Buon compleanno, Ansalda! – Telestense
Intervista ad Ansalda Siroli, storica presidente UDI Ferrara.
“La vita politica è stata il mio mondo, volevo essere nel mio tempo e ci sono stata!”
C’è un anno che torna più volte nei ricordi di Ansalda Siroli, è il 1949, un anno di fatti drammatici, che per lei hanno avuto il ruolo di iniziazione alla vita politica. Nel 1949 Ansalda, che era già bracciante nelle campagne intorno a Filo di Argenta con la madre e la sorella, si iscrive all’Udi di Filo, dove è nata nel 1935.
Nel 1949, ma lei lo scopre più tardi, è stato pubblicato il romanzo “L’Agnese va a morire” di Renata Viganò, scrittrice e partigiana della Resistenza nell’area bolognese. Nel 1949, ricorda, è stata uccisa Maria Margotti, una vedova, madre di due bambine, di Filo di Argenta, costretta per vivere ad andare a lavorare in fornace, oltre che nei campi dopo la perdita del marito. Fu uccisa da una raffica sparata ad altezza d’uomo da un Carabiniere, durante uno sciopero bracciantile, al quale lei, che di politica non masticava nulla, aveva partecipato per seguire le compagne. “Un evento, ricorda, che mi ha segnato per sempre”.
La nostra intervista comincia da qui, dai ricordi della sua infanzia, che riaffiorano senza sforzo da un tempo che in lei convive con il presente. La sua è stata una famiglia di donne forti: la mamma amatissima, vissuta con lei fino alla morte, pochi anni fa. Desdemone, la sorella maggiore, che non c’è più, Raimonda, la più giovane, che vive in provincia di Ravenna. Quattro figure femminili lontane dalla grande Storia, unite di fronte alle traversie a cui l’epoca, la miseria e il dopoguerra esponevano le donne.
Il padre, poco presente sul piano affettivo, era operaio in fornace, un lavoro logorante, che lasciava poco spazio alle relazioni familiari. “Era un uomo deluso, avrebbe voluto fare il calciatore, perché era bravo a correre dietro al pallone, ma c’era troppo da lavorare- Doveva coltivare assieme alla famiglia del fratello 20 ettari di terreno a mezzadria, Non ce l’ha fatta”.
Lei da Filo di Argenta, dove ha avuto inizio la sua militanza politica nel PCI argentano, si è trasferita a Ferrara nel 1969 con Giorgio, il marito, e i due amatissimi figli, Roberto e Claudio. “A Filo ci eravamo già costruiti con tanti sacrifici una casa che ho lasciato piangendo, perché lì c’era un pezzo importante della mia vita”.
Non è stata un’infanzia facile, la sua. “Da piccola, abitavo con i miei in un’unica stanza, in un borgo di case di braccianti chiamato Borgo Gallina. Noi donne dovevamo guadagnarci da vivere perché a mio padre piaceva il gioco e spesso la sua paga se ne andava così. Non ha mai alzato, però, neppure un dito su mia madre o su di noi”.
Ma di uomini abituati a farsi intendere a suon di botte in famiglia, Ansalda ha sentito più avanti negli anni i racconti di tante donne, che andavano all’UDI per chiedere aiuto e consigli, o semplicemente per essere consolate.
“Era terribile ascoltarle. Piangevano e non sapevano cosa fare”. E’ nata da queste esperienze l’idea che l’ha portata a fondare alla fine del 1981 il Gruppo Donne e Giustizia, uno dei primi centri di ascolto e aiuto alle donne vittime di violenza, in famiglia e sulla strada, diventato, poi, il Centro Donna Giustizia, di cui lei è stata la prima presidente.
Coraggio, lavoro, povertà, gli orrori della guerra…come li ricordi?
“Vivevamo, ricorda, da braccianti in una delle aree più povere della provincia ferrarese, zona di bonifica e di risaie, devastate dalla violenza della guerra: “I tedeschi avevano minato i terreni per rallentare l’avanzata degli Alleati, così noi siamo rimaste senza casa e siamo sfollate da mio zio, più su, verso il fronte”. Mentre ricorda quasi in un soffio la paura delle bombe, dei rastrellamenti e delle rappresaglie dei tedeschi dopo l’8 settembre 1943, le torna il sorriso ricordando che i compagni di gioco la prendevano in giro “Perché avevo paura di morire”, dice, “…così mia mamma doveva consolarmi”. “No, Ansalda, no. Tu non morirai”. Forse, suggerisco, hai preso da questa paura il coraggio di tante battaglie dentro l’Udi e in politica per affermare i diritti delle donne, la parte più debole della società di allora. “La morte mi fa ancora paura, ma non temo le avversità e neppure la malattia”. Così ha sopportato da sola e quasi con naturalezza il trapianto di un rene andando in Svizzera con la sorella, mentre Giorgio era in ospedale a Ferrara. Così continua a sopportare le cure antirigetto che l’accompagnano da allora.
In risaia ha lavorato poco più che bambina, ma a distanza di tanti anni ricorda ancora l’acqua gelida attorno alle gambe. Ricorda la fatica dei campi, dove si lavorava a suon di braccia. “Dovevamo aprire la strada alla mietilega, mia madre mi vedeva maneggiare il falcetto con difficoltà e veniva in mio aiuto. Non ero tanto brava, ma il collettivo agricolo dava lavoro a tutti, bravi e meno bravi. Ne avevamo bisogno”.
Nel primo dopoguerra Ansalda ha vissuto la stagione dei grandi scioperi bracciantili. “Un giorno all’arrivo della Celere noi ragazzine siamo scappate lungo i fossi, terrorizzate”. Ansalda si salvò dal carcere, trovando il coraggio di dire a un poliziotto che l’aveva scovata nel suo nascondiglio: “Basta, lasciami stare, che cosa direbbe tua madre se ti vedesse adesso, qui?”
“Con la libertà e con la pace sono arrivate, racconta, le prime belle esperienze: “La licenza elementare” – acquisita grazie ad un maestro che le diede fiducia- “Avevo fatto solo fino alla IV, ma scrivevo dei bei temi”. Poi la prima esperienza lontano da casa, a Piombino nella Scuola dell’UISP, “Venne Luciano Bratti a chiedermi di seguire un corso di educazione allo sport”. Una esperienza importante, che in breve la trasformò in una allenatrice di squadre femminili di pallavolo dei paesi dell’argentano. “Mi fece scoprire il diritto delle ragazze di fare attività sportiva con una libertà allora davvero sconosciuta”, come lei stessa dice nel video dell’Uisp “Capitane coraggiose” voluto nel 2019 per i 70 anni dell’Associazione da Manuela Claysset, ferrarese, allora presidente nazionale dell’Uisp.
Famiglia, lavoro e politica sono stati il perno attorno cui è ruotata tutta la sua vita, grazie anche al marito Giorgio, pure impegnato in politica, incontrato nella Federazione giovanile comunista di Argenta e sposato a 19 anni.
“Giorgio è l’uomo più comprensivo del mondo, ma allora, se eri impegnato in politica, mica potevi concederti il tempo di fare la corte a una ragazza. Insomma si è dichiarato soltanto dopo il viaggio che feci per partecipare al Festival mondiale della gioventù a Bucarest, in Romania, con la delegazione di Argenta del PCI”.
Nel 1969 il passaggio a Ferrara, “…con il pianto nel cuore”. Perché?
“Lasciavo Filo, la mia casa, i miei compagni. Ma ho capito presto che la mia vita non sarebbe cambiata granchè. Dopo i 7 anni in Consiglio Comunale ad Argenta, i miei 17 anni in Consiglio comunale a Ferrara sono stati anni di grandi battaglie, per la casa, gli asili nido comunali, una città a misura di donne e bambini.
Per me è stata una grande soddisfazione aprire finalmente un asilo nido in un paese della provincia, a Massafiscaglia, dove c’era un Circolo molto attivo dell’Udi.
Sapevo che cosa significava mettere i bimbi all’asilo per una madre che lavora “I miei bambini a Filo andavano dalle suore e una di loro, senza farsi sentire dalle altre suore, una volta mi disse “Se non fossi suora, farei quello che fai tu.”
Sono stati anche gli anni tormentati del terrorismo di Destra e di Sinistra. Tu come li hai vissuti?
“Il terrorismo e suoi anni di piombo, che abbiamo combattuto e sconfitto, ha spento l’entusiasmo del ‘68 e per la democrazia è stato un vero disastro, anche se proprio gli anni ’70 alle donne italiane hanno fruttato tante conquiste. L’introduzione del divorzio, il nuovo diritto di famiglia, la legge sull’interruzione di gravidanza e soprattutto più istruzione e una maggiore presenza delle donne sul mercato del lavoro, anche in professioni che le avevano sempre escluse. Sono stati anni di grandi affermazioni sul piano del riscatto sociale delle donne, ma c’è voluto del tempo perché ce ne accorgessimo tutte. La donna moglie e madre era il modello dominante. Oggi non è più così, ma lo paghiamo duramente. Parte del mondo maschile non lo accetta ancora. Oggi sono gli uomini che devono cambiare.
Tu che madre sei stata?
Io avevo mia madre in casa, e questo per me e per i miei figli è stata una vera fortuna. A loro ho cercato, comunque, di insegnare, quello che per me è sempre stato più importante: l’amicizia, l’onestà, la gentilezza. Con loro ho un rapporto molto bello, mi telefonano tutti i giorni in questi mesi di epidemia. Ho un bel rapporto anche con le mie nuore e i miei nipoti. Poi ho tante donne che mi vogliono bene, di cui mi manca la presenza.
Di lei le amiche dell’UDI parlano con rispetto e stima: “Era spesso più avanti di tutte e riusciva a farsi ascoltare anche dalle più colte, perché emanava una vera autorevolezza, tanto da conquistare in più occasioni l’interesse delle femministe della Casa delle Donne di Roma”. Quelle che hanno messo storicamente in crisi l’UDI, tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80. “Teorizzavano la liberazione delle donne, non più soltanto l’emancipazione, affermavano il valore e il diritto alla diversità e l’Ansalda seppe ascoltarle, accettare e far accettare all’Udi di Ferrara il nuovo punto di vista”.
N.d.R. Una dote che le ha consentito di pilotare l’Udi ferrarese attraverso la tempesta che si abbattè sull’associazione, quando nell’XI Congresso – tra il 1981 e il 1982 – l’UDI, fu in gran parte spiazzata dalla nuova sensibilità portata alla causa delle donne in Italia dal movimento Femminista. L’Udi Ferrara che aveva già messo in discussione la propria organizzazione modellata sui partiti della sinistra storica, PCI e PSI, e posto fine ai decenni che l’avevano vista allineata con questi partiti, riuscì a sfuggire alla tentazione di chiudere la sede, come fecero altre sezioni, grazie al suo pragmatismo. “L’UDI, rompendo con un modello organizzativo, in realtà si rende inaccessibile a qualsiasi ingerenza esterna e rompe con l’idea che essere a sinistra significa essere automaticamente dalla parte delle donne. “ (Pina Nuzzo)
Quali sono le iniziative che hai sostenuto e spesso anche promosso che ti piace di più ricordare quando parli alle donne di oggi dell’Udi storica? Sono tante le iniziative che ti hanno vista partecipe e promotrice.
Sono tante, ti dirò quelle che mi vengono subito in mente. Le manifestazioni delle “Donne in nero”, la Biennale Donna, giunta nel 2020 alla XVIII edizione, riconosciuta come una delle manifestazioni d’arte più significative del panorama internazionale dell’arte figurativa femminile. Le mimose in piazza, l’apertura alle donne immigrate, il sostegno alle vittime della tratta, della violenza, dello stalking. Tanti 8 marzo e 25 novembre dedicati a sensibilizzare la nostra città alla tragedia dei femminicidi. Ma anche tante iniziative con altre associazioni femminili e con le Istituzioni cittadine. Per me tutto quello che apre ai diritti delle donne è ben accetto, senza barriere di appartenenza ideologica. Non ho avuto, invece, mai simpatia per le quote rosa, che sottintendono una visione delle donne come minoranza, da proteggere e tutelare, ma anche circoscrivere dentro quote prestabilite. L’Udi con la campagna per una legge di iniziativa popolare “50 e 50 ovunque si decide” ha introdotto un approccio diverso all’esigenza di una rappresentanza femminile in tutti i luoghi decisionali.
Ci sono ricordi di momenti pubblici particolarmente pesanti?
Sì: la denuncia per la distribuzione di un volantino dei partigiani della pace, perché non autorizzato e per questua abusiva, ma si trattava di una sottoscrizione volontaria. Era la Festa de L’Unità a Case Selvatiche, borgata di Filo, il mese di settembre del 1954. Sono stata processata e condannata dal Pretore di Argenta a 15 giorni di carcere… Condonati.
N.d.R. Nel 2007 la campagna “50E50, ovunque si decide” per una Democrazia Paritaria, che ha visto l’Udi di Ferrara, attraverso l’attuale Vicepresidente, Stefania Guglielmi, avvocata, intervenire al Coordinamento nazionale dell’Udi del 22 Febbraio a Roma, ha detto chiaro e tondo che “le donne non sono una minoranza. Oggi, le più giovani sono preparate e competitive e non vogliono affatto negli organi decisionali elettivi rappresentare le donne, ma rappresentare tutta la società, farsene carico, come hanno fatto e continuano a fare gli uomini. “Deve cambiare il punto di partenza della politica… che dovrà basarsi su due generi, due visioni del mondo, una comune responsabilità verso i cittadini”. ( da Pina Nuzzo, Delegata nazionale Udi, 2001-2011) )
Fra i tanti ricordi con Giorgio, ti chiedo di raccontarmi dell’intervista in RAI
Quarantatre anni fa, un’ amica che partecipava alle nostre riunioni a Roma mi ha chiesto la disponibilità a partecipare ad una trasmissione di Rai 2. Per i preparativi, io e mio marito ci siamo recati a Roma e il pomeriggio precedente alla registrazione ci siamo trovati in Piazza Panteon con lo scrittore e conduttore della trasmissione Carlo Castellaneta per una conversazione di reciproca conoscenza durata un paio d’ore. La mattina dopo in uno studio della Rai, la registrazione, che è andata in onda nella serata programmata- Ne è venuta fuori una intervista a due: a mio marito, in prevalenza domande sui lavori domestici e a me in prevalenza alle strategie politiche. Le donne dell’UDI non furono contente del conduttore, perché avrebbe potuto ricavare cose ben più significative sulla nostra vita di coppia. Ma vedi, quello era il clichè.
Oggi segui l’attualità politica? E comunque consiglieresti ad una ragazza di impegnarsi in politica?
Oggi leggo i giornali, ho le mie idee, ma devo dirti che quello che più mi delude è una politica ripiegata sulle ambizioni personali. La politica è stata il mio mondo, volevo essere nel mio tempo e ci sono stata! La politica serve a cambiare in meglio le cose che non ti piacciono perché sono ingiuste, per questo dico che la si deve fare solo se c’è vera passione, non per un qualche tornaconto personale. Qualsiasi esso sia.