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Covid, noi sopravvisuti: ecco come il virus ci ha cambiati

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Hanno vinto la battaglia contro il Covid. Oggi sono guariti, ma quell’esperienza ha segnato per sempre le loro esistenze, cambiandoli profondamente. Per tutti è difficile, se non impossibile, scrollarsi quella sensazione di paura che continua ad accompagnarli. Ecco loro storie che mettono a disposizione anche per aiutare chi ancora viene colpita dal virus.

imageimage “Sono molto più guardingo, attento. Evito assembramenti, una chiacchiera me la faccio all’aperto non tolgo mai la mascherina e soprattutto oggi sono più propenso a mandare a quel paese la gente: diciamo che prima pensavo fino a 10, ora mi fermo a 7”, scherza ma neanche tanto l’attore Gino Rivieccio che aggiunge: “Con la riapertura sarò sempre più accorto anche se ho una immunità che diciamo mi sono guadagnato sul campo, una memoria storica rappresentata dagli anticorpi. Ce li ho ancora”. Timori, ma anche una irresistibile voglia di ricominciare: “Vivere così non ci piace, per questo sono per i vaccini – sottolinea l’attore - una vita senza abbracci, senza baci, senza teatro, cinema, stadio non è una vera vita”. Rivieccio il momento più difficile lo ha vissuto all’inizio del contagio: “Erano andato in ospedale per sottopormi alla tac dopo 15 giorni di febbre, pensavo di poter tornare a casa subito dopo, invece, mi hanno ricoverato di urgenza. Avevo con me solo il caricabatteria del cellulare”.

imageimageRossella Calabritto è un’avvocata di Caserta molto impegnata nella battaglia per i diritti delle donne, e  paragona il Covid a una violenza fisica: “Sai che il livido certamente passa, che forse ti resterà qualche cicatrice, ma quella che non andrà più via è la violenza emotiva subita, così ha fatto il Covid con me. Oggi sono passati quattro mesi e mezzo dalla mia negativizzazione e sei circa dall’insorgere della malattia. Il mio corpo si riabitua pian piano a una normalità ma tra malattia e medicinali presi, il Covid mi ha lasciato una stanchezza latente, pressione alta, di cui non avevo mai sofferto, e intermittente difficoltà di memoria e di concentrazione. Psicologicamente invece alterno momenti di paura, meglio direi terrore, per le persone a me care, nessuna delle quali è stata contagiata, alla felicità che ho ricevuto di esserne uscita tutto sommato bene. La chiamerei una sorta di sindrome del sopravvissuto che forse mi rende intollerante chi non rispetta regole”. Calabritto scoprì di essere positiva al Covid lo scorso novembre: “Dopo una settimana di febbre alta e dolori muscolari lancinanti, andai a fare il tampone. Mentre, rientrata a casa, attendevo il risultato mi accorsi di aver perso improvvisamente olfatto e gusto. Quel momento di consapevolezza unitamente a certe notti in cui mi imponevo di non dormire terrorizzata dal poter morire sono stati i momenti più duri”.

imageimage Anche Gennaro Esposito è un avvocato, nonché presidente del “Comitato Vivibilità cittadina” che da anni combatte contro la movida selvaggia: “Ho vissuto il Covid da grande incompreso – racconta – in pratica nessuno me lo diagnosticava, nonostante la febbre e i sintomi che avevo: la tac poi ha scoperto anche una polmonite interstiziale. Sono arrivato persino a correre avanti e indietro nel corridoio di casa riprendendomi in video che poi mandavo al medico affinché potesse accertare se avessi problemi di affanno. Ho avuto la conferma ufficiale di essere stato colpito dal Covid sottoponendomi al sierologico.  E’ stata una esperienza durissima: la mattina mi sentivo bene, poi il pomeriggio mi saliva la febbre a 39-40 gradi. Desideravo solo passare una giornata intera senza febbre. Adesso è come se il fisico avesse memoria del Covid: ho problemi di astenia, spesso mi sento stanco. Anche i sapori sono alterati: ad esempio percepisco un grande contenuto di acidità nel vino e nella birra”.

Mario Coppeto è stato il primo consigliere comunale a essere colpito dal virus: “E’ una malattia inaspettata che ha prodotto nuove paure ed incertezze ma anche la consapevolezza che gli eventi avversi bisogna affrontarli in maniera collettiva. Gli stili di vita fin qui perseguiti talvolta senza valore, necessitano di rivisitazioni. In tutti i campi: alimentazione, rapporti personali e interpersonali. Nei primi mesi non è stato facile. La polmonite bilaterale mi ha accompagnato per un po’ di tempo costringendomi a controlli diagnostici intensi ma necessari. I primi giorni dal ricovero in ospedale, al Cotugno sono stati caratterizzati da paure e tensioni. Le informazioni esterne, i morti e i numeri che crescevano non aiutavano ad immaginare una soluzione positiva. Il momento più bello, invece, è stato quando dopo tre mesi, ormai fuori pericolo, ho potuto contribuire alle guarigione degli altri donando il plasma”.

Ciro Fiola, presidente della Camera di commercio di Napoli, ha trascorso 21 giorni in ospedale: “I medici mi hanno salvato la vita”. Fiola ripercorrendo a ritroso quando avvenuto sottolinea di “essere stato molto attento, ho indossato sempre la mascherina e la mia compagna di viaggio è ancora oggi una boccettina con alcool puro per disinfettare ogni cosa. Eppure mi sono contagiato, il virus è riuscito a colpirmi duramente. Oggi invito chiunque a rispettare le regole, non tolgo mai la mascherina e non accetto che lo faccia chi mi incontra. Le conseguenze – aggiunge il numero uno della Camera di commercio - sono più di carattere emotivo, per fortuna, perché ho sostenuto una riabilitazione molto intensa, per quasi quaranta giorni, riuscendo a salvare i miei polmoni. Anche i medicinali, comunque, hanno lasciato uno strascico: dopo la malattia avevo l’azotemia a 88 e ho dovuto sostanzialmente “disintossicarmi”. Il momento più drammatico per Fiola è stato l’arrivo in ambulanza al Cotugno: “Mi sono reso conto che stavo rischiando di non rivedere più la mia famiglia, mia moglie e i miei figli, che non avevo potuto neppure salutare. Per fortuna e grazie alla bravura dei medici, sono riuscito a tornare a casa e  al lavoro”. Oggi Fiola dice di “pensare spesso a chi si ammala e, a dire il vero, sono anche diventato una specie di punto di riferimento per tante persone che mi conoscono e che, una volta contagiati, mi chiedono consigli. Per chi sta a casa è chiaro che il riferimento è il medico di famiglia, ma purtroppo con questo virus infido c’è poco da scherzare. Mi hanno aiutato molto gli esercizi respiratori, anche durante il ricovero, che hanno tenuto in buone condizioni i polmoni. Resta l’augurio che si riesca ad accelerare sui vaccini, perché è l’unica cosa che ci potrà fare uscire da questo incubo”.

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