Stampa

Cosenza, Centro antiviolenza a lezione con l'attivista della "sorellanza"

Scritto da Google News. Postato in Diritti delle donne

COSENZA Sette incontri di formazione con Lepa Mlađenović (foto sopra) per approfondire i temi della cultura dello stupro, della neurobiologia del trauma, della solidarietà ed empatia necessarie nell’accogliere e sostenere le donne che subiscono violenza. Questa l’iniziativa delle attiviste del centro antiviolenza Roberta Lanzino, impegnate da 30 anni a Cosenza a difesa delle donne e contro ogni discriminazione di genere. 

Specialmente in questo anno di distanziamento e isolamento causato dall’emergenza sanitaria, che ha provocato un detrimento della condizione delle donne e una impennata di richieste di aiuto alla linea telefonica del centro, l’associazione femminista ritiene indispensabile proseguire il percorso di formazione continua per essere sempre più consapevoli e meglio equipaggiate nell’accoglienza e nella difesa delle donne che chiedono aiuto. Gli incontri con l’energia, la conoscenza, l’entusiasmo di Lepa Mlađenović  sono, in questo contesto, una forte carica. 

Lepa negli anni 90 è stata in Serbia una vera rivoluzionaria. La prima a dichiararsi pubblicamente lesbica, a fondare il movimento Women in Black e manifestare contro la guerra e il nazionalismo, a scendere in piazza durante il conflitto in Kosovo con lo slogan “le donne albanesi sono nostre sorelle”. Lepa è una instancabile attivista, fondatrice di numerose associazioni antiviolenza, coinvolta nelle battaglie per i diritti LGBT come nel movimento globale femminista forte della convinzione che è l’unione a dare forza e fiducia alle donne. Vincitrice del premio per le donne Anne Klein nel 2013, Lepa è anche una studiosa di psicologia e neurobiologia. Ed è su questo ultimo aspetto che si concentrano gli incontri formativi che tiene in questi mesi alle operatrici di Cosenza, per ora in modalità virtuale, in attesa di un incontro finalmente di persona. 

Lepa punta a spiegare scientificamente perché è essenziale combattere gli stereotipi che ancora persistono nella società, a partire dai ruoli di genere, fino al trattamento giuridico della violenza sessuale. Sotto accusa è la cultura della “brava ragazza” che fa delle donne le vittime predestinate di abusi, educate a dire “sì”, a non alzare la voce, ad accondiscendere, specialmente ai desideri degli uomini. Ma sotto accusa è anche l’ordinamento giuridico con leggi sulla violenza sessuale che in molti paesi, inclusa l’Italia, lasciano ancora alle vittime l’onere della prova della violenza o della minaccia subita. “Dovrebbe essere l’uomo – spiega Lepa – a dover dimostrare di aver avuto il consenso della donna”. 

Nel suo primo incontro Lepa spiega il funzionamento del cervello, le cui dinamiche sono condizionate anche dalle convenzioni sociali, e di come esso risponde in caso di trauma. Numerosi studi hanno dimostrato che le reazioni del cervello in situazioni di minaccia sono gestite dalla sua parte emozionale (cervello limbico), non da quella razionale, e possono essere di tre tipi: fuga, lotta, congelamento. È quest’ultima la reazione che prevale nel cervello delle “brave ragazze”, secondo Lepa. È stato provato che circa l’80% delle donne vittime di stupro si immobilizza. Il loro cervello si dissocia, a volte provoca fenomeni di rimozione, non ricorda, si blocca producendo ormoni in grado di contrastare il dolore. 

In questo contesto, diventa cruciale il ruolo dei centri antiviolenza che sono tra i primi a dare ascolto alle vittime, a dare loro fiducia e credibilità, a facilitare quel processo possibile di racconto e superamento del trauma e, in qualche modo, di “guarigione” del cervello. 

Con studi scientifici alla mano, sembra ancora più urgente rispondere a chi mette in discussione la parola delle donne che hanno il coraggio di denunciare le violenze. “Perché non è scappata”, “perché non ha detto no”, “perché non si è difesa”, “perché ha impiegato giorni prima di denunciare”, sono tutte obiezioni comuni a cui le operatrici dei centri antiviolenza sono abituate. Le chiamano vittimizzazioni di secondo livello. 

Conoscere queste dinamiche è indispensabile per chi si schiera dalla parte delle donne, ma anche per chi si trova ad affrontare le quotidiane cronache di violenza, nei ruoli di avvocato, giudice, assistente sociale, poliziotto, giornalista. Lepa, forte della sua esperienza di attivista durante la guerra, è un’entusiasta della “sorellanza”, convinta che la solidarietà femminile sia una speciale forma di politica femminista e antifascista. E per questo che si rivolge soprattutto alle donne. Ma in definitiva la sua lezione riguarda tutti, donne e uomini pronti a emanciparsi dalla cultura che giustifica lo stupro e liberarsi delle “brave ragazze”, per una società più uguale e, si spera, più giusta.

*giornalista

Fonte (click per aprire)

Aggiungi commento

I commenti sono soggetti a moderazione prima di essere pubblicati; è altrimenti possibile avere la pubblicazione immediata dei propri commenti registrandosi ed effettuando il login.


Codice di sicurezza
Aggiorna