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Humus difficile per le donne nella PA: il caso di Giovanna Boda

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

Le anomalie e l’incomprensibilità della PA. È questa la vera riflessione, non altro - anzi, da rifuggire temi diversi, estensioni, astrazioni e strumentalizzazioni - su un caso drammatico come quello che ha colpito una dirigente ministeriale di alta fascia, giovane, apprezzata anche umanamente dai suoi collaboratori, donna.

È urgente intervenire per neutralizzare la problematicità, la scivolosità organizzativa e lavorativa, l’angoscia esistenziale, che ormai permeano la pubblica amministrazione.

Il difficile, complesso e quasi immodificabile mondo delle gerontocrazie della PA ha determinato una asimmetria inaccettabile tra diritti dei cittadini e diritto dello Stato, offuscando le esigenze di “Paese reale” e “Paese legale” desiderate da cittadini e imprese.

La cristallizzazione di abitudini pedissequamente gerarchizzate, la moltiplicazione di circolari e istruzioni di vario rango e il consolidamento di centri di potere, rendono difficile l’espletamento di attività secondo metodo e impegno partecipati e pienamente funzionali ed espongono ad inopinati rischi i dipendenti pubblici che si attivano e prendono iniziative visibili per la collettività, salvaguardando, invece, coloro che operano su logiche interne e prassi autoreferenziali.

È stato affermato che l’alta dirigenza non vuole cambiare (Giavazzi e Barbieri, 2017). Ecco perché è fondamentale una revisione del rapporto tra politica e amministrazione in senso meno verticistico e più ampio, collettivo, collegiale e territoriale, verso le persone e agendo sul rinnovamento e sul ricambio anche generazionale nei ruoli apicali di vertice.

Solo così può essere ricostruito il valore del settore pubblico, quale valore condiviso da tutti i soggetti della società: cittadini, imprese, organizzazioni e gruppi informali.

È da respingere l’idea con cui si contrappone l’efficienza alla legalità e alla tutela dei diritti.

Lentezze e inefficienze non dipendono tanto dalle norme o dal sistema giustizia, quanto dalla stratificata inadeguatezza della PA. Occorre rivalutare personale e strutture tecniche, attribuendo loro funzioni dirette, autonomia e responsabilità.

Tutto ciò, anche per cercare di invertire la tendenza costante che, nelle classifiche UE degli indici europei sulla qualità e sull’efficienza della Pubblica amministrazione, colloca quella italiana agli ultimi posti, mentre secondo alcune stime i ritardi costano 31 miliardi di euro ovvero circa il 2% del Pil. La burocrazia è il più potente ostacolo alla crescita economica e allo sviluppo sociale del Paese e anche la politica rischia di diventarne succube, tanto è vero che negli ultimi decenni si è registrato il fallimento di tutti i tentativi di riforma della macchina burocratica. 

La rigenerazione della PA, il rinnovamento nei ruoli apicali di vertice, la rotazione negli incarichi e la parità di genere non sono solo fautori di giustizia sociale, ma anche di crescita, sviluppo e democrazia sostanziale.

L’Unione Europea ha ribadito l’importanza dell’equilibrio di genere in occasione della stesura del “Gender Action Plan 2017-2020” (o “GAP II”).

Eppure, in Italia, nonostante il numero delle donne impiegate tra PA, Ministeri ed Enti locali, ammonti a circa il 56,6% del totale, ben poche fanno carriera.

Ben diversa, invece, è la situazione nel settore privato; già per gli anni 2017 (31,6%) e 2019 (36,4%), l’Istat ha evidenziato che nei consigli di amministrazione delle società quotate in borsa era presente una donna ogni due membri uomini (anche per effetto della legge 120/2011 sulla parità di genere nei Cda delle società quotate e del DPR 251/2012 sulle quote di rappresentanza nelle controllate pubbliche), oltre ad una significativa tendenza verso un maggior ricambio nei ruoli gestionali e di equilibrio di genere in tutti gli indicatori.

Dall’ultimo report “Women in business 2021” di Grant Thornton, su un campione di 5000 imprese di 29 nazioni, tra cui l’Italia, la prima parte del 2021 evidenzia ulteriori miglioramenti delle percentuali rispetto al 2020 (dal 29% al 31% di donne nel senior management; dall’87% al 90%, imprese con almeno una donna nei ruoli dell’alta dirigenza).

Invece, nel settore pubblico continuano le difficoltà di carriera per le donne, in particolare nell’accesso alle posizioni apicali di vertice, a causa del persistere di stereotipi culturali, rigidità dei contesti organizzativi a stretta catena verticistica e complessità di equilibri interni ed esterni, diretti ed indiretti, impliciti ed espliciti, governati da una dirigenza pubblica di vertice quasi esclusivamente maschile, anziana (un soggetto su quattro supera i 60 anni di età), soggetta a pochi rinnovamenti e rotazioni e che raramente ravviva le proprie competenze e aggiorna la propria formazione.

In generale, nei settori in cui non sono stati previsti vincoli sulla composizione di genere, la quota delle donne negli organi amministrativi è rimasta stabile o è cresciuta in misura modesta. 

Così pure, gli esperti, sia di nomina politica che dirigenziali, raramente sono donne e spesso risultano anche estranei o esterni rispetto alle professionalità interne alla pubblica amministrazione, ovvero a quelle competenze realmente specialistiche in grado di orientarsi, presidiare legalità, garantire trasparenza e tempestività, effettuare scelte e realizzarle nel mondo complicato costituito dalle PA.

E l’aspetto della valorizzazione e dell’autonomia primaria da attribuire alle competenze interprofessionali, trasversali e multidisciplinari è strettamente legato a quello del maggior spazio da riconoscere alle donne nei ruoli gestionali di vertice.

La Relazione annuale al Parlamento sul costo del lavoro pubblico, approvata dalla Corte dei Conti a Sezioni Riunite lo scorso luglio 2020 (dati riferiti al 31 dicembre 2018, certificati dalla Ragioneria Generale dello Stato nel Conto annuale), evidenzia che il personale pubblico si è attestato sul numero di 3,2 milioni di unità, in lieve flessione rispetto all’anno precedente (-0,6%), ma sempre con prevalenza donne (57%).

Uno studio del prof. Giovanni Fattore del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Bocconi sui dirigenti delle pubbliche amministrazioni centrali ha rilevato il numero di dirigenti apicali nelle varie PA, confermando la sproporzione numerica derivante dal basso numero di donne.

I rapidi cambiamenti sociali, tecnologici ed economici in corso impongono a tutte le Amministrazioni una profonda ristrutturazione e riorganizzazione.

Un’amministrazione efficiente, efficace, imparziale e trasparente è indispensabile per un’effettiva governance democratica, soprattutto per poter ottenere e gestire i Fondi del Next Generation Eu.

“Per la nostra gente il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale”, ha detto il presidente della Repubblica Mattarella.

Le Linee Programmatiche del Ministro della Pubblica Amministrazione prevedono, tra l’altro, organizzazione del lavoro da remoto, quale fattore di accelerazione e semplificazione, con gestione da affidarsi a team multidisciplinari.

Secondo l’Ocse, dopo la crisi pandemica, l’Italia dovrebbe partire dalla riforma dell’efficacia della P.A., con particolare riguardo alla governance degli investimenti pubblici e un miglior coordinamento dei diversi livelli di governo, fattori che amplificherebbero la risposta del settore privato alle misure per la ripartenza. Ma in primis la spinta deve fondarsi sulla ristrutturazione e rigenerazione di un sistema di pubblica amministrazione che neutralizzi quei meccanismi opachi e contorti che espongano i soggetti che vi operano a rischi, anomalie e incomprensibili situazioni anche pesantemente e gravemente personali.

Non a caso l’ex Procuratore Nazionale Antimafia, dott. Franco Roberti, in un’intervista sul caso della dirigente pubblica dott.ssa Giovanna Boda, ha evidenziato come “gli onesti soccombono alla vergogna” e che una persona “sottoposta a indagini e perquisizione, con l’inevitabile coda mediatica possa soccombere alla vergogna e ricorrere al gesto estremo per gridare al mondo la propria innocenza. Lo so bene e so pure che spesso basterebbe una parola di conforto per evitare la tragedia. È un tema su cui dovremmo interrogarci.”

Colpisce che uno dei pochi alti dirigenti pubblici giovani e donna sia arrivata a un gesto così estremo.

Un sistema sano deve essere in grado di accogliere e sostenere anche modalità di lavoro fuori da schemi convenzionali, foriere di spontaneità e slancio di cui oggi più che mai la Pubblica amministrazione ha bisogno per trovare energie rigeneranti in grado di dare slancio a funzioni pubbliche orientate ai servizi diretti a cittadini e imprese.

Per una svolta rapida, e quindi significativa, occorrerebbe una direttiva che predisponga il rinnovamento di tutti gli incarichi apicali di vertice in essere da oltre cinque anni e la rotazione di tutti gli incarichi gestionali generali anch’essi se in essere da oltre cinque anni, prevedendo l’inserimento di quote di dirigenti donne.

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