagliato non sullo schiavismo dei secoli scorsi o anche solo di decenni fa, ma sulla schiavitù femminile dei nostri tempi. Le giovani colleghe che mi hanno aiutato a tradurlo erano esterrefatte. Nessuna di loro avrebbe mai pensato che questo tragico fenomeno fosse ancora attuale, soprattutto in un Paese di millenaria civiltà come l’Iran. Ma poi si sono ricordate che questo Paese è da oltre mezzo secolo dominato da un regime islamico tirannico, che viola i diritti umani e che, in particolare, non tiene in alcuna considerazione il rispetto delle donne e delle bambine. Che esistesse una “schiavitù moderna” era noto ovviamente da tempo, ma non erano mai state trovate e pubblicizzate prove certe dell’estrema gravità dello schiavismo contemporaneo. Che cosa è emerso da questo dossier? Non esiste un’indagine planetaria sullo schiavismo. Quasi sempre si procede a tentoni o con indagini parziali, affidandosi a stime di studiosi o di Ong, ma siamo ben lontani dalle ricerche scientifiche approfondite condotte da istituti scientifici rigorosi, anche perché le Nazioni Unite, l’Unione europea, le agenzie internazionali Onu e le stesse organizzazioni umanitarie mondiali rivelano insufficienze (o strumentalizzazioni) delle periodiche indagini che vengono pubblicizzate sui media. Vi è però una grande quantità di dati parziali e non omogenei che confermano la gravità di questo fenomeno planetario. Il rapporto riservato sull’Iran è estremamente significativo perché conferma, forse per la prima volta, l’estrema complessità dell’esistenza dello schiavismo femminile, sia pure limitatamente a un Paese con regime dittatoriale e religioso. Vediamo qualche esempio. Nel 2004 una Ong statale (l’Organizzazione per la difesa delle vittime di violenza) ha dichiarato che ogni mese quarantacinque giovani donne e ragazze iraniane, tra i sedici e i ventisei anni, vengono vendute a ricchi uomini di Karachi (Pakistan). Lo stesso anno il quotidiano “Sharq” scrisse: «Oggi un gruppo di ragazze e ragazzi sarà venduto all’asta a Fujairah (Emirati Arabi Uniti). L’asta è stata organizzata due settimane fa a Teheran, durante una Mostra internazionale. I mercanti di schiave hanno scelto cinquantaquattro delle duecentosessantasei ragazze iraniane allineate negli stand degli Stati arabi per essere inviate nei Paesi del Golfo». Le autorità governative iraniane consentivano o meglio tolleravano questo traffico di donne. Il capo del governo di quel tempo, Mohammad Khatami, smentì questa notizia. Ma pochi giorni dopo un pilota delle linee aeree degli Emirati, Mostafa Bin Yahya, di origine iraniana, confermò che ogni giorno nove voli regolari e venti voli speciali trasportavano ciascuno una media di dieci-quindici ragazze dall’Iran a Dubai. La maggior parte delle giovani donne provenivano da Abadan, Ahvaz, Zahedan, Tabriz e Kermanahan. Il numero più alto era, ed è ancora, quello delle ragazze di Teheran e Mashhad. Il pilota ha anche aggiunto che ogni mese ritornavano a Teheran i corpi senza vita di tre o cinque ragazze. Nel rapporto si dice esplicitamente che «la polizia non ha mai fatto indagini su questo traffico di iraniane nei Paesi arabi». Forse, si aggiunge, c’è stata qualche timida denuncia di esponenti del regime e solo qualche notizia in tv e sui social. Ad esempio, nel settembre 2004, il mullah Keshani, editore della rivista “Yalessa”, polemizzando con altri alti esponenti del regime, affermò: «Alcune bande corrotte […] sono affiliate a personaggi influenti della Repubblica islamica. Sono disposto a provarlo a chiunque lo voglia. Posso fornire i documenti. In alcuni casi, come quelle della vendita di ragazze agli sceiccati di Dubai, gli agenti coinvolti sono parenti dei funzionari (iraniani). Essi agiscono nella totale impunità, sicuri che nessuna agenzia li fermerà. Ricevono fra i dodici e i quindici milioni di toman, per ogni ragazza iraniana venduta agli sceicchi». (Nel 2020 un dollaro valeva quindicimila toman; nei mesi precedenti il cambio scendeva a tredicimila e cinquecento toman). Nel rapporto si segnala l’assenza di altre denunce pubbliche e si ricorda che l’Iran «è una dittatura religiosa e tutti hanno paura di denunciare». Si indica solo che nel 2008, il 5 febbraio, il quotidiano “Jomhourl” pubblicò un articolo sui nuovi mercati delle bande dei trafficanti di esseri umani legate al regime iraniano (Le donne iraniane nei cabaret cinesi). Il giornalista scrisse: «Dopo gli sceiccati di Dubai, ora è diventata la Cina il rifugio per quelle persone». Nel 2009 il sito web HamMihari ha rivelato che le ragazze iraniane vengono messe all’asta in India facendo guadagnare due milioni di toman a notte. Nel sito si scriveva anche: «Le ragazze iraniane che di solito vengono contrabbandate verso Dubai e gli Emirati Arabi, hanno tra dieci e diciassette anni». Una delle vittime dichiarò nello stesso sito web: «Sono diventata una miserabile a Dubai. Oggi ho una vita terribile. Molte mie amiche che erano insieme a me all’asta sono scomparse, non sono più in vita». Un altro esperto di questo traffico di esseri umani, Sulmaz Sharif, non ha avuto reticenze a dichiarare, in un sito web, della pratica diffusa di contrabbandare donne e ragazzine della provincia di Khorasan e del Sistan e Belucistan verso l’Afghanistan e il Pakistan. Sharif ha detto: «I trafficanti solitamente individuano le giovani donne e le ragazzine fra le famiglie indigenti. Poi si presentano come ricchi pretendenti di Zahedan (capitale della provincia di Sistan e Belucistan) che vogliono sposare le loro figlie. Dopo averle sposate le avviano verso i bordelli di Quetta, Karachi e altre città. Le vittime vengono fatte uscire dall’Iran in due modi. Il primo è il matrimonio legale, dopo il versamento di una somma di denaro alle loro famiglie. L’altro sistema è il rapimento a opera di bande di trafficanti che poi trasferiscono illegalmente le ragazze oltre il confine». Ancora altre due conferme. La prima è dell’ottobre 2013. Mahmoud Sadeql, capo delle forze di sicurezza dell’Ufficio immigrazione, ha ammesso di «non negare… che le ragazze iraniane vengono contrabbandate verso i Paesi arabi». La seconda notizia è del luglio 2017: «Una banda di trafficanti di esseri umani ha ammesso di aver trasferito più di ottocento ragazze fuori dall’Iran per ridurle in schiavitù». Dati ufficiali sull’entità di questo fenomeno? Nessuno; si sa soltanto, dalle pubblicazioni statali, che ogni anno a Teheran fuggono dalle proprie case circa il 15% delle ragazze tra i quattordici e i diciotto anni. In particolare, dal 2000 al 2003, sono scomparsi circa ventiduemila bambini di strada, di entrambi i sessi. Sono proprio questi bambini e le ragazze che scappano dalle loro famiglie le prede privilegiate dei trafficanti di esseri umani. Altri dati del rapporto riservato documentano che solo tredici milioni di bambini, dei venti milioni che dovrebbero iscriversi alle scuole elementari, risultano registrati al Ministero dell’Istruzione. Si ipotizza che ben sette milioni di bambini e bambine possano diventare potenzialmente vittime delle bande di trafficanti. I dati confermano infatti la cifra impressionante di bambini di strada (fra i tre e i sette milioni) abbandonati sia a Teheran che in tutte le altre grandi città (Mashhad, Shiraz, ecc.). Una donna, guardia carceraria di un grande penitenziario, ha rilasciato, in forma anonima, un’intervista per rivelare che «le ragazze finite in carcere diventano prede dei mercanti di esseri umani». E ha aggiunto: «Molte ragazzine fuggite da casa vengono facilmente ingannate con promesse che poi si riveleranno false perché le ragazze verranno vendute e avviate alla prostituzione, quando non viene loro riservata una sorte peggiore. Influenti funzionari carcerari facilitano la consegna delle giovanissime donne ai capi delle bande criminali». I trafficanti cercano di solito le giovani donne e le ragazzine tra le famiglie povere. Il rituale è sempre lo stesso, con poche varianti. Si fingono persone dotate di un buon reddito (commercianti, professionisti, agricoltori, funzionari dello Stato, ecc.), in cerca di una ragazza da sposare. Dopo i matrimoni le ragazze vengono portate nei bordelli delle grandi città pakistane. Molte di queste ragazze però non arrivano mai a destinazione a causa delle dure condizioni di viaggio e spesso i loro corpi finiscono in mare. La professoressa Shania Mo’azzami-pour, dell’Università di Teheran, ha raccontato che questi falsi matrimoni valgono sia per il Pakistan che per il Golfo Persico. «Spesso – osserva la studiosa – i trafficanti ingannano le donne e le ragazze che cercano lavoro: le nascondono nelle stive delle navi e le contrabbandano in condizioni orribili, costringendole a diventare schiave sessuali. Lavorano tra le sedici e le diciotto ore al giorno e sono perennemente esposte a rischi di gravi malattie veneree, fra cui l’Aids. Vi sono un’infinità di altri casi (in gran parte documentati nel Rapporto delle donne della Resistenza iraniana): le ragazze “sposate” e poi stuprate anche da familiari dei mariti, bambini nascosti in luoghi segreti, sino a quando non raggiungono la pubertà, poi messi in vendita nei mercati degli Emirati, dell’India e del Medio Oriente. Negli Emirati e in Pakistan le ragazze vengono vendute durante cerimonie chiamate “Haifa”, in occasione dell’Eld al-Fitr o dell’Eld al-Adha. Se una ragazza non viene acquistata, allora viene costretta a prostituirsi nei cabaret. Molte vittime finiscono in alberghi di periferia, come quelle di un quartiere, noto come Daroi, dove vietano l’ingresso ai turisti iraniani». Vi sono, come si è detto, diffuse connivenze e complicità tra pasdaran, le altre forze di polizia, le autorità e i mercanti di esseri umani. Nell’autunno del 2006 il capo dell’Interpol in Iran dichiarò che, secondo le sue stime, ogni anno migliaia di iraniane venivano vendute all’estero per lo sfruttamento sessuale. Aggiunse che il traffico di giovani donne e di bambine verso i Paesi vicini è uno degli affari più redditizi in Iran e che viene svolto con la complicità dei funzionari di polizia e del governo. Prima ancora, un altro rapporto del 2003 aveva rivelato che, dopo il terremoto nella storica città di Bam (nella provincia di Kerman, Iran meridionale) numerose ragazze rimaste orfane erano state rapite e portate in un noto mercato di Teheran, per essere vendute a mercanti iraniani e stranieri. La notizia è apparsa sull’agenzia di stampa ufficiale Fara. Il sito web saudita “Saudi Al-Maiaf” (8 giugno 2008) riportava la sintesi di un rapporto del Dipartimento di Stato americano che indicava il regime iraniano come «il primo nella lista dei Paesi che praticano il traffico di esseri umani». Il sito così commentava la notizia: «L’Islam diffuso da Khomeini e dai suoi eredi, vale a dire l’Islam del regime iraniano, ha riportato in vita l’età dell’ignoranza, nella quale gli esseri umani vengono venduti e comprati. I più alti livelli del sistema di potere in Iran sono coinvolti nel business del traffico di esseri umani. Tra essi, vi è il figlio di Rafsanjani come uno dei capibanda. Qualche giorno dopo quel capobanda è stato accusato anche dalle autorità di sfruttamento sessuale». Il traffico di donne e bambine ha un giro d’affari colossale. Il 25 dicembre 2005 il quotidiano ufficiale “Iran” ha pubblicato questa notizia: «C’è qualcuno che guadagna almeno quindici milioni di toman dalla vendita di ogni ragazza e viene multato di soli trecentomila toman e immediatamente rilasciato dopo aver pagato questa multa». Il mercato di donne e bambine è diventato un business da miliardi di dollari, con enormi profitti. Ecco perché esistono tante complicità, anche nelle istituzioni e, in particolare, nel governo e nella chiesa. Sono state inventate anche le formule del “matrimonio temporaneo” per giustificare la prostituzione e altre forme di sfruttamento sessuale. Ricordiamo che non esistono leggi rigorose, come quelle dell’Occidente, per reprimere il traffico degli esseri umani e il regime iraniano si è sempre rifiutato di firmare le convenzioni internazionali che proteggono i diritti delle donne e delle bambine, nonché i protocolli e le convenzioni contro il traffico di esseri umani, come il 2000 UN Trafficking in Persons Protocol e la Convenzione dell’Onu contro il crimine organizzato transnazionale. Z_Forbice.indb 145 05/03/2021 10:32:55146 Comprare moglie Nel Rapporto 2017 sul traffico degli esseri umani il Dipartimento di Stato americano ha dichiarato: «Informazioni pubbliche provenienti da Ong, dai media e da organizzazioni internazionali indicano che il governo iraniano non sta facendo passi significativi per affrontare il suo enorme problema del traffico di esseri umani. Le vittime di questo traffico restano altamente vulnerabili alle pene, compresa la morte, per atti illeciti commessi come diretta conseguenza dell’essere soggette a tale traffico»Aldo Forbice

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