''Si contrasti nei fatti il regime di Erdogan'', dopo lo schiaffo di Ankara le commissioni pari opportunità scrivono a Draghi e all'Europa
TRENTO. C'è anche la commissione pari opportunità della Provincia di Trento tra le firmatarie di un documento che chiede ''alle istituzioni democratiche di reagire politicamente a questo arretramento che allontana in misura ancora più rilevante la realizzazione dell’uguaglianza di genere e di una democrazia paritaria compiuta''. Il riferimento è al cosiddetto ''schiaffo di Ankara'' e a quel che è accaduto qualche giorno fa alla Presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen fatta accomodare sul divano mentre le poltrone centrali venivano riservate al premier Turco Erdogan e al presidente del consiglio europeo, Charles Michel.
L'evento ha scatenato l'indignazione di tutti, letto in chiave sessista nei confronti della presidente della commissione europea, e pare abbia anche incrinato i rapporti tra le due alte cariche dell'Ue con Michel accusato di aver accettato quella situazione senza né chiedere una terza sedia né cedere la sua a Von Der Leyen. Il presidente del consiglio europeo in un'intervista al Sole24Ore ha spiegato che ha già espresso il suo ''rincrescimento alla signora Von Der Leyen e a tutte le donne. Vi assicuro - ha chiarito - che da allora non dormo bene la notte e che nella mia testa ho riavvolto il film dell'episodio decine di volte. Assumo la mia parte di responsabilità". E poi ha aggiunto: ''Ho avuto qualche secondo per decidere l'atteggiamento da avere. Sul momento la mia impressione è stata che un'eventuale reazione avrebbe messo in dubbio il lungo lavoro diplomatico che aveva preparato la nostra visita. Inoltre non volevo avere nei confronti della signora Von der Leyen alcun atteggiamento paternalista".
L'incidente sessista ha, però, avuto il suo risvolto positivo: ha messo a nudo quanto imbarazzante sia per l'occidente democratico avere come partner la Turchia di Erdogan che negli anni è scivolata sempre più verso l'autoritarismo, dal 2016 (dopo il fallito golpe) ha fatto incarcerare e sparire buona parte degli avversari politici del premier e da anni è ai primi posti nel mondo per numero di giornalisti in stato di arresto (dopo il golpe il governo fece chiudere 150 tra giornali cartacei e giornali online).
C'è poi il dramma dei migranti: il 2016 c'è stato l’accordo (miliardario) fra Unione europea e Turchia per ridurre l’immigrazione irregolare verso la Grecia e da quel momento Erdogan si è trasformato nel ''cane da guardia'' dell'Europa per i flussi migratori provenienti da quell'area con innumerevoli violazioni dei diritti umani. E anche per rinnovare quell'accordo Von Der Leyen e Michel erano andati ad Ankara negli scorsi giorni. E poi c'è il tema del rispetto della donna: il presidente Recep Tayyip Erdoğan il 20 marzo ha revocato la partecipazione della Turchia alla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, dopo che il 14 marzo 2012 era stata invece il primo Paese a ratificarla.
Da tutti questi rapidi e approssimativi passaggi emerge, comunque, un chiaro progetto politico di Erdogan volto a riaffermare la centralità della Turchia nello scacchiere locale come punto di riferimento di tutto il blocco islamico (pur essendosi lui inizialmente accreditato come leder laico) e in questo quadro sono andati gli interventi militari in Siria quelli in Libia e si inserivano anche gli insulti alla Francia e al premier Macron nello scorso ottobre che aveva criticato l'islam radicale ''separatista'' rispetto ai valori statali. "Cosa si può dire di un capo di Stato che tratta in questo modo milioni di membri di gruppi religiosi diversi - aveva detto Erdogan - prima di tutto, fare perizie psichiatriche". Lo scontro con l'Europa è aperto da tempo e la delegittimazione delle istituzioni europee è diventata una prassi, paradossalmente eseguito forte anche dei miliardi di euro che proprio dall'Europa arrivano ad Ankara.
Il ''sofagate'' degli scorsi giorni ha acceso un faro. Il premier italiano Mario Draghi (non a caso simbolo dell'Europa) lo sa bene e ha ammesso chiaramente che Erdogan è un ''dittatore'' ma un dittatore di cui abbiamo bisogno. Il faro è acceso, ora bisognerebbe cercare di non farlo spegnere.
Questo il comunicato delle commissioni pari opportunità di Regioni e Province autonome
SCHIAFFO DI ANKARA.
Il coordinamento delle commissioni pari opportunità di Regioni e Province Autonome italiane invita la UE a non limitarsi alle parole o alle richieste di censura. Roberta Mori: “Troppo grave l’escalation turca dopo il ritiro dalla Convenzione di Istanbul, tutte le donne sono a rischio arretramento e serve reazione politica unitaria.” «Quello che è accaduto ad Ankara è una mancanza di rispetto inaccettabile, non solo verso la Presidente Ursula Von Der Leyen e l’Unione Europea ma nei confronti di tutte le donne, che richiede dunque scelte politiche conseguenti.».
È quanto dichiara la coordinatrice nazionale delle commissioni Pari Opportunità di Regioni e Province Autonome, Roberta Mori. «Come Coordinamento da tempo impegnato fuori e dentro i confini regionali di riferimento per la realizzazione dell’uguaglianza di genere e di una democrazia paritaria compiuta, esprimiamo solidarietà alla Presidente della Commissione Europea e il convincimento che la questione non sia diplomatica ma politica, – spiega Mori – in quanto conferma la protervia di un sistema di potere patriarcale che ha influenza sull’Europa e sta minacciando il nostro sistema di tutele, diritti e valori democratici.»
Già all’indomani del recesso della Turchia dalla Convenzione di Istanbul per il contrasto alla violenza di genere e domestica, le presidenti delle Commissioni Pari Opportunità si erano rivolte alle Autorità europee e italiane per chiedere una concreta attivazione al fine di sostenere i diritti delle donne turche, accelerare la ratifica della Convenzione da parte di tutti gli Stati europei e contrastare nei fatti il regime di Erdogan. «Ciò che riteniamo pericoloso – spiega la coordinatrice nazionale - è non reagire istituzionalmente e politicamente ad una evidente escalation oscurantista della Turchia e ad un arretramento culturale che ci riguarda da vicino, per eventuali altre convenienze che nulla hanno a che fare con il rispetto delle donne e la protezione dei diritti umani.»
«Lo “schiaffo di Ankara”, come è stato definito, non va perciò ridotto a incidente di protocollo o risolto con la pur doverosa richiesta di censura del presidente del Consiglio Europeo Jean Michel. – conclude Roberta Mori – Chiediamo con forza ai Governi e rappresentanti italiani ed europei di scegliere da che parte stare in ogni occasione di confronto economico e politico con il governo turco, dando prova della volontà di evitare la deriva dei valori di uguaglianza che fondano l’Europa e la nostra Repubblica.»